lunedì, Maggio 6, 2024
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Venerdì scatta la grande «corsa a tappe» che coinvolge centinaia di giocatori altogardesani nell'antico gioco di carte. La Busa scorda gli affanni turistici e attende gaia il nuovo campione

Spunta il trisàc, l’autunno vero è arrivato

Un libriccino arancione che ormai galleggia sovrano sui banconi di tutti i bar (spazzando via i rimasugli del calendario delle feste dell’Apt) sta annunciando in questi giorni, con sicurezza maggiore delle previsioni del tempo (ormai sempre più bizzarre), l’inequivocabile arrivo dell’autunno anche per la più godereccia ed estiva plaga trentina: la Busa. Il libriccino – che porta in copertina nientepopodimeno che quattro fanti, il cavallo e il dieci di denari: i cosiddetti «conzini» o «cuscini» e vi risprmieremo la noia di spiegarveli meglio – è il classico vademecum del torneo di trisàc «Città di Riva».E’ su quelle pagine – dove, come Albo d’Oro, campeggiano le foto dei sedici eroi che hanno avuto in sorte la mitica vittoria nel torneo – che centinaia di appassionati stanno ora studiando il giorno giusto e il locale ok per iniziare (con la necessaria qualifica) la marcia trionfale che porterà uno di loro, il prossimo 14 dicembre, a diventare il diciasettesimo «campione» della storia. La diciasettesima foto dell’Albo d’Oro.Stanchi di otto lunghi mesi di ribalta internazionale – che tale può essere considerato il ricco «contagio» di migliaia e migliaia di turisti di tutto il globo terracqueo – rivani, arcensi, ledrensi, tennesi e altogardesani (in genere) sono ora ansiosi di rituffarsi nella beata cretinaggine di un gioco di carte che si impara in due minuti e si spiega in due ore. E quel libriccino arancione è l’anticamera dello spasso, lo spogliatoio delle cose serie e del lavoro duro, la sicurezza di tornare, nell’autunno delle prime foglie gialle sui castagni sopra la piana del lago, alla pigra insolente sanguigna verve dei tempi in cui – messi a riposo i barcozzi nel porto di piazza Catena – il gioco del trisàc decideva, con salomonica giustizia ma con cattiveria e sarcasmo da ergastolo, chi avrebbe pagato, e per tutti, i primi piatti di trippe serviti fumanti dalle osterie del centro.Scusate il tono pomposo. Ma chi è nato gardesano verace (ed io modestamente lo nacqui, potrei dire se fossi Totò) non può fare a meno di farsi sopraffare dalle emozioni e dallo spirito di appartenenza quando, nel citato libriccino arancione (spettacolo inarrivabile di pacchianeria paesana: altro che farfalla trentina!), appaiono in sfilata ridente i faccioni maestosi dei campioni che hanno alzato la coppa. Il Renè Marchi dal collo taurino, il Gianni Farina «Rosso» principe dei ragionieri, l’Emilio Betta «Cecòm» lingua a coltello, l’Antonio Merighi alta cucina, il Luciano Maceri acconcia-pellacce, il Toni Faitelli «matt che più matt non si può», il Giò Torboli spavaldo, Giacomo Marchi 2 il micragnoso e molti altri ancora…Chi sarà il loro erede? O saranno essi stessi gli eredi? Il rebus del trisàc 2003 comincerà a dipanarsi venerdì prossimo alle nove di sera nel primo tradizionale Galà (si fa per dire!) del bar Rudy di San Nazzaro. Proseguirà per altri 31 mini-tornei eliminatori nei locali-santuario del comprensorio. Culmimerà il 14 dicembre al Palacongressi, che dopo aver ospitato il Summit dei Ministri europei, tornerà giustamente – per un giorno – in mano a quello che siamo noi, sotto sotto: scarpe grosse e cervelli fini. E solo quel giorno la finalissima decreterà, allora e per un anno intero, chi potrà percorrere le strade della Busa come un «overcraft umano», cioè con la pianta dei piedi sospesa di una spanna sopra la madre terra. Per orgoglio allo stato cristallino, naturalmente. E soprattutto per la possibilità – sancita da una legge non scritta ma inappellabile – di prendere per i fondelli tutti quelli che avesse da incontrare durante la sua regale transumanza. Questo è il trisàc nella Busa, signori miei. Improbabile come le giacche ciliegia degli organizzatori (il presidente Galvagni ed altri cinque: autodefinitisi – sentite un po’ che fantasia mostruosa – i magnifici sei) e ineffabile come la voglia di altri trentini (fuori Busa), che anche quest’anno sentiranno la voglia di capirci qualcosa, di condividere gioie e dolori della manifestazione e che ancora una volta saranno costretti a rimanere intellettualmente alla porta di questo gioco esclusivo della piccola repubblica gardesana.

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