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Sos: carpioni in via di estinzione

È un cugino della trota e del salmone, come suggerisce il nome scientifico «salmo trutta carpio». Ma ormai è più appropriato accomunare il carpione del Garda ad animali di tutt’altro tipo: il panda, la balenottera azzurra, la tigre e tutte le altre specie in via di estinzione. Secondo l’ultimo rapporto del Wwf Italia sulla situazione della fauna selvatica, il più pregiato dei pesci gardesani è una delle 20 specie animali italiane a più immediato rischio di estinzione, al pari della foca monaca e dell’orso bruno. L’allarme è diffuso a chiare lettere nell’ultima edizione del «Libro rosso» della grande associazione ambientalista, ma è solo una constatazione di fatto, oltre che lo specchio di una situazione critica per gran parte delle specie ittiche d’acqua dolce, ormai sorvegliate speciali. I dati sul pescato sono drammatici. Fino al 1960 sul Garda si pescavano fino a 20 tonnellate di carpioni all’anno: le ultime stime si aggirano sui 20 quintali all’anno, il 90 per cento in meno. Per salvare il carpione non resta che la riproduzione assistita: anche perchè i divieti di pesca (sei mesi all’anno di moratoria) non sono stati sufficienti per garantire una ripresa della popolazione. Lo stesso Wwf invoca il ritorno alla riproduzione assistita del carpione, che nel Garda non veniva seminato da tre anni. Con il nuovo incubatoio e la ripresa delle semine (dopo tre anni) il salvataggio è cominciato, ma non sarà troppo tardi? «Bisogna riprendere le semine, e mettere mano a una seria politica comune fra le tre provincie in cui è diviso il lago di Garda – afferma Giorgio Fezzardi, ex vicesindaco di Desenzano e membro della Consulta provinciale per la pesca -. Vorrei anche sottolineare che lo stesso discorso del carpione vale per la trota lacustre, ormai impossibilitata a riprodursi naturalmente, soprattutto per la presenza di dighe e centrali elettriche agli imbocchi del Mincio e del Sarca: dalle 25 tonnellate di pescato nel 1960, la trota lacustre è crollata a circa 150 quintali all’anno. Oppure si pensi alla situazione delle aole, che un paio di anni fa erano praticamente scomparse senza che nessuno sapesse dare spiegazioni convincenti». Ma perché accade tutto questo? Perché i pesci, purtroppo, non ce la fanno più a riprodursi da soli. «Fattori climatici e ambientali – spiegano i tecnici dell’assessorato provinciale alla pesca – rendono sempre meno efficace la riproduzione naturale. In parte è colpa delle condizioni del lago che non sono sempre stabili, dell’alterazione delle rive, dei fondali, del clima e, in misura assai secondaria anche dell’inquinamento». Del resto, carpione a parte, non esiste un caso Garda. È ormai allarme rosso per i pesci in tutte le acque dolci italiane: 31 specie, cioè il 64,6% delle 48 che vivono nei nostri fiumi e laghi, sono considerate minacciate, rientrando nelle prime tre categorie di rischio dell’Unione mondiale della conservazione (Iucn). Dodici di queste specie sono endemiche, cioè se scompaiono in Italia si estinguono definitivamente: sono lo storione cobice, la trota macrostigma, appunto il carpione del Garda (che vive solo qui e che non si mai adattato, malgrado i tentativi compiuti, a vivere nei laghi di Bolsena, di Como e d’Orta, dove è durato poco). In via di estinzione anche il carpione del Fibreno, la lampreda padana, la trota marmorata, il panzarolo, il ghiozzo di ruscello e quello padano, la savetta, la lasca e il barbo canino. C’era da aspettarsi che le alterazioni subite da laghi e corsi d’acqua italiani avrebbero avuto effetti negativi sui loro abitanti pinnuti. Ma nel caso del Benaco non c’è solo questo aspetto. Lo dicono gli ambientalisti che il più grande lago d’Italia, ormai, è uno «zoo sommerso», dove l’equilibrio è turbato anche dall’immissione di specie «aliene». È ad esempio il caso del persico-trota, o «boccalone», nel Garda (è l’American black bass, branzino nero americano). Oppure del pesce persico reale e del pesce sole (d’orgine asiatica). Sono tutti pesci carnivori provenienti da altri continenti. Introdotti un secolo o più fa (il black bass arrivò in Germania nel 1883 e in Italia nel’900, con una prima immissione nel laghetto di Comabbio) hanno soppiantato i predatori locali: i subacquei possono testimoniare che vicino a scogliere e dighe si vedono solo persici, pesci sole e boccaloni, intenti a fare strage delle altre specie. Ecco perchè è urgente il riequilibrio faunistico nel lago, ed ecco a cosa serve l’incubatoio: non solo a seminare prelibati coregoni da pescare e cuocere alla griglia, ma anche a correggere i rapporti di forza tra le varie specie di pesci nel lago.

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