martedì, Marzo 19, 2024
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Nei pressi di Malcesine si gettavano reti ed esche con metodi nati in tempi molto antichi ora patrimonio culturale del Benaco

Pesca tradizionale sul Garda

Sull' alto Garda, nei pressi di Malcesine, erano in uso metodi tradizionali di pesca le cui caratteristiche li fanno ritenere nati in tempi molto antichi.

Con le mutate condizioni ambientali sono velocemente scomparsi, ed è di notevole interesse fissarne il ricordo sulla carta per conservare una documentazione di preziose tradizioni gardesane.

Il metodo più antico è quello della pesca al cavedano (cavassin), che veniva praticata dopo il giorno di S. Marco (25 aprile), nei mesi di aprile e maggio in cui avviene la “frega” del pesce.

Lo strumento usato consisteva in un sacco di rete della profondità di circa 80 centimetri, con la bocca tenuta aperta da un largo cerchio di ferro piuttosto pesante, molto simile ad una doga di botte, del diametro di circa un metro e mezzo. La pesca veniva effettuata in acque poco profonde, vicino alla rive, dove il pesce va al tempo degli amori. Per attirarlo verso terra, il pescatore sfregava ritmicamente una contro l' altra due pietre, tenendole sott' acqua, cercando di imitare il rumore della ghiaia mossa e rotolata dalle onde. Altre volte cercava di ottenere lo stesso risultato stando sulla riva e sfregando le pietre fuori d' acqua, ma sempre molto vicino ad essa. Al rumore, i cavedani si avvicinavano a riva, sperando di trovare ghiaia pulita su cui fare il nido.

Quando vedeva che si erano avvicinati, il pescatore lanciava il cerchio sopra di essi, facendolo cadere nell' acqua leggermente inclinato, in maniera che scendesse al fondo più velocemente, sfruttando anche la forza impressa dall' uomo. In tal modo la rete veniva a cadere sopra i pesci che, cercando di liberarsi, risalivano verso l' alto. A questo punto il pescatore cominciava a recuperare l' attrezzo per mezzo di una lunga fune legata al cerchio. Così facendo, il sacco di rete si piegava verso l' esterno ed impediva ai pesci di sfuggire. Tirato a riva il cerchio e catturati i pesci, il pescatore cercava lungo la riva altri cavedani coi quali ripetere tutta la manovra.

Questo sistema è senza dubbio il più antico, e non è chi non veda una stretta analogia fra esso ed il sistema di lanciare le reti, munite di pesi, usato dagli indigeni dei Caraibi per la pesca. È evidentemente una sopravvivenza di tecniche arcaiche giunte sino a noi.

Un secondo metodo, che deriva direttamente dal primo, e che non è che un “ammodernamento” di esso, è quello che adopera una grande forcella di legno con un lungo manico. Fra i due bracci della forcella, di circa un metro di lunghezza, è posto un sacco di rete, non molto profondo, L' estremità superiore della forcella è chiusa da una corda alla quale sono legati dei piombi per aumentarne il peso e tutto lo strumento è talora chiamato gonfalon per una somiglianza con i gonfaloni delle processioni.

La pesca avviene a riva, calando velocemente la forcella sopra i pesci. Come nel caso precedente essi cercano di risalire e rimangono intrappolati nella rete, che viene poi tirata a riva orizzontalmente, in maniera che i pesci catturati restino sul fondo del sacco che si forma piegandosi la rete e non possano fuggire.

Un metodo di pesca scomparso con la posa di boe in acqua e con l' occupazione della battigia con cancellate, muretti ecc. è quello che veniva effettuato con la barchetta. Di questa barchetta ve ne erano forme svariate e più o meno complicate. Nelle forma più semplice si trattava di un pezzo di tavola di legno, ritagliato con la sagoma di una barca, della lunghezza di una quarantina di centimetri.

Vicino alla prua della barchetta, in un punto corrispondente al mascone della sagoma, era assicurato uno spago della lunghezza di circa 40 metri. A poppa di essa era legato un filo di nylon od un pezzo di lenza di 10/15 metri che finiva in un amo sul quale era infilata una foglia d' olivo, che quando era trascinata nell' acqua imitava il guizzare argenteo di un pesciolino. Il pescatore metteva in acqua la barchetta e camminava sulla riva, tenendo in mano lo spago che tratteneva la barchetta e tirandola lentamente.

Essendo trattenuta su di un fianco, la barchetta si dirigeva verso il largo ed il pescatore lasciava svolgere pian piano lo spago fino a che tutto non fosse svolto, poi continuava a camminare, trascinando la barchetta, sempre al largo per la tendenza a dirigersi verso l'esterno impressale dall' attaccatura del traino.

Quando un pesce abboccava all' amo dava uno strappo alla barchetta che il pescatore sentiva. Allora recuperava la barchetta e la lenza, catturava il pesce e ricominciava la passeggiata lungo la riva fino al prossimo recupero. Era una pesca al cavedano che veniva effettuata solo quando vi era vento ed il movimento delle onde confondeva un poco l'esca, in autunno, con la prima neve che ammantava la cima del ed il pesce tendeva a salire a galla.

Una forma più sofisticata di barchetta era formata da due pezzi di tavola di legno sagomati come la sezione laterale di una barca e collegati fra di loro con un' asse orizzontale, come un piccolo catamarano. Ad un quarto della lunghezza dalla prua di una delle due sagome era legato lo spago che tratteneva la barchetta. A tale spago, a circa 5 metri di distanza dal natante, era legato un primo filo di nylon di circa 1 metro e mezzo, con l' amo ed un' esca artificiale. Dopo di questo, a distanza regolare, vi era un' altra serie di fili di nylon con le esche. Il pescatore, camminando lungo la riva e trascinando la barchetta, la faceva andare verso il largo e veniva in tal modo a stendere tutta la serie di ami ed esche attaccati allo spago di traino.

La barchetta aveva in questo caso la sola funzione di restare sempre al largo e di mantenere teso obliquamente alla riva lo spago con le esche. Quando sentiva degli strattoni il pescatore recuperava la barchetta e toglieva i pesci che nel frattempo avevano abboccato agli ami.

Come si è visto, si trattava di una pesca possibile solo dove vi fossero rive totalmente sgombre. I pescatori anziani ricordano che veniva molto praticata camminando per lunghi percorsi, da Cassone a Malcesine o addirittura da Brenzone a Malcesine.

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