giovedì, Aprile 18, 2024

Rosso sulle colline

Il libro di Giancarlo Ganzerla per le Edizioni Grafo e l’Associazione Carlo Brusa è da leggere e da guardare. Si tratta di un’ escursione, un’ emozione fra i nostri paesi e la nostra storia. La torre di San Martino è l’epicentro storico di cruenti e sanguinosi accadimenti

“Per accendere una sigaretta, Stefano, dopo Peschiera, si era alzato ed era andato nel corridoio della vettura. Il paesaggio era nebbia e foschia: un tardo pomeriggio autunnale. Guardavamo le colline dal finestrino, verso ovest, apparire e scomparire mentre il treno si avvicinava a San Martino. D’un tratto dalla nebbia si aprì un ampio varco che portava alla torre, in alto sul colle. Un enorme sole rosso ne incoronava la sommità. Un secondo, due forse, poi il sipario si chiuse e fu ancora nebbia. Stefano, spegnendo la sigaretta, sussurrò: “questa foto non la faremo mai”.

Scriveva così Giancarlo Ganzerla nel finale della prefazione ad un suo precedente libro (Binari sul Garda- Grafo – 2004) ricordando Stefano Avanzi ferroviere come lui e mentre rientrando la sera a Desenzano, a casa, dopo il lavoro osservavano le veloci immagini a scorrere davanti dal finestrino del treno, in un continuo mutare al pari di una pellicola fotografica.

Oggi si può ben dire che quell’immagine fugace della Torre di San Martino sia riuscito ora a fotografarla!

L’entusiasmo lo ha passato nel libro con la famiglia ed in particolare quello della moglie Pia.

Il suo libro, da pochi giorni presentato, è la toccante fotografia che ha nella Torre il suo epicentro storico: “Rosso sulle colline” è il titolo del libro, ripieno della sua proposta di interpretazione quasi poetica fra le documentazioni, dedicato alla storia sui campi oggi rosseggianti di papaveri; che anni fa, 150 anni fa, raccolgono in una sola giornata solo sangue, sangue rosso di migliaia degli uomini morti ed ben più di feriti nelle battaglie di Solferino e San Martino.

Pregevoli i libri presentati a Desenzano per questa ricorrenza anniversaria, sfrondato completamente la pur ovvia retorica, l’ha arricchita di rarità: i documenti ufficiali e cartine dell’epoca, infarciti di fotografie che danno l’orgoglio a noi di possedere e di vivere quel territorio. (ho volutamente tralasciato la preposizione “in”quel…)

La battaglia, l’autore la utilizza come filo conduttore, una sorta di fil-rouge per dirla alla francese, ed emergono i luoghi e le persone, i contadini, i commercianti, i notabili, e i soldati, gli ufficiali, i generali, i Re e gli Imperatori, tutti colti anche nella loro umanità: luoghi quali case, cascine, fiumi, chiese, campanili ed anche treni e tutti i nostri paesi teatro del periodo della guerra terminata una sera di soffocante calura e con un terribile temporale al calar della notte del 24 giugno 1859.

Vediamone qualcosa; la ferrovia, la linea Ferdinandea, che era già completata dal 1857 da Venezia a Milano, è stata utilizzata anche per il trasporto dei soldati, ovviamente quelli Francopiemontesi, verso il campo di battaglia e ben collaudata già dal 1854 con la Verona Coccaglio, poi proseguita da Coccaglio verso Treviglio e Milano trascurando Bergamo, quindi quell’esercito perveniva più fresco sui luoghi dello scontro.

La documentazione raccolta dal duo Ganzerla e moglie Pia è rara, si va dalle copie raccolte a Vienna del “Wiener Zeitung” e del “Fremden Blatt” relative ai mesi di maggio, giugno e luglio di quel fatale 1859, fino all’utilizzo delle relazioni ufficiali della battaglia, proprio quelle redatte dai tre stati Austria, Francia ed Italia.

Arrivare a quella documentazione è stato senz’altro punto di arrivo voluto con determinazione e che ne da una precisa dimensione del lavoro svolto e la sua definitiva correttezza.

I quadri di quelle terre con una superba documentazione fotografica tutta del Ganzerla lasciano che la storia vada poi a dipanarsi attorno ad umanità non affatto dissimulata fatta degli episodi umili dei soldati, della gente del posto, degli ufficiali nonché molto importante ed unica anche di quella dei Reali comandanti di quella guerra dal giovane Imperatore Francesco Giuseppe che scrive alla moglie, la mitica Sissi: “…ho trascorso una serata orribile in mezzo a una massa confusa di feriti, rifugiati, carri e cavalli… Ho imparato molto da quel che ho passato e so che cosa prova un generale sconfitto. …” sino al Re Vittorio Emanuele che alla fine della battaglia dorme sulla nuda terra a fianco del Generale Della Rocca (appena rientrato da Lonato dopo aver telegrafato la notizia della vittoria a Cavour) rifiutando cibo e “stramazzo” dopo averlo abbracciato.

Oltre ai cannoni francesi dalle canne rigate e quindi a lunga gittata, la strategia dei tempi, ci documenta sempre il Ganzerla è stata determinante.

Infatti gli austriaci si levarono alla 6 e mezza del mattino per muoversi verso il Chiese dalla riva destra del Mincio ma giunsero solo fino alla scarpata della Stazione di Pozzolengo (così era denominata allora) nei pressi del colle San Martino; quell’ora fu fatale per loro che furono costretti senza mangiare ad avanzare verso il luogo dell’incontro, mentre i francesi di Napoleone III° da Montichiari verso Solferino e poi San Martino, ed i piemontesi da Lonato si levarono alle 2 e mezza della notte, pervenendo sul luogo dello scontro molto prima degli avversari e conquistando enorme terreno.

Francesco Giuseppe il ventinovenne Imperatore d’Austria e Ungheria il 23 giugno fu a Messa in quel di Villafranca, poi a Valeggio con il suo Stato Maggiore, e la mattina del 24, molto presto da Volta Mantovana vide un gran polverone e sentiva cannonate; la sua armata più tardi si sarebbe imbattuta negli avversari già meglio piazzati.

Napoleone III° a Castiglione sul campanile della Parrocchiale, alle 7 del mattino e la battaglia si stava già dispiegando, le successive decisioni le prese sul Monte Fenile “da poco conquistato, a caro prezzo, dalle truppe del Generale Forey”.

Vittorio Emanuele II° da Castelvenzago si spostava sul vicino Monte Candellera da dove si poteva ben vedere le alture di Solferino e di San Martino, già polverose per la battaglia.

Nella lettura ci si rende conto dei luoghi, i terreni occupati di quella regione che forse non si attendeva di divenire luogo di scontro fatale e poi luogo di umanità (La Croce Rossa !!!), le cascine sono quelle di adesso, il greto del Chiese e quello del Mincio si riempivano di fiori come ora, i ponti di legno e di barche, la pagina di Goito (pag.68) è un capolavoro toccante, si va dal Castrum Romano passando per Lodovico II° Gonzaga, fino al Maresciallo Radetzky e poi Alessando La Marmora con i suoi Bersaglieri, proposto dall’autore Ganzerla Giancarlo in un armonia rara che termina con Bacchelli!

Leggere le fotografie, poi addentrarsi nel testo: la storia, diventa una proposta di incontro fra le menti e le genti, valutare e cercare di interrogarsi: ieri, oggi, domani?

Ci raccomanda con Bacchelli il nostro Giancarlo: “…imparare la storia vuol dire vederla risorgere dai terreni e dalle acque, dalle pietre costruite e dalle parole legate agli uomini…”

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