lunedì, Novembre 11, 2024
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Riuscita la manifestazione in piazza Duomo, a Milano: le fasce tricolori sono state spedite al presidente della Repubblica

I sindaci si affidano a Napolitano

Oltre un centinaio dei 174 sindaci dei comuni di confine hanno rassegnato ieri pomeriggio simbolicamente le loro dimissioni, togliendosi insieme la fascia tricolore e depositandola in un pacco diretto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.La protesta organizzata in piazza Duomo a Milano, dall’Associazione comuni di confine, mirava a un gesto forte per portare al vertice dello Stato la difficoltà e il disagio vissuti dalle popolazioni confinanti con le regioni a statuto speciale e gli stati esteri di Svizzera e Austria. «Abbiamo scelto la piazza come luogo di questo gesto», commenta Marco Scalvini, sindaco di Bagolino (Brescia) e presidente dell’associazione, «perché è il luogo dove la gente si confronta e il termometro di come le cose funzionano».Indica febbre alta, testimoniata da una così massiccia adesione, da tutti i paesi confinanti del Nord Italia, con sindaci arrivati nonostante strade impraticabili per la neve.Il pacco con le fasce è stato accompagnato da una lettera indirizzata al presidente Napolitano dove si spiegano le ragioni della protesta: bilanci da fame, contributi per asili, spese scolastiche, università, trasporti formazione professionale del tutto inesistenti; giovani coppie che solo di là dal confine hanno fino al 45 per cento di contributi a fondo perduto per la loro prima casa; 25 per cento in meno di trattenute Irpef sulle buste paga dei dipendenti e oltre il 50 per cento di contributi a fondo perduto per gli imprenditori che vogliono ampliare o rimodernare la propria azienda.È questa «America» a portata di mano che genera emigrazione, abbandono, pendolarismo, chiusura delle attività produttive, invecchiamento della popolazione residente. Quello che pesa di più non sono solo i disagi ma vedersi il confronto dirimpetto, a pochi chilometri di distanza a volte solo a pochi metri.Degli otto comuni veronesi confinanti con la provincia di Trento (Malcesine, Ferrara di Monte Baldo, Brentino Belluno, Dolcè, Sant’Anna d’Alfaedo, Erbezzo, Boscochiesanuova e Selva di Progno) hanno aderito tutti in linea di principio, condividendo la protesta e solo Luca Manzelli, sindaco di Dolcè si è dissociato sulla forma.La soluzione che i sindaci auspicano è un sistema fiscale federalista e fintantoché questo non avverrà, che ci sia almeno una particolare attenzione dello Stato ai comuni di confine, con trasferimenti diretti ai bilanci di ogni singolo ente e non nel calderone delle Regioni.«A volte a noi manca davvero il pane rappresentato da trasporti scolastici, mense, assistenza domiciliare, mentre invece ci viene chiesto di investire in strutture», spiega Claudio Melotti, sindaco di Bosco. «Per gli investimenti siamo maestri, ma quando dobbiamo cofinanziare delle opere ci viene chiesto di aggiungere una percentuale del nostro bilancio che dobbiamo sottrarre a queste necessità primarie, il nostro pane, appunto», aggiunge Melotti, «per realizzare progetti strategici non così immediatamente urgenti».«Il momento è difficile ed è impossibile spiegare ai cittadini questo», concorda Marco Cappelletti, vicesindaco di Selva di Progno, «però abbiamo manifestato in maniera pacifica e seria, perché siamo uomini delle istituzioni e chiediamo aiuto alla massima autorità che ci rappresenta».«Anche poche migliaia di euro per noi sono un grande aiuto», precisa Daniele Campedelli, vicesindaco di Erbezzo, «sono soldi su cui contiamo per mantenere i nostri servizi: dalla scuola, alla posta, alla farmacia. Cose che altrove sembrano scontate e che noi dobbiamo tenere strette con i denti, pur essendo un diritto che la Costituzione riconosce a tutti».

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