Tre dei quattro mandala realizzati durante la scorsa settimana da cinque monaci tibetani in Rocca, sono stati distrutti ieri mattina durante una cerimonia rituale. Il mandala di sabbia è una complessa e coloratissima figura geometrica, realizzata su di una sperficie piana: dapprima vengono marcati i contorni e poi, con un lavoro di estrema concentrazione e precisione, seguono i riempimenti effettuati con sabbia finissima colorata in varie tinte. La sabbia viene raccolta dentro pipette coniche, che presentano un forellino finissimo ad un’estremità: raschiando con speciali lame la superficie esterna zigrinata, i granelli scorrono come attraverso la strozzatura della clessidra. Il mandala è una «casa» della divinità, contiene ed emana energia positiva: dei quattro, uno era per la pace, gli altri per la salute fisica (quest’ unico esemplare è rimasto intatto e potrà essere visitato per qualche settimana, prima di seguire la sorte degli altri), per la compassione e l’ultimo per la protezione della vita e dello sviluppo. Ieri mattina i mandala sono stati distrutti: il delicato, fragile traforo di cui sono fatti, è stato cancellato dai monaci dopo una preghiera, e la sabbia raccolta in secchielli, è finita dispersa nel lago da uno scoglio che affiora: l’acqua è l’elemento universale, in cui le forze positive si diffondono. Per l’occasione c’è stata la rioccupazione da parte del pubblico del parco della Rocca, o almeno dei percorsi pavimentati in pietra tutt’intorno al grande prato alberato dove l’erba, appena seminata, attende di crescere (senza calpestio).
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