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Anniversari. L’ammiraglia della Navigarda è stata costruita nel 1903 nei cantieri di Zurigo: lunga 50 metri e larga sei e mezzo può trasportare oltre 500 passeggeri Colpito durante un attacco aereo nel 1944 fu salvato dall’Italia, l’altro battello a ruot

Zanardelli, in navigazione da un secolo

Buon compleanno Zanardelli. Il piroscafo più antico del lago festeggia il suo primo secolo di vita. Costruito nel 1903 nei cantieri Escher Wiss di Zurigo, questo raffinato battello ha una lunghezza di quasi 50 metri, una larghezza massima di sei metri e mezzo e un dislocamento di 250 tonnellate. Ad aprire i festeggiamenti hanno iniziato i comuni rivieraschi del Trentino. Così, a Riva del Garda, la troupe televisiva della fortunata trasmissione «La domenica del villaggio», condotta da Davide Mengacci su Rete 4, ha scelto proprio il battello della flotta veronese come protagonista di una puntata speciale. Ma tutti possono provare il fascino di un viaggio stile Belle Epoque: lo Zanardelli è infatti utilizzato dalla Navigarda sulla rotta del cosiddetto basso lago, interessando molti porticcioli della costa scaligera (per informazioni, telefonare alla compagnia governativa di navigazione al numero 030-9149511). Il varo del battello più antico del lago di Garda avvenne un secolo fa. La nostra nave ammiraglia», precisa con comprensibile orgoglio l’ingegnere Marcello Coppola, direttore Navigarda, «venne presentata ufficialmente a Peschiera il 25 settembre 1903, per questo oggi siamo particolarmente orgogliosi di offrire ai nostri passeggeri un mezzo così carico di storia che non è facile trovare in giro per il mondo». Tre anni prima, nel 1900, sempre a Peschiera era stato varato un altro battello, il Baldo, realizzato dai cantieri Odero di Genova. Lo Zanardelli può trasportare più di 500 passeggeri e vanta una sala da pranzo immensa, con 160 coperti. Anche la potenza di questa secolare imbarcazione, che un tempo funzionava con caldaie a vapore e oggi è spinta da due motori diesel, è tutt’altro che trascurabile e sviluppa 341 Kw permettendo una buona velocità di crociera. Durante la seconda guerra mondiale la più prestigiosa nave della flotta benacense venne colpita da un violento attacco da parte degli aerei anglo-americani. L’episodio, uno dei più cruenti e sinistri nel coinvolgimento dell’inerme popolazione civile, si consumò sulla sponda bresciana del lago poco distante dal porto di Limone, il 6 novembre 1944, quando già era stato dato il fischio d’arrivo. Lo Zanardelli venne colpito sulla linea di galleggiamento, provocando la morte di ben 11 passeggeri, il ferimento di 40 e l’uccisione del marinaio Francesco Bertera. Anche il comandante Bernardo Martinelli venne ferito gravemente. Morì pochi giorni dopo. A bordo c’erano 200 passeggeri e il panico convinse molti di loro a gettarsi nelle acque gelide. Gli aerei anglo-americani, intanto, tornavano a mitragliare nave e passeggeri con ripetuti passaggi a bassa quota, forse convinti di colpire un mezzo strategico della vicina Repubblica di Salò. A togliere quel facile bersaglio da una posizione esposta e vulnerabile provvide il marinaio Guerrino Ceccon, che si trovava nella cabina di comando e aveva visto cadere ferito il comandante Martinelli. Ceccon afferrò il timone, ordinò con decisione l’avanti tutta alla sala macchine e raggiunse il piccolo porto di Limone, incastrando la prua del piroscafo sulla riva per ancorarlo ed evitarne l’affondamento. I feriti vennero trasportati a Riva del Garda. La nave, riparate le falle più evidenti, venne soccorsa e disincagliata dall’altro battello a pale giunto in aiuto dal porto di Desenzano, l’ Italia. Prima il piroscafo danneggiato venne condotto nella vicina Riva e poi, molto lentamente, dopo aver eseguito altri interventi sullo scafo e garantita la sicurezza, nel cantiere di Peschiera. Ma quell’incursione violenta e rapace aveva fatto capire che navigare il lago era ormai diventata un’avventura molto rischiosa. Così, dal giorno successivo, il 7 novembre 1944, tutti i trasporti civili via acqua vennero sospesi. E tre settimane dopo, a fine novembre, anche i trasporti sulla costa con autobus e corriere vennero cancellati per pericolo di combattimenti, agguati, rappresaglie, attentati. Chi doveva muoversi, doveva farlo a suo rischio e pericolo, con i mezzi di fortuna di cui disponeva, come i film in bianconero del neorealismo hanno raccontato con tanta efficacia. Ceccon, intanto, venne insignito di una lusinghiera decorazione e premiato con un encomio delle autorità. Ma il marinaio non fece in tempo a godere a lungo quel riconoscimento perché, poco tempo dopo, esattamente il mattino del 12 gennaio del 1945, mentre si trovava a Sirmione, al posto di manovra dell’ Italia con le insegne della Croce Rossa, venne freddato da un’incursione nemica. Colpiti, meno gravemente, anche un operaio civile e un soldato della Sanità militare. Giovedì 18 gennaio 1945, l’ Italia venne preso di mira da un altro attacco aereo. Stavolta non erano raffiche, ma bombe. Tutte fortunatamente cadute a qualche metro dallo scafo. Alcune di esse avevano però centrato gli alberghi occupati dai tedeschi. Così il comandante dell’Ortskommandantur, per evitare altri rischi, ordinò ai marinai di ormeggiare l’Italia fuori dalla darsena, al largo di Sirmione. La manovra venne eseguita in serata. E il giorno dopo gli aerei anglo-americani non tardarono a rifarsi vivi, colando a picco il vecchio bastimento. In compenso, tra il 22 e il 23 aprile, a due giorni dalla Liberazione, i tedeschi affondarono con cariche di tritolo tutti gli altri battelli del Garda. L’ Italia venne recuperato con una solenne cerimonia quattro anni dopo, esattamente il 24 settembre 1949. E per uno di quei strani giochi che a volte il destino si diverte a intrecciare fra uomini e cose, a rimorchiarlo fino a Peschiera ci pensò il vecchio compagno Zanardelli, rendendogli il favore di qualche anno prima, quando era stato lui ad essere colpito, a Limone, dalle bombe nemiche e portato al sicuro proprio dall’Italia.

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