Partita persa. E pecorella, povero don , smarrita per davvero. La sfida a bocce tra Sergio Formigari parroco di Lugana (nato a Sanguinetto e cresciuto a Casaleone) e il concittadino Mario Mason, «brav’uomo ma allergico alla messa», ha visto il rappresentante del sacro sconfitto, anche se con dignità, dal campione del profano: due partite sudate fino all’ultimo boccino ma dall’inizio contraddistinte dalla superiorità del giocatore-non-praticante sul prelato già battezzato, per l’originale trovata, il “Don Camillo” del Garda. L’idea, seduto a un tavolo a mangiare con gli attivisti pastorali del paese, è nata proprio dal prete veronese: «è stato un lampo di genio» spiega, «per convincere Mario, assente cronico alla messa della domenica, a partecipare con la moglie all’eucarestia. Mi son detto: lo sfido a bocce, se vinco io viene in chiesa per un anno intero, se vince lui offro da bere a tutto il paese. Mi ha stretto la mano, ha accolto la sfida promettendo, in caso di sconfitta, di onorare l’impegno… Peccato, se fosse andata bene avrei guadagnato un parrocchiano, invece così mi sa che l’ho perso del tutto. Era l’unica maniera per convincere Mario a vincere la propria pigrizia e a rispondere al richiamo delle campane». La fortuna, vista anche la buona causa, non è stata dalla parte del religioso e il verdetto finale ha dato il via all’aperitivo-libero messo in palio da don Sergio, battuto 12 a 7 nel primo match e 12 a 5 nel secondo. La lunga attesa di Lugana e dei suoi abitanti ha trovato così sfogo, domenica pomeriggio, ai bordi del nuovo bocciodromo dove un pubblico agguerrito ha tifato parte per l’uno e parte per l’altro degli sfidanti tra urla, canti, battimano, fischi «senza che volasse una parolaccia» giurano i presenti, «quella no, altrimenti poi il Sergio ci costringeva tutti ad andarci a confessare». Fin dall’inizio il confronto s’è svolto sotto l’aura sacra che l’ha caratterizzato sia nella motivazione (riportare all’ovile l’anima smarrita di Mario) che nella realizzazione: in segno di amicizia e con la speranza di avviarlo almeno a leggersi il catechismo, prima del fischio d’inizio don Sergio ha donato all’avversario un Vangelo con tanto di dedica: «Al mio sfidante a bocce, con affetto». Poche parole, di per sè innocue, ma chiaro l’obiettivo: “circuire” il più possibile il fedele disubbidiente e convincerlo un poco alla volta alla professione di fede, con le buone o le cattive non importa, ma sempre a fin di bene. «A me non importa vincere, sono un prete io mica uno sportivo della boccia» aveva confessato il parroco qualche giorno prima della competizione, «tutto questo lo faccio nell’interesse della Chiesa, anzi, servisse così poco per convincere la gente ad essere cristiana in tutto per tutto non avrei problemi a sfidare sul campo tutti i reticenti di Lugana. Anzi, sono pronto per altre sfide. Sono convinto che il Padreterno capirà…». Sì, deve aver capito, perchè alla fine il cuore tenero di Mario Mason – s’è allenato tutti i pomeriggi per un mese intero, la posta in gioco era alta – s’è lasciato convincere e intenerire dall’impegno mostrato dal perdente. «E vabbè» s’è lasciato scappare dopo la vittoria, «la prossima domenica andrò in chiesa. Sia chiaro, per ora ho detto solo domenica… per il resto dell’anno ci penserò».
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La gara, nata per convincere il parrocchiano non-praticante ad andare in chiesa, ha tenuto banco a Lugana. Don Sergio Formigari sconfitto da Mario Mason ha dovuto offrire da bere a tutti