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Quando il lungolago crollò

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L’Am­min­is­trazione comu­nale di Gar­done Riv­iera ha in cor­so di stu­dio il nuo­vo arredo del lun­go­la­go Gabriele d’An­nun­zio dopo le recen­ti opere rel­a­tive al rifaci­men­to dei pali per l’at­trac­co e alla passerel­la, pre­ce­dute da un pri­mo inter­ven­to d’arredo com­pren­dente anche il gaze­bo e il ripristi­no di parte del rose­to. Il carat­ter­is­ti­co lun­go­la­go venne prog­et­ta­to nel 1909 dal­l’ing. Edoar­do Gerosa di Salò e real­iz­za­to tra il 1909 e il 1911 per uno svilup­po di 325 metri e una larghez­za di 7 da piaz­za Wim­mer a Vil­la Nor­sa (Rim­balzel­lo), in ter­ri­to­rio di Salò; la spe­sa pre­ven­ti­va­ta fu di 60.000 lire. Le opere, com­p­rese quelle del por­tic­ci­o­lo, furono ulti­mate nel­l’au­tun­no 1911. Altri lavori ven­nero attuati anche nel 1927. Il sostanziale asset­to attuale risale al 1936, su prog­et­to del­l’ar­chitet­to del Vit­to­ri­ale Gian Car­lo Maroni, con la demolizione di una deci­na di fab­bri­cati del­l’an­ti­co vil­lag­gio, dopo il grave crol­lo del­la strut­tura avvenu­to all’inizio degli anni Trenta. Faus­to Galeazzi, vera memo­ria stor­i­ca di Gar­done — e non solo — ricor­da assai bene quel dram­mati­co even­to. «Il crol­lo iniz­iò improvvisa­mente dal­la piazzetta del­l’im­bar­cadero e pros­eguì poi lenta­mente sino all’al­tez­za del­l’at­tuale por­tic­ci­o­lo. Al ritorno da scuo­la trovai alcu­ni gar­done­si spaven­tati nel gia­rdi­no Cat­ta­dori: lo stes­so pro­pri­etario del gia­rdi­no, Pietro Cat­ta­dori, il suo ami­co Giuseppe Fac­chi­ni, il tito­lare del Bar , Vit­to­rio Rubagot­ti, il pro­pri­etario del­la sar­to­ria Fab­broni. «Davan­ti al negozio Scar­pet­ta, alla sin­is­tra del­l’Ho­tel du Lac, era­no bloc­cati due musi­can­ti; uno sta­va suo­nan­do la chi­tar­ra e l’al­tro il man­dolino. E anco­ra, sul trat­to che va dal por­tic­ci­o­lo al Rim­balzel­lo si era­no rifu­giati i fratel­li Luciano e Ser­gio Jarach con l’am­i­co Vas­co Moed­er­le in car­rozzel­la, per­ché par­al­iz­za­to alle gambe, tut­ti scap­pati dal ter­reno che frana­va loro sot­to i pie­di. Poco dopo venne costru­ito un lun­go ponte di leg­no per con­sen­tire il tran­si­to, raf­fig­u­ra­to anche in un bel dip­in­to di Pier Focar­di che anco­ra oggi doc­u­men­ta quel dram­mati­co even­to».

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