Se lo conosci non lo eviti. Ma lo maneggi con cura, e allora non è detto che non si finisca con il ricavarne dei risultati positivi per le finanze pubbliche. Eccoli, i famosi e tanto bistrattati «derivati», croce (tanta) e delizia (poca) per quei Comuni che hanno pensato di farvi ricorso per «ridurre» il costo dei debiti contratti.Il Comune di Lonato l’ha scoperto nel 2004 sottoscrivendo il derivato con un istituto bancario scelto attraverso una gara d’appalto. L’antefatto è l’esistenza di alcuni mutui accesi alla metà degli anni ’90 con la Cassa depositi e prestiti per un valore tradotto in euro di circa 6 milioni, al tasso fisso del 6 per cento. Con il passare degli anni i tassi scendono, ma il Comune continua ad ammortizzare il debito al 6 per cento.LA RINEGOZIAZIONE dei mutui non porta alcuni benefici, nel frattempo lo Stato «legittima» la finanza creativa fino a sancire in modo definitivo con la Legge finanziaria 2002 la possibilità di utilizzare strumenti derivati da parte degli enti locali. A Lonato le banche bussano alla porta del Comune per proporre l’adozione del derivato sul mutuo in vita con la Cassa depositi e prestiti. Attenzione: gli istituti di credito giocano un ruolo decisivo in questo sistema perchè sono il perno che fa girare i derivati. L’ufficio tributi guidato da Davide Boglioni istruisce la pratica, la giunta delibera e l’argomento approda anche in Consiglio comunale per la maggior condivisione possibile della scelta. Lo strumento proposto è estremamente sofisticato, comprenderlo nelle pieghe e inserire clausole in grado di mettere al riparo il Comune da spiacevoli sorprese richiede tempo. Il derivato, in buona sostanza, si fa carico di estinguere il mutuo al 6 per cento del Comune mentre quest’ultimo restituisce all’istituto di credito una rata a tasso variabile pari al 3,75 per cento all’inizio. La commissione è già stata determinata in precedenza nell’ambito della gara per il derivato. E il vantaggio per la banca? Consisterà nel recuperare altrove la differenza tra il tasso variabile e il tasso fisso (circa il 2,25 per cento) dello stesso derivato che interesserà investitori di Paesi esteri con tassi molto più alti e attirati dal saggio più contenuto del titolo sottostante, cioè il contratto con la Cassa depositi e prestiti.Il Comune invece risparmia grazie al più basso tasso variabile, con un particolare decisivo: il «gioco» conviene fino a quando la nuova rata non supera il tasso fisso, ovvero il sei per cento. Può anche andare oltre a dire il vero, ma è opportuno allora che il Comune si premunisca in sede di contratto con la determinazione di un tetto massimo.A Lonato la convenienza dell’operazione è durata all’incirca un anno, con la forbice tra tasso fisso e variabile che è andata via via riducendosi. Fino a quando la banca ha consigliato al Comune di uscirne e vendere il derivato come un normale prodotto finanziario. Il Comune ha proceduto realizzando un ricavo di circa 270 mila euro, frutto di circa 136mila euro di interessi risparmiati in un anno e il resto frutto della vendita del derivato. Per un solo anno, non si può certo dire che sia andata male. Facile? Per nulla. Boglioni spiega che il derivato è un meccanismo di scambio dei tassi d’interesse che permette di beneficiare parzialmente delle fluttuazioni dei tassi, ma se non adeguatamente sorvegliato può scappare di mano e allora sono guai.PERCHÈ SI RISCHIA di pagare più del contratto originario e tirarsi fuori potrebbe anche costare un bagno di sangue. «È un po’ come nelle azioni, quando salgono – ammonisce Boglioni – non si vende perchè si sta guadagnando, ma quando i valori precipitano se non si è stati capace di uscire in tempo finisce male». Ne consegue che come molti strumenti finanziari, la preparazione di chi li adotta è decisiva per evitare brutte sorprese. Boglioni non ha esitazioni nel ritenere il derivato uno strumento utile, ma condivide la necessità di un livello di attenzione elevata: «Si tratta di uno strumento finanziario molto sofisticato che può interessare investitori di ogni parte del mondo. Se poi questi strumenti vengono offerti in valuta estera il rischio è ancor più elevato, e allora consiglio di valutare molto bene». Una riflessione che allarga il dibattito al livello di preparazione dei Comuni nel valutare e gestire queste operazioni di «finanza creativa».
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