venerdì, Aprile 19, 2024
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Un progetto per Castello, villa romana e chiesa di S. Emiliano. L’idea è dar vita a un grande parco archeologico

Tre tesori in cento metri

«Un parco archeologico che comprenda il Castello, la chiesetta di Sant’Emiliano e la villa romana che resta, per ora, sepolta». La proposta è stata lanciata nel corso dell’incontro promosso dal Fondo per l’Ambiente Italiano, tenutosi proprio nell’antichissima pieve di Sant”Emiliano (risale alla metà del 1100), dal sindaco di Padenghe, Giancarlo Allegri. Una proposta, a dire il vero, che era già rimbalzata da tempo. Che però è ora divenuta ufficiale, in quanto l’Amministrazione comunale se ne farà carico. E questo grazie al Fai, ma soprattutto a quanti, nel passato e nel presente, hanno mostrato sensibilità e tenacia nella lunga opera di risveglio delle coscienze e di recupero di queste tre grandi testimonianze, anche se una di esse – la villa romana – non è stata ancora riportata alla luce. Uno tra i primi a «riscoprire» la chiesa di Sant’Emiliano fu il compianto avvocato Paolo Mazzardi, presidente della Cassa rurale di Padenghe. «Era il 1965 – ricorda con un velo di emozione l’allora direttore della banca, cav. Sandro Pasini – e il presidente riuscì a raccogliere i primi fondi per dare una sistemazione alla chiesa». Poi fu il turno del parroco don Bruno Negretto, che valorizzò quella che, fino al ’500 era stata la parrocchia unica del paese. Come? Intanto persuadendo la Curia veronese a non incorporarla nei propri beni, lasciandola invece alla direzione della parrocchia locale. Poi mettendo mano ai primi, significativi restauri: il tetto, la pavimentazione, qualche sistemazione. Certo, poca cosa rispetto alle necessità, e ha tuttora questa pregevole pieve romanica. In ultimo, il Fai di zona, guidato da Walter Romagnoli, «milanese di origine ma padenghese da trent’anni per amore» come egli stesso tiene a precisare, sta elaborando un ambizioso progetto che prevede il recupero radicale della chiesa, la ristrutturazione totale della cascina (oggi abitata da una famiglia di contadini) per destinarla a luogo di culto, a biblioteca ecclesiatica e a sede di incontri culturali e di meditazione. Gli spazi, in effetti, sono notevoli, il panorama che si gode da questo promontorio è unico sul lago di Garda. Ma la novità di spicco viene dalle pazienti ricerche eseguite dal docente ed archeologo professor Giancarlo Quaglia, che ha confermato l’esistenza di affreschi di straordinario valore storico e artistico sotto le pareti di Sant’Emiliano. Si tratta con quasi certezza di affreschi risalenti al ’200, il cui parziale recupero sembra possibile. Infine, la villa romana, risalente al I sec. d.C. del tipo «termale» in quanto sarebbero stati individuati impianti idrici e piscine. Tra l’altro, in zona esposta al sole a 360 gradi. E i gusti degli antichi Romani si sa quanto fossero raffinati. Vicino alla villa, lo ricordiamo ai più giovani, sarebbe dovuta passare la circonvallazione di Padenghe. La strada avrebbe spaccato in due un unicum di territorio tra chiesa e villa sepolta, creando uno degli scempi peggiori che si potessero immaginare. Per fortuna, la Soprintendenza ne bloccò l’iter e la tangenziale venne spostata dall’altra parte. Il Fai ha presentato il plastico del recupero della chiesa e della «canonica» davanti a molte autorità: l’on. Adriano Paroli, l’assessore regionale Franco Nicoli Cristiani, il sindaco Allegri, docenti e archeologi, il presidente dell’Azienda Garda Uno, Guido Maruelli (sponsor di molte iniziative), il parroco don Negretto, il professor Andrea Nodari. Quest’ultimo, quale studioso di storia locale, presenterà il 22 dicembre nella sala comunale la pubblicazione «Padenghe sul Garda. Alle radici di una comunità». Lo stesso Nodari, insieme a Walter Romagnoli, ha ricordato come l’ex canonica fosse abitata da topi, galline e conigli, oltre alle immancabili sterpaglie. Lentamente, la canonica è stata ripulita, ma è ancora tutta da ricostruire. A poche centinaia di metri, inoltre, si erge il grandioso castello, costruito attorno al 1100 per difendersi dagli Ungari. Ecco perchè in questo piccolo lembo di collina a balcone sul Benaco tre stupefacenti testimonianze storico-artistiche potrebbero risultare una carta vincente per Padenghe. Ci vorranno anni, forse decenni, purtroppo, prima di restituirli ai loro fasti: ma c’è chi almeno ne comincia a parlare. Oggi la chiesa di Sant’Emiliano non è nemmeno segnalata. Sulla strada, infatti, c’è un solo sentiero di campagna. Quale primo atto concreto, servirebbe allora almeno un cartello che ne indichi il luogo, e poi la possibilità di aprire la chiesetta qualche ora nei fine settimana, grazie al volontariato, per incoraggiare i primi turisti a visitarla.

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