Otto guardie provinciali sono addette alla cattura incruenta degli anatidi del lago di Garda, al prelievo di un tampone cloacale ed al loro rilascio, previo inanellamento cronologico, per la prevenzione del virus dell’influenza aviaria. Va tutto bene fin che si tratta di specie che si lasciano prendere, andava benissimo durante la stagione venatoria negli sguazzi, chiusasi con gennaio: germani reali, alzavole, mestoloni, moriglioni, morette, canepiglie, fischioni, codoni e marzaioli, insieme ad altri uccelli acquatici quali folaghe, gallinelle d’acqua, pavoncelle, beccacce e beccaccini che, abbattuti a termini di legge, venivano immediatamente testati. Settanta quelli consegnati dai cacciatori, 200 quelli centrati dalle guardie per il monitoraggio invernale disposto dalla Regione tramite l’Istituto zooprofilattico delle Venezie, anche se gli esperti dicono che sarebbe preferibile che il tampone fosse fatto su animali vivi, in quanto il virus muore poco dopo l’abbattimento e ne rimangono solo labili tracce interne. In questi giorni sul lungolago di Bardolino, in località Lido Mirabello, vistosi cartelli in burocratese stretto dettano: «Provincia di Verona/Corpo di Polizia Provinciale/via S. Giacomo 25 – 37135 Verona/tel. 045/9288406 – Trappolaggio per cattura anatidi vivi e successivo rilascio per attività di monitoraggio influenza aviaria». E sotto: «Non toccare le trappole e non avvicinarsi». Seguono i numeri degli operatori autorizzati: 335 1031084 – 335 1031089. Sulla riva ci sono cinque grandi gabbie, con intorno le pasture (pane, frumento, granoturco), dotate di un sistema d’intrappolamento a patella basculante od a sgancio del piano di calpestio. Donne ed uomini del Corpo di polizia provinciale (sono tre le nuove agenti) arrivano all’alba a controllare le catture, vestiti con bianche tute idrorepellenti, guanti monouso di lattice, mascherine con filtri a carbone, occhiali da chirurgo e stivaloni di gomma. L’operazione non è facile come sembra: le anatre mangiano le esche esterne ai gabbioni ma non vi entrano, se poi compare un «marziano» con in pugno un guadino per prenderle, si fa il deserto laddove fra le gambe delle guardie le anatre giravano a decine. Le catture sono state finora di solo 23 germani reali, di solo un esemplare sia mercoledì che giovedì scorsi; paradossalmente è più facile catturare un cigno, abituato alla confidenza con l’uomo, basta prenderlo dalla trappola con delicata determinazione al collo e all’ala, tamponargli il retto e rilasciarlo come è accaduto giorni fa. La Regione Veneto con delibera dell’8 novembre scorso, prevede la cattura, incruenta e non, di 400 «prelievi», 40 a settimana, per il monitoraggio primaverile (in tutto febbraio sono stati 5 gli abbattimenti e 18 le catture). Il test viene subito portato all’Istituto zooprofilattico di Verona (con sede vicinissima alla polizia provinciale) che, in giornata, provvede ad inoltrare i campioni, custoditi singolarmente in capsule di plastica e contrassegnati con etichetta identificativa di specie, sesso, data e località, al centro regionale delle Venezie di Legnaro (Padova) dove vengono subito esaminati. Nessuno ha finora dato esisto positivo: sia i 270 capi di selvaggina degli abbattimenti invernali che i 23 degli ultimi giorni. La Regione ne vuole di più ed ha diffidato tre volte le guardie provinciali a raggiungere la quota settimanale di 40 capi. Dagli elenchi delle specie utili agli esami preventivi per l’influenza aviaria dei polli ne mancano alcune considerate non a rischio (svassi, tuffetti, merli, piccioni). «Per gli anatidi che non vengono a mangiare a riva sulle spiagge, e sono i più», spiega un esperto «occorrerebbero impianti di cattura quali quelli per le allodole. Ora la stagione venatoria è chiusa, eppure sono tutti migratori (esclusi germani e morette, stanziali) ed è anche tempo di nidificazione, abbatterne provoca disastri. Basta guardarli, le coppie sono sempre insieme, ci cibano e poi si recano al nido fra le canne». Anche tutti gli uccelli feriti, rapaci compresi, che vengono recapitati all’associazione Verdeblù di Castel d’Azzano, convenzionata con la Provincia, vengono testati. Al comando delle guardie provinciali si pensa di aumentare il «trappolaggio» con altre gabbie (quelle usate per estirpare le nutrie nella Bassa) anche negli altri ambiti territoriali di caccia del veronese legati all’acqua (il Garda, l’Adige, il Tartaro e le Valli Grandi). Mentre gli operatori turistici gardesani lamentano i disagi estetici provocati sui plateatici dalla presenza delle varie specie di anatre e di cigni (sorprendentemente calati di numero negli ultimi tempi) è fallito il progetto della cooperativa Albatros incaricata dalla Provincia del monitoraggio e della riduzione incruenta delle popolazioni degli acquatici. Si distribuiva cibo disgustoso agli anatidi per diseducarli dall’accettare pasture dalle persone, si rimuovevano le uova dai nidi (lasciandone un paio per evitare che la coppia andasse a costruirsene un secondo altrove, in siti meno accessibili) oppure, al posto delle uova fecondate se ne mettevano di legno: tutto fallito perché i Comuni gardesani non hanno finanziato l’iniziativa ecologicamente corretta.


Iscriviti al nostro canale Telegram per tutti gli ultimi aggiornamenti
Garda Flash News: notizie lampo, stile essenziale







