venerdì, Aprile 19, 2024
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Dal Garda all’hinterland, tetti scoperchiati, migliaia di macchine rovinate In ginocchio l’agricoltura. Laboratori in difficoltà. Voglia di ripresa

Il giorno dopo l’inferno

La gente del Basso Garda, delle colline moreniche alza la testa sull’uragano di domenica notte, conta le migliaia di macchine ammaccate da colpi di grandine di mezzo chilo – 2mila per ogni paese dell’epicentro, tra Manerba e Raffa di Puegnago – controlla i tetti scoperti, calcola i danni alle botteghe e ai capannoni distrutti, sistema i camping. Il simbolo del disastro, di un’autentica calamità naturale da esibire alle autorità competenti, a certificazione di tutto il resto del disastro, è al crocevia di Manerba, tra i resti della fabbrica di birra degli Avanzi. E la grandezza dei costi e dello spavento viene regolarmente richiamata dalle macchine incontrate, una ogni dieci con il parabrezza e il lunotto sparacchiati. Auto da intifada, non da zona di ferie. Del resto, è stata una mezz’ora di guerra, raccontano ai camping nascosti nel verde, sul golfo di fronte all’isola dei Conigli. Il signor Berk, cinquantenne tedesco di Stoccarda, in vacanza nel camping Rio di Pieve di Manerba, la Pompei dell’eruzione venuta dal cielo bresciano, ci scopre giornalisti e ci porta, secondo la lingua dei gesti, a vedere una roulotte letteralmente spaccata a metà. Raccomanda di attenderlo, si allontana e ritorna poco dopo con una cinepresa. Mostra le ferite dell’uragano quasi in diretta sul monitor. Sono decine di roulottes con la pancia in su come se fossero ancora in fabbrica e invece sono state smontate dal vento e dalla grandine. Ovunque volgi lo sguardo trovi un ulivo, un pioppo, salici sradicati. Impressionano tre ulivi – «paghi di resistere», diceva il poeta – buttati ai lati di un prato, allo stesso modo con cui ti liberi di una bicicletta vecchia. Fuscelli. La nostra gente è già sui tetti. Chi sa adoperare un martello, una pialla o chiama chi li sa usare. Così capita nel centro storico di Moniga, a cento metri sulla sinistra e sulla destra dopo la farmacia, sulla strada che porta a Manerba. «D’altra parte – dicono al municipio di Moniga – dobbiamo arrangiarci. Non trovi un’impresa edile in giro. Sono in ferie. Inoltre ci sono lavori che puoi fare ed altri pericolosi». Siamo alla parte delicata, dei materiali pericolosi da smaltire. Le regole di molte case vecchie non stanno dentro le nuove regole e ci sono sostanze uscite dal ventre dei muri e dei tetti che non si possono mettere in discariche normali. Rifiuti speciali, dall’Asl, presto, indicazioni speciali. L’uragano, ci spiegano, si è presentato con la fedina penale di un uragano della Florida: ore 2,30, grandine fitta, proiettili tra i 3 etti e il mezzo chilo, impossibile metter fuori il naso. Ferito chi ci ha provato. Decine di persone sono state ricoverate all’ospedale di Desenzano. Una tedesca è stata colpita da infarto. Un ragazzo del centro di rimessaggio al porto di Moniga, Shani Miftari, macedone di 20 anni, è stato ferito mentre stava dormendo all’interno della roulotte. «Tre sfere di grandine – dice – hanno bucato l’oblò, due hanno sfiorato il fianco e la terza mi ha colpito alla schiena». «I danni, al centro di rimessaggio sono parecchi – aggiunge il responsabile Pierpaolo Bonetti – ma non è vero che gli stranieri se ne stanno andando. Dia un’occhiata ai parcheggi, ai porti, li vedrà pieni». Dopo i minuti della grandine, la pausa. «Pensavamo che tutto fosse cessato. Dieci minuti dopo è arrivata la tromba d’aria, quattro cinque raffiche di vento, di una potenza inaudita. E il lago, fermo come una palude, rendeva tutto surreale». Ci spostiamo verso Sirmione. L’uragano ha colpito duramente ovunque, ma da alcune parti più che in altre. Così che Padenghe, ha meno ferite della Valtenesi, ma ne ha più di Desenzano, quasi miracolata. E invece Sirmione, la antica quiete di Sirmione, è stata frantumata dagli attacchi di un uragano che è montato dal lago, ha sradicato un pioppo secolare di 100 quintali, vicino alle Terme, riducendo una Lancia Dedra alla piattezza di un panino. Fratturate alcune palme vicino all’entrata della città, l’uragano ha snobbato le difese del centro storico, venendo e s’è preso, come un ladro di storie indimenticabili, i cento ulivi del sito archeologico delle Grotte di Catullo. «Qui, adesso – dice un gruppo di turisti milanesi – stiamo come nelle buche in guerra: siccome la bomba è caduta da noi, non si ripeterà». Si torna nell’epicentro. Il sole, intanto, rincuora. I tedeschi fanno il bagno davanti all’isola Borghese.

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