venerdì, Aprile 19, 2024
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Il «tesoro» dell’ospedale per ora resta al Comune Nel lotto dipinti, arredi antichi e la falsa mummia di Zanzanù

Un accordo sui beni mobili dell’ente sanitario

E’ stato siglato un accordo tra il municipio di Salò (rappresentato dal sindaco Giampiero Cipani), l’azione ospedaliera di Desenzano (Mauro Borelli, direttore generale) e l’Asl di Brescia (Carmelo Scarcella) sui beni mobili del fondo antico dell’ospedale di Salò, che anni fa, con il passaggio all’Ussl 40, si sparpagliarono. La convenzione stabilisce che i beni rimarranno per vent’anni al comune di Salò in comodato, da rinnovare alla scadenza. Se l’azienda di Desenzano decidesse di venderli, il Comune avrebbe un diritto di prelazione. Accordo contestato dall’opposizione. L’elenco è lungo: una tela del pittore Angelo Landi, due di Rota, un piccolo quadro a olio su ardesia, tre comò (un «Luigi XIV» placcato di legni pregiati, valutato 13 mila euro, uno «Impero» in noce, un «Luigi XVI» in ciliegio), armadi, scrivanie, tavoli (uno in legno di noce, uno con base a colonna finemente intarsiata di mogano, un altro con lo scrittoio), divani (uno è in legno intarsiato con motivi a conchiglia), una poltroncina «Carlo X», seggiole in legno di mogano stile Luigi Filippo. Poi ci sono una grande pala d’altare del Celesti, custodita nella chiesa di S. Bernardino, e alcuni dipinti. Per questi sarà stipulato un accordo con la Curia. Resta aperto il discorso della cappella dell’ospedale, dipinta dal Cresseri, che tra l’altro contiene un crocifisso ligneo e due sculture in terracotta: dovrebbe essere tutelata con vincolo specifico. Dell’argomento si è parlato nell’ultima riunione del consiglio. «Molti di questi mobili si trovano nella sede Asl di viale Landi, e sarebbe un peccato disperderli – ha detto il sindaco Cipani -. Ho fatto un paio di sopralluoghi, ma i funzionari non sono stati molto collaborativi, mandandomi in soffitta a vedere alcuni pezzi senza valore. Grazie alla collaborazione del mio predecessore, Giovanni Cigognetti, e di un dirigente, Sergio Tonacci, siamo risaliti all’intero malloppo». Nell’elenco sono compresi anche i preparati anatomici attribuibili al medico anatomista Giovanni Battista Rini. Si tratta di due busti interi, completi di testa e di capelli, e di altri reperti (braccia umane, torsi) che gli studenti di medicina dell’Ottocento usavano per le ricerche. Nato a Salò nel 1795, Rini fu un luminare nel suo campo. Morì nel 1856, lasciando per testamento la collezione, i manoscritti e gli strumenti all’ospedale di Salò. La leggenda vuole che i busti mummificati siano quelli del bandito Zanzanù e della sua donna. In realtà è falso: il bandito fu ammazzato due secoli prima. «Il comune – spiega la convenzione – provvede a sue spese alla custodia del materiale, ed è autorizzato a esporre il materiale in occasione di mostre, convegni o quant’altro. Per i beni di particolare interesse artistico e scientifico si impegna affinchè studiosi, esperti e, in generale, il pubblico ne abbiano la più ampia fruibilità». Marino, esponente di minoranza: «Tutta questa roba è stata donata all’ospedale dai cittadini che, nei secoli, hanno contribuito col loro impegno alla crescita di tale istituzione. Ma ora le comunità locali sono state depauperate. Una sorta di furto legalizzato, un modo di procedere che va bloccato. E’ una irrisione che, in caso di vendita da parte dell’azienda ospedaliera di Desenzano, il comune debba riacquistare beni che hanno un valore storico, artistico e affettivo».

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