venerdì, Aprile 19, 2024
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La cucina del Garda. Per i pescatori è una prelibatezza rivalutata dalla cucina tradizionale

Un affronto all’olio I filetti di persico vogliono il burro

Pesce ed olio, più il vino: sono i tesori della dispensa del Garda. E c’è chi li vorrebbe sempre legati sulla tavola: il pesce cucinato con l’extravergine della riviera e innaffiato dai vini del lago. Ebbene, i puristi sappiano che non è sempre così. Potranno anche inorridire, ma il pesce persico sul Benaco lo si cuoce nel burro, è un diktat. Al punto che i filetti di persico soffritti nel burro sono considerati dai pescatori gardesani una vera e propria prelibatezza. Non è che questa sia del resto un’eresia gastronomica solo benacense: per rosolare i filetti di persico si usa il burro anche negli altri grandi laghi del nord. Sul Verbano e sul Lario, i filetti al burro vengono uniti all’occorrenza anche al risotto. E i due laghi lombardi si contendono la paternità di questo risotto. Il péss pèrsech, com’è detto sul Garda, ha il dorso bruno, i fianchi verdastri o giallastri con bande trasversali nerastre (e per questo c’è chi lo chiama zebra), il ventre bianco. Le pinne sono rosse o aranciate, la prima ha una macchia nera. Vive in branchi, stazionando vicino alle piante acquatiche o alle rocce. Non è un pesce rigorosamente tradizionale del Benaco. Anche se fra le varietà ittiche immesse è di quelle che vantano più lunga permanenza. Secondo Enzo Oppi, il persico potrebbe essere stata addirittura la seconda specie – subito dopo la bottatrice giunta nel 1876 – a introdursi nel lago di Garda. Tutto sarebbe da ricondurre alle prime semine effettuate nel 1880 senza grande esito. Al punto che del persico si trova traccia con una discreta frequenza solo a partire dal 1929. Il nuovo ingresso sarebbe da ricondurre alla discesa da qualche laghetto trentino. Sta di fatto che il persico reale, dato che «offre carni delicate, bianche e saporite sotto la spessa pelle che lo protegge», sono parole di Oppi, il compianto ittiologo gardesano, «è apprezzatissimo da tutti i pescatori». Che sfilettano il pesce e lo fanno cuocere nel burro. Bisogna miscelare pangrattato e farina, battere un uovo con poca acqua e sale e passare i filetti di persico prima nell’uovo e poi nella miscela di pane e farina, pressandoli bene. Poi si mettono a rosolare da ambo le parti, si fanno asciugare sulla carta assorbente e si servono subito, caldissimi. Magari appena insaporiti da un po’ di timo. Quando qualche ristorante li propone, questi sfiziosi filetti di pesce, vanno a ruba. E per fortuna un qualche ritorno del persico nelle acque gardesane c’è stato, dopo anni di penuria che hanno afflitto i buongustai. Che considerano i filetti di persico al burro come uno dei monumenti della cucina gardesana.

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