«La luce che si spegne, i passi sul palco, il sipario che si apre e le parole sulla pittura».Più ancora delle code, più ancora della Notte dei colori – nel 2006 il Santa Giulia aperto 36 ore no stop per fare entrare quelli che alla fine furono 20mila spettatori in cerca dei capolavori di Gauguin e Van Gogh – più ancora dei numeri, a legare il cuore di Goldin a Brescia ha potuto il Teatro Grande.«Il teatro mi mancherà tanto, per quei racconti sulla pittura che ha ospitato da quella prima sera del 28 aprile 2004 per presentare Monet. Questo, più di tutti, è il ricordo più bello che ho di questi cinque anni, segno del mio rapporto con la gente».Trentatré esposizioni in totale (tra S. Giulia, Pinacoteca e Castello) e due milioni e mezzo di visitatori dopo, ieri si è consumato il bilancio di Lo splendore dell’arte, il ciclo di grandi mostre voluto dalla precedente Amministrazione.Poco più di un’ora di conferenza stampa nella sede della Fondazione Brescia Musei – «un confronto semitelevisivo» secondo la definizione di Andrea Arcai – che è servita al padrone di casa Agostino Mantovani, il numero uno di Linea d’Ombra e l’assessore comunale alla Cultura per intrecciare numeri, ringraziamenti e congedi.«L’ultima mostra di Marco – ha detto Mantovani – si è chiusa alla grande come sempre. Ora Goldin termina e la vita continua, riconoscendo in Marco un vero collaboratore per la città».Numeri e punti di domandaLa parola va allo stesso che nel 2003 si presentò in città forte dei successi maturati a Treviso. Quadernetto alla mano, Goldin propone i numeri. Quelli dei visitatori dell’ultima mostra, 212.325 in 111 giorni di esposizione. «Un trionfo che si commenta da sé». Per la «mostra dei foglietti», come affettuosamente Goldin ha sempre chiamato l’esposizione dei disegni di Van Gogh, in 8mila si sono portati a casa il catalogo, 1.114 sono invece state le copie vendute del volume contente le lettere dell’artista olandese.«Sono dati significativi, in controtendenza con quanto sta accadendo alle mostre allestite in Italia adesso e che parlano di un pubblico affezionato, specie quello bresciano, ma non solo. Di un pubblico preparato che si vuole portare a casa un segno tangibile di quel che ha visto» commenta Goldin. Poi il tema cambia. Dai biglietti staccati e dalle cartoline vendute si passa a indagare il perché «Goldin se ne va?». «Lo trovo strano – inizia – ma posso comprendere i motivi, anche se in questi mesi ho inviato ben tre progetti all’Amministrazione non ricevendo mai una risposta da parte del sindaco. Lo stesso che al momento dell’inaugurazione della mostra appena chiusa mi disse “ci vediamo presto”. Al 9 febbraio devo ancora incontrarlo».«Grazie, ma ora voltiamo pagina»È il momento di Arcai. «Ringrazio gli sponsor che hanno avuto un apporto decisivo collaborando con il Comune. Sono contento dei numeri di Goldin, perché un minimo di vantaggio economico andrà al Comune: un euro per ogni biglietto, 212mila quindi nelle casse comunali a fronte di quei 3milioni e 200mila euro messi a disposizione per allestire quella che prima doveva essere la mostra sui capolavori del Louvre, poi delle collezioni svizzere e che è stata su un’indicazione di spesa del sindaco, ridimensionata a quella che tutti abbiamo ammirato».Ai ringraziamenti si aggiungono anche elementi che spiegano «perché Goldin se ne va».«Il contratto con Linea d’Ombra scadeva quest’anno e non conteneva nessuna clausola per il rinnovo. Dopo alcuni colloqui con Marco gli ho comunicato che non c’era spazio per altri contratti. Le quattro proposte, se si conta oltre a quelle scritte, anche quella che mi è stata fatta di persona a Milano, non incontrano gli interessi che intendiamo perseguire. Il sindaco ha ritenuto di non rispondere perché gli intendimenti erano già insiti nella prima risposta: la collaborazione con la società di Marco era finita». Poi una precisazione. «Non si tratta di ragioni ideologiche. Non c’è stato alcun cambiamento rispetto alla precedente Amministrazione perché l’operato che è stato svolto era condivisibile e lodevole. Ora il campo ha bisogno di essere trattato con altre sementi» dice infine Arcai affidando ad una metafora il concetto di un nuovo corso culturale.È la fine dell’incontro. Le luci si spengono, anche questa volta, ma il sipario, stavolta si abbassa.