Al posto del vecchio albero, un ulivo circondato tutt'intorno da un sedile tondo di pietra
Una ciambella fa rivivere la maldicenza
C’era una volta, all’imbocco del ponte della Rocca, l’«alber della maldicenza». Vi si intruppavano, reduci da peregrinazioni varie, i più begli ingegni della rivanità, barcaioli, pescatori, sfaccendati ufficiali ed ufficiosi, che risolvevano ogni giorno con la drastica animosità del popolo, ogni genere di questioni, pubbliche e private. Donde il nome. Sparito l’albero, resta forse la maldicenza sparpagliata in pochi, selezionati bar. La giunta ha ora deciso di rilanciare. Al posto dell’albero ‑che secondo pallide memorie potrebbe essere stato un ailanto- è stato messo a dimora un vecchio ulivo, emblema d’una gardesanità al di sopra d’ogni sospetto (vero che in precedenza c’era stato il tentativo delle roverelle, pallide cugine della quercia). Tutt’intorno al tronco, una vasta aiola circolare, rialzata sul piano di calpestio, verrà completata, all’inizio della prossima settimana, con un sedile in pietra bianca, dagli orli smussati, e calcolato esattamente a 42 centimetri d’altezza, quanti gli specialisti di arredamento impongono per un sedile perfetto. Servirà, in alternativa alle panchine, alle frotte di turisti per prender fiato dopo la visita al mastio della Rocca e forse, al riparo dall’òra, ai pensionati per commentare i fatti del giorno. Torna la maldicenza.
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