Domani, giovedì, a Gardone Riviera, verrà scoperta una lapide per ricordare il maggiore Umberto Lusena, ammazzato alle Fosse Ardeatine. Il raduno davanti all’abitazione, in via Brusada 37, è previsto per le ore 10.45. Poi ci saranno il saluto del sindaco Alessandro Bazzani e la benedizioni della lapide da parte del parroco. Alle 11.45 verrà deposta una corona di alloro davanti al monumento dei caduti, nella piazzetta del Vittoriale. La famiglia Lusena era di Livorno. Figlio di Leonardo e di Susanna Giuliani, Umberto nacque il 20 settembre 1904. Legionario fiumano a 16 anni, dopo aver frequentato l’Accademia militare di Modena diventò ufficiale di carriera. Sposò l’ungherese Elena Dubai, ed ebbe due bambini (un maschio e una femmina). Con le leggi razziali del ’38 i Lusena, di origini ebree, si trasferirono a Gardone, probabilmente per il fatto che c’era il Vittoriale di D’Annunzio, «il comandante» conosciuto ai tempi dell’avventura di Fiume. Nel periodo gennaio-agosto ’42 combattè nei Balcani (Jugoslavia, Grecia), come osservatore sugli aerei Caproni, e gli fu assegnata la medaglia di bronzo al valore militare. Dopo l’8 settembre ’43 operò nelle file della Resistenza. Nominato maggiore di fanteria, al comando del IV battaglione arditi paracadutisti del 183° Reggimento «Nembo», si oppose all’avanzata su Roma di una colonna di tedeschi rinforzata da mezzi corazzati. Dopo la battaglia, occultò ingenti quantitativi di armi e passò alla lotta clandestina, nelle file del Fronte militare del colonnello Giuseppe Montezemolo. La sorella di Lusena, Bianca, curava l’assistenza sanitaria dei feriti. Arrestato nel febbraio ’44, in piazza Argentina, su delazione, viene rinchiuso in via Tasso, e torturato dagli uomini di Herbert Kappler ed Eric Priebke, ma non tradisce i compagni. Poi è trasferito nel carcere di Regina Coeli. «Sono nella cella 328, in buona e coraggiosa compagnia – scrive in quella che rimarrà ultima lettera ai familiari -. Avrei molto da raccontarvi, ma è meglio che me ne astenga. Comunque sappiate che sono forte. La lunga permanenza in via Tasso è stata assai dolorosa, per fortuna è passata e ora qui si respira meglio. Se non fosse la privazione di notizie potrei dire di stare quasi bene. Ditemi di voi e tanto e tutto. I miei vecchi cosa fanno? E le sorelle? E tu Lillj mia e i piccoli? Siete in cima ai miei pensieri. Cosa dovete aver sofferto. Quanta poca tranquillità. Ma di fronte al dovere e alla Patria si deve saper rinunziare a queste cose. E tu Lillj questo lo hai appreso e compreso. Se la Provvidenza vorrà, torneremo sereni. In caso contrario i miei piccoli sappiano quanto li ho amati, e siano educati alla coscienza del dovere e all’amore della Patria». Qualche ora dopo, il 24 marzo ’44, Umberto Lusena viene fucilato alle Fosse Ardeatine. Nelle cave di pozzolana i tedeschi si vendicano dell’attentato compiuto dai partigiani in via Rasella e, con una colpo alla nuca, ammazzano 335 persone, di ogni età e condizione sociale. Alcuni fanno parte del gruppo dei prigionieri di via Tasso, di Regina Coeli e della pensione «Oltremare», sede della polizia speciale di Pietro Kock, altri invece rastrellati per strada. Al termine dell’eccidio, le SS fanno crollare le gallerie e il terreno con quattro cariche di dinamite. I corpi sono scoperti, estratti e riconosciuti (undici, però, rimangono senza nome) soltanto dopo la liberazione di Roma del giugno ’44. Nel ’48 Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio dei Ministri, attribuisce al partigiano Umberto Lusena la medaglia d’oro al valore militare (alla memoria). Due città, Roma e Livorno, gli dedicano una strada. Adesso Gardone scopre la lapide commemorativa sulla casa di via Brusada, che i Lusena e i Dubai non hanno mai venduto. Leonardo, il figlio, abita a Latina, ma sarà presente alla cerimonia. Il riconoscimento di domani è dovuto alla testardaggine del ricercatore storico Luciano Galante, che per anni ha fatto pressione sui sindaci gardonesi.