La Storia ha fatto centro. La presentazione di «Ultimo lembo di terra veneta», opera postuma di Giovanni Battista Perantoni, ha richiamato a Pacengo un folto pubblico che a stento ha trovato posto nell’oratorio parrocchiale. Una soddisfazione non di poco conto per Sergio Bazerla che ha curato, insieme alla moglie Mimma, la stampa del volume scritto dal suocero ancora nel 1976. Perantoni, morto nel 1990, ha lasciato in eredità alla piccola comunità un malloppo di circa 170 pagine che apre uno spaccato di storia del territorio locale. Periodi semplici, senza tanti arzigogoli, che descrivono le vicende, gli usi e i costumi della piccola frazione di Pacengo. Una ricerca in superficie che raccoglie notizie più o meno interessanti per un lettore esterno alla comunità lacustre ma che riveste un carattere e un’importanza unica per chi da sempre respira la vita quotidiana della piccola frazione di Lazise. Perfetto, a nostro avviso, l’inquadramento del libro, «disegnato» in prefazione da Angelo Peretti, giornalista e cultore delle tradizioni gardesane. Con grazia e lievità di penna Peretti entra in punta di piedi nella «verde vallata» del Perantoni e scomoda addirittura Voltaire e il suo «Candide, ou l’optimisme», romanzo filosofico e di avventure scritto dallo storico parigino all’età di sessantacinque anni con l’intento di negare l’ottimismo in genere e di Leibniz in particolare. L’aggancio giusto da contrapporre al migliore dei mondi possibili che secondo Perantoni esiste ed è a Pacengo. E i pregi di questo «Ultimo lembo di terra Veneta» sono esaltati dall’ex impiegato comunale, entrato in municipio come usciere e pensionato come capo dell’ufficio tecnico. Capitoli non «sempre modelli di storiografia», passaggi a volte «succulenti, altri un po’ acerbi, altri magari già un po’ avvizziti, ma non sempre per questo meno affettuosamente allevati». A presentare «Ultimo lembo di terra Veneta», davanti ad una folla attenta e partecipe con in testa il sindaco Luca Sebastiano, è stato Giampaolo Rizzetto, redattore del giornale L’Arena di Verona. Gioco facile per il noto studioso di preistoria e protostoria veronese ricordare la ricchezza del territorio gardesano e tra le parole indirizzare una tiratina di orecchie a quelle Amministrazioni lacustri che non sanno valorizzare l’immenso tesoro archeologico. È toccato invece ad Angelo Peretti, cucire tra loro i vari momenti della serata allietata dalle belle voci del coro Val Randina di Torri .