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L’invenzione della natura selvaggia

Franco Brevini

Proseguono sabato 26 ottobre alla Galleria civica Segantini di Arco i Dialoghi del MAG, ciclo di incontri proposti quale ambito di approfondimento delle tematiche indagate a livello artistico dal progetto sul contemporaneo nell’Alto Garda «Der Blitz. Ricerca, azione e cultura contemporanea»: a partire dalle 18 Franco Brevini tratta il tema affrontato nell’omonimo libro «L’invenzione della natura selvaggia. Storia di un’idea dal XVIII secolo a oggi» (ed. Bollati Boringhieri, 2013). Modera l’incontro l’architetto Andrea Rigo. Ingresso libero.

Franco Brevini a partire da un documento video inquadrerà storicamente il fascino che ancora oggi la natura selvaggia esercita su di noi. Vecchia quanto il mondo, la natura selvaggia guadagna la ribalta della scena culturale solo con la modernità. Muraglie di ghiaccio, forre paurose, montagne svettanti e acque abissali sono tenute a battesimo in epoca romantica da scrittori, pittori e filosofi, e continuano a proiettare il loro sublime artificio sull’esotismo di massa, sui viaggi estremi offerti in pacchetti dalle agenzie, sull’ecoturismo di nicchia, sull’avventura no-limits.

Nel libro, Brevini afferma che gli antichi «sentivano naturalmente», noi invece «sentiamo la natura».

Alla fine del Settecento una sensibilità nuovissima, inaudita, trova un emblema nelle parole di Schiller. Perduta per sempre la naturalezza fusionale che stringeva i nostri avi al loro ambiente di vita, percepiamo la distanza che separa la civiltà dallo sconfinato e dall’inesplorato che le si ergono di fronte, esercitando una fascinazione prima sconosciuta. La natura selvaggia nasce allora, e assume subito i contorni del mito. Certo, è vecchia quanto il mondo, ma va in scena solo con la modernità, quando viene plasmata come una costruzione culturale. Muraglie di ghiaccio, forre paurose, montagne svettanti, acque abissali che ribollono di tempesta sono tenute a battesimo soprattutto in epoca romantica da scrittori, pittori e filosofi, e continuano a proiettare il loro sublime artificio sull’esotismo di massa, sui viaggi estremi offerti in pacchetti dalle agenzie, sull’ecoturismo di nicchia, sull’avventura no-limits. Tra coloro che ripercorrono da studiosi quell’universo mille volte descritto, dipinto, idoleggiato, pochissimi possono dire di averlo anche esplorato sul campo. Uno di loro è Franco Brevini, letterato di lungo corso e viaggiatore con una predilezione per le condizioni-limite. E ancor più rara è l’efficacia della sua scrittura, che contrappunta la riflessione sulla wilderness e sull’ecologia, sull’intelligenza animale e sull’etica ambientale, con l’esperienza diretta dei cinquemila, dei paesaggi boreali o delle giungle del Borneo. Nessuno meglio di lui sa tradurre in parole il magnetismo e le ambivalenze della natura selvaggia.

Franco Brevini

Insegna Letteratura italiana e Letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università di Bergamo e l’Università IULM di Milano. Tra i massimi studiosi della poesia dialettale (La poesia in dialetto. Storia e testi dalle origini al Novecento, 1999, 3 voll.), ha pubblicato da ultimo Voci di Lombardia (2008) e La letteratura degli italiani. Perché molti la celebrano e pochi la amano (2011). La passione alpinistica alimenta un altro filone della sua produzione, da Ghiacci. Uomini e avventure dalle Alpi al Grande Nord (2002) a Rocce. Dal Borneo alle Lofoten, dalle Alpi al Sahara, avventure di uomini in scalata (2003), a La sfinge dei ghiacci. Gli italiani alla scoperta del Grande Nord (2011). Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato Un cerino nel buio. Come la cultura sopravvive a barbari e antibarbari (2005). Collabora inoltre al Collabora al Corriere della Sera ed è presidente dell’Associazione culturale Volgar’ Eloquio.

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