L’appuntamento è per domenica alle 16 al nuovo bocciodromo di Lugana. Tifosi già trepidanti. Sfidanti, uno almeno, che si allenano tutti i pomeriggi. Aria carica di tensione, al bar della piazza non si parla d’altro, sul sagrato della chiesa c’è chi ammette di entrare a pregare Santa Maria Immacolata perché faccia il miracolo: «Bisogna che vinca il don, è per una buona causa». Il paese – 3.000 anime coinvolte dal tête a tête agonistico tra il parroco Sergio Formigari e Mario Mason pecorella smarrita – conta i giorni, fà pronostici, scommette, sorride e spera che tanta inquieta attesa sia foriera di buone notizie: i sostenitori di Mario si augurano che il prete sia sconfitto e offra così da bere a tutti, come promesso; i discepoli del don sognano invece che sia lui a vincere e che Mario si presenti, ogni domenica, puntuale alla messa per un anno. La posta in gioco è alta. Una scommessa alla Peppone e don Camillo trasferita direttamente sulle rive del Garda per iniziativa di un sacerdote veronese, nato a Sanguinetto e cresciuto a Casaleone, trasferito a Lugana sei anni fa e da allora impegnato a tener viva la fede della comunità. A modo suo, don Sergio cerca di «unire l’utile al dilettevole» e crede «di riuscirci bene», spiega seduto nel suo ufficio dove il telefono non smette di squillare e i collaboratori pastorali sono indaffarati nell’organizzare la festa di domenica, «penso di aver trovato la maniera giusta per comunicare con la gente e avvicinarla ai sacramenti». «Oh, sia chiaro» precisa il prete-sportivo «io tutto questo, la partita a bocce col Mario, la faccio con spirito di servizio mica perché mi interessa vincere la sfida o far parlare di me. Per carità, qua la faccenda è un’altra: se a messa i miei parrocchiani non vengono convinti, scantonano una domenica no e quattro sì o non mettono per niente piede in chiesa, allora so io quali tasti toccare per scrollarli: conosco, ahi loro , gli argomenti ai quali sono più sensibili, basta toccarli lì, sul vivo…». Mario è, per esempio, un appassionato, accanito, vincente giocatore di bocce. Il nuovo campo, che appunto sarà inaugurato domenica, è a pochi metri da casa sua. Ci passa tutto il tempo libero, «anche la domenica mattina» rimprovera simpaticamente il don, «quando dovrebbe invece essere in chiesa con sua moglie che è un’attivista della parrocchia. Macché, non c’è verso di portarcelo. Lui, a modo suo, crede, non è ateo, quello no, ma evidentemente le mie prediche lo annoiano, forse le trova inutili, o semplicemente è uno dei tanti che, senza motivo, non pratica. Allora», va avanti a raccontare il prete veronese, «lo scorso settembre durante un pranzo organizzato in oratorio per ringraziare i 150 collaboratori delle Feste Caritas, era presente anche il sindaco di Sirmione Maurizio Ferrari e c’era anche Mario, m’è venuta la brillante idea. Si parlava appunto del nuovo bocciodromo e lì, tra uno scherzo e l’altro, gli ho buttato l’idea: Mario caro, gli ho detto, ti sfido sul campo, se vinco ti voglio vedere per un anno intero tutte le domeniche seduto sui primi banchi, se ci stai prendiamo due piccioni con una fava, ti va? Manco a dirlo, solo a sentir parlare di bocce gli si sono illuminati gli occhi, ha accettato senza tanto pensarci e ha rilanciato la proposta: va bene, mi ha risposto, però se vinco io tu offri da bere a tutti quelli che quel giorno saranno presenti all’inaugurazione, cioè il paese intero». Stretta di mano e accordo siglato alla presenza di numerosi testimoni che da allora attendono impazienti il fatidico 12 maggio, chi a sostegno del don chi invece dell’amico allergico agli altari, che nel frattempo tiene allenato il braccio tutti i pomeriggi. «Ah, ci sarà anche un arbitro super part es : Pietro Sartori, direttore della cooperativa netturbini di Sirmione, ha giurato che sarà imparziale e dirigerà il gioco con massima professionalità… qua non si scherza, c’è in ballo la tutela del sacro, mica roba da poco!». Visita al bocciodromo (con Mario che scappa per non rilasciare dichiarazioni) e di nuovo in canonica dal sacerdote tutto fare. «Se serve così poco per fare il bene della chiesa» si fa serio il don Camillo del Garda, «sono disposto a sfidare ogni giorno un dissidente e a rimanere in braghe di tela a forza di offrire aperitivi; se però riesco, con questa maniera scherzosa, a riempire la chiesa, allora è una doppia vittoria e non mi preoccupo se i metodi sono poco ortodossi e poco formali. Ai miei parrocchiani tengo, sono brave persone, un po’ pigri al richiamo delle campane ma sono convinto che con le buone riuscirò a far loro osservare le feste comandate. Anzi, lancio il messaggio agli amici di Mario, che so essere diffidenti quanto lui: se volete affronto a duello pure voi, oggetto della scommessa è sempre il solito anno di pratica domenicale. Avanti, accetto prenotazioni».