Una storia gardesana

In quella sera di luglio una violenta pioggia, frammista a grandine, flagellava la penisola di Sirmione. Il vento sollevava onde alte sul lago r faceva tinnire i vetri delle finestre. In una ala della canonica sedevano don Lino Zorzi, padre David Maria Turoldo, il professor Gabriele Bianchi Porro ed altre persone, tra le quali l’estensore di questa nota.

Il cortese anfitrione aveva offerto dell’eccellente Recioto veronese e gli ospiti discorrevano, aspettando che la diminuita intensità della pioggia consentisse il ritorno a casa o in albergo. La conversazione verteva sui temi gardesani e padre Turoldo, che si trovava a Sirmione per curarsi da un’incipiente sordità rinogena, evocò una lontana vicenda svoltasi, in parte sul Benaco.

Disse, e la sua voce profonda risuonava tra le antiche mura, d’essersi trovato nella sede arcivescovile di Milano il 25 aprile 1945, allorché vi giunse Benito Mussolini per trattare, alla presenza del cardinale Schuster le condizioni di un’eventuale resa al Comitato di Liberazione Nazionale. Il duce, ormai tale solo per pochissimi fidi, arrivò a bordo di una berlina. Gli rimanevano ormai poche ore di vita.

Qualche anno più tardi padre Turoldo, che collaborava con don Zeno Saltin e Nomadelfia, incontrò la vedova dell’industriale lombardo Feltrinelli e le chiese una sovvenzione per il villaggio degli orfani di guerra, sito nell’ex campo di concentramento di Fossoli. La signora rispose che nella sua villa di Gargnano era rimasta un’automobile straniera, della quale gli avrebbe fatto volentieri dono. Il religioso si recò nella cittadina gardesana ed ebbe la sorpresa di vedere che la vettura era quella usata dallo sconfitto dittatore per recarsi a Milano nell’inutile viaggio dianzi rammentato. La Packard, opportunamente adattata, servì a trasportare i ragazzi di don Zeno. Aveva, però, il difetto di consumare molta benzina. Finito il racconto ed essendosi placato il temporale, tutti lasciarono la canonica.

Accompagnai il frate al suo albergo, percorrendo con lui il declive vicolo Strentelle sul quale incombe la torre merlata di Mastino della Scala. Nel cielo rischiarato già appariva qualche stella.

Prima di ritornare a Sotto il Monte padre Turoldo scrisse questa poesia dedicata a Sirmione. Vi si legge:

“saggio è unirsi all’usignolo
che canta nella deserta sera
sul colle a San Pietro in Mavino
e più saggio è lasciare che una
danzi solitaria sulle acque
e stenda tappeti di ori
a Lui che viene non visto
a godersi almeno una notte
sulla pinta estrema…”.

Un’altra voce ispirata s’era aggiunta a quante avevano in precedenza cantato la terra lacustre di Catullo.

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