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Così il Benacus divenne Garda

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Per­ché l’an­ti­co nome di Bena­co del più grande lago d’I­talia cam­biò in quel­lo di Gar­da? Ecco un inter­rog­a­ti­vo che molti si pon­gono sen­za trovare rispos­ta.

Un’e­sauri­ente rispos­ta si legge in un vec­chio libro del­l’avvo­ca­to Mar­co Gerosa, pub­bli­ca­to nel 1955 dal­la Que­rieni­ana di Bres­cia. S’in­ti­to­la: «Il Bena­co nei ricor­di e nelle sovrane bellezze».

«Nel 1123 i Bena­cen­si si raduna­vano per provvedere alla dife­sa ed alla sicurez­za del­la riv­iera occi­den­tale nel­l’an­ti­co Toscolano, già cita­to come cen­tro impor­tante di con­veg­no in una car­ta del 1085 ed in doc­u­men­ti delib­er­a­tivi nom­i­na­to con Salò e Mader­no. Si trat­ta­va prin­ci­pal­mente di erigere for­til­izi che servis­sero di usber­go per le scor­ribande dei bar­bari. Anche a Riva nel 1124 sorse la for­mi­da­bile roc­ca su richi­es­ta dei rivani e nel 1125 il Comune Bres­ciano ele­va­va pure castel­li a Ven­za­go, a Tor­ri­cel­la nel­la Lugana ed a Poz­zolen­go.

«Il castel­lo di Gar­da non ces­sa di servire e di essere aspra­mente con­te­so e dife­so. Di nuo­vo agguer­ri­to con­ferisce al lago il suo nome divenu­to ormai famoso per tante vicende clam­orose, alle quali pren­dono parte i gran­di di quel tem­po. Nel­la metà del sec­o­lo XII un doc­u­men­to tedesco accen­na allo Stag­num Gar­dae, e ne fa men­zione altresì la sto­ria di Ottone di Frisin­ga.

«Il bar­bari­co nome, che dap­pri­ma si sen­ti­va alter­na­to a quel­lo del lati­no Bena­co, va man mano dif­fonden­dosi sino ad impor­si defin­i­ti­va­mente quan­do Fed­eri­co Pri­mo il Bar­barossa, con­quis­ta­ta l’in­tera Lom­bar­dia, affron­tò la roc­ca di Gar­da con ogni mez­zo umano e bel­luino per debel­lar­la.

«Fra il 1303 e il 1304 Dante, ospite cer­ta­mente dei sig­nori di Verona, vis­i­tan­do il lago lo rib­at­tezzerà col prim­iero nome di Bena­co nel divi­no poe­ma. Ma la mole super­ba di Gar­da, che ave­va sfida­to l’i­ra dei sec­oli, era ormai cor­rosa ed infran­ta. Sul­la sua fronte por­ta­va i solchi pro­fon­di di un pas­sato sen­za esem­pio tem­pestoso, ed era giun­ta l’o­ra anche per essa del riposo estremo. Così, dal lam­po delle battaglie dal fos­co alternar­si delle vendette e delle pas­sioni, il tem­po edace la ridusse a qui­eta dimo­ra dei Tea­ti­ni».

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