giovedì, Marzo 28, 2024
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L’appello di un appassionato coltivatore di agrumi. Sono un simbolo della cultura agricola gardesana, devono essere tutelate

Limonaie, tradizione a rischio: «Senza incentivi chiuderanno»

Sono autentici monumenti naturali del Garda, ma il loro futuro è sempre più a rischio. Le famose limonaie ci portano indietro nel tempo, quando la coltivazione degli agrumi sulla sponda bresciana del lago, documentata fin dal XV secolo, si diffuse fra Salò e Limone. Del resto, il paesaggio agrario italiano è storicamente caratterizzato dalla presenza delle colture degli agrumi: alberi celebrati fin dall'antichità, di notevole valore ornamentale per il fogliame sempreverde, il profumo dei fiori e la produzione dei frutti, molto ricercati perché ricchi di vitamina C. E fu appunto la necessità di rendere possibile l'agrumicoltura all'elevata latitudine del Garda (rispetto ad altre regioni italiane, come la Liguria e la Sicilia) che portò alla costruzione delle limonaie, appunto, imponenti costruzioni in pietra a secco, vere e proprie serre, che nei mesi invernali venivano chiuse con grandi pareti mobili di legno, ampiamente vetrate e coperte da tetti di assi pure di legno, ugualmente smontabili. Le limonaie venivano fabbricate periodicamente intorno agli alberi che, essendo piantati in vera terra e sostenuti da una incastellatura lignea, raggiungevano in questo modo il loro massimo sviluppo. Attorno alle limonaie ruotava il lavoro e la perizia di molte persone, che dal commercio dei limoni, come degli aranci e dei cedri, traevano i benefici di una economia fino al secolo scorso molto fiorente, basata sull'unicità e sull'ottima qualità del prodotto. In questo panorama, Gargnano occupa un posto di rilievo. Le ricerche dimostrano che il sistema delle limonaie era diffuso lungo tutta la riviera, ma proprio a Gargnano si concentravano oltre la metà dei lotti destinati all'agrumicoltura, che raggiunse la sua massima espansione negli anni 1850-55, quando la produzione arrivava a oltre otto milioni di limoni annui nella sola Gargnano. Con la fine del secolo l'agrumicoltura cominciò a decadere: infatti una serie di eventi socio-economici concomitanti quali il costo sempre più elevato della mano d'opera e dei materiali, il mutamento della gestione dei fondi, il diminuire del valore degli agrumi, per la concorrenza del prodotto meridionale o estero, più economico, la scoperta della formula per ottenere chimicamente l'acido citrico, alcuni inverni particolarmente rigidi e, soprattutto, il diffondersi di una grave malattia, la gommosi, hanno portato al graduale abbandono dell'intero sistema. Le spese per la coltivazione degli agrumi erano infatti elevate, sia per le strutture e gli impianti tecnici che richiedevano, sia per le opere di manutenzione quotidiana di cui necessitavano. Questo spiega perché questa tradizionale coltura agricola sia stata a poco a poco abbandonata e venga praticata solo da pochi appassionati, per hobby o per tradizione, non certo per un tornaconto economico. È il caso, ad esempio, di Giuseppe Gandossi, proprietario appunto a Gargnano di una delle pochissime limonaie gardesane ancora strutturalmente integre, attive e produttive secondo le metodologie storiche, che non ha subito interventi di trasformazione e modernizzazioni. I serramenti e i gli elementi fissi di copertura sono ancora quelli originari e alcune piante sono secolari. «Ho comprato questa limonaia negli anni '70 – afferma Gandossi – inizialmente perché cercavo una casa, che ho ricavato ristrutturando il rustico annesso alla limonaia stessa. In seguito mi sono appassionato al lavoro di manutenzione della limonaia, all'inizio si sono resi necessari interventi di consolidamento, ma la struttura presentava complessivamente ancora un buon livello di conservazione. «Ricorro alla collaborazione di operatori esterni solo per interventi straordinari (come la potatura, o la sostituzione degli elementi fissi di copertura), ma io stesso provvedo al mantenimento delle piante, grazie ai consigli di altre persone che come me coltivano questa passione». Ma la sopravvivenza di questa tradizione è in pericolo. Attualmente, infatti, la maggior parte delle aree un tempo destinate all'agrumicoltura sono incolte o riconvertite ad altri usi agricoli e in alcuni casi profondamente trasformate: solo una decina di limonaie su tutta la riviera sono ancora produttive. Queste particolari strutture sono ora trascurate e spesso sottovalutate. «Quello che trovo strano è che nel concreto non abbiamo aiuti da parte di nessuno. Penso che le limonaie siano un motivo di grande attrattiva per questa zona, ma non sono adeguatamente valorizzate. Ho un amico proprietario di una limonaia che rischia di essere abbandonata, perché non gli sono stati accordati gli aiuti richiesti. «Io non mi trovo in una situazione così drammatica, la mia limonaia è ancora funzionante, ma non nascondo la necessità di un incentivo per la mia attività da parte di un ente pubblico, Comune, Provincia o Regione che sia. Il contributo non sarebbe tanto per la produzione dei limoni, quanto per la conservazione di un patrimonio culturale e artistico assai prezioso, che affonda le sue radici nella storia di Gargnano».

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