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Sul Garda un giudice e un pentito ricostruirono le «stragi di Stato»

C’è un filo che unisce la strage di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969 con i suoi 16 morti ed il clima mediterraneo favorevole alle degenze ospedaliere dell’Alto Garda, ed è lo strudel di passo San Giovanni. Con questa frase ad effetto, all’apparenza incredibile è iniziato l’intervento di venerdì sera del giudice Guido Salvini, invitato dall’associazione Mercurio e dall’Arci trentino presso l’auditorium del Conservatorio di Riva a parlare delle inchieste sulle stragi “di Stato” degli anni’70. Per spiegare l’arcano bisogna fare qualche passo indietro fin verso la fine degli anni’60: nel 1968 scoppia la protesta studentesca e l’anno dopo il famoso autunno caldo. Alcuni apparati dello Stato decidono di rispondere con atti intimidatori facendo scoppiare delle bombe: il caos che ne poteva seguire sarebbe stato l’alibi per un golpe reazionario effettivamente tentato nel 1970 da Borghese e nel 1974 da Sogno, il tutto con il beneplacito degli americani. E’ la “strategia della tensione” che passa per Trento, quando il 30 settembre 1967 due agenti della Polfer sono dilaniati da una bomba sull’Alpen Express. Seguirono delle vere e proprie stragi: piazza Fontana, la stazione di Gioia Tauro il 22 luglio 1970, Peteano il 31 maggio 1972, questura di Milano il 17 maggio 1973, piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio ed il treno Italicus il 4 agosto 1974. Questa lunga scia di sangue secondo il giudice Salvini non ha quasi più nulla di segreto: le prove raccolte sono schiaccianti, così come evidenti sono stati i tentativi di depistaggio che hanno ritardato di almeno vent’anni la verità. Salvini è partito da documenti rintracciati nell’area milanese di ex militanti di Avanguardia operaia coinvolti nell’omicidio Ramelli, un giovane di destra ucciso nel 1975. Ebbene il servizio di “controinformazione”, come si chiamava allora, aveva raccolto materiale determinante per mettere in collegamento i timers utilizzati per la strage di piazza Fontana con le cellule neo fasciste di Ordine Nuovo del Veneto. Ci voleva però qualcuno che parlasse. La svolta arriva da un personaggio chiave di Ordine nuovo, Carlo Digilio, l’esperto di armi ed esplosivi che confezionò tutte le bombe della strategia della tensione e che frequentava la base americana a Verona come agente della CIA. Digilio è ormai un combattente stanco che rientra in Italia da Santo Domingo e che accetta di collaborare. Ma ad un certo punto si ammala gravemente: viene ricoverato in una clinica della nostra zona e per un anno il giudice Salvini ed i suoi collaboratori vengono sul Garda ad interrogare proficuamente il Digilio ed a mangiare lo strudel di passo San Giovanni.Il quadro che ne esce è disarmante ed il pubblico presente non fiata per quasi tre ore. Uno degli apici è quando Salvini afferma che “la realtà ha superato la fantasia”: l’Italia degli anni’70 era veramente uno stato a sovranità limitata, che subiva una guerra strisciante che ha coinvolto pesantemente gli Stati Uniti ed alcuni apparati dei servizi segreti italiani e che si svolgeva su uno scacchiere internazionale compresso tra due blocchi, est ed ovest. Tutte queste verità, come ha aggiunto l’altro relatore della serata Nicola Biondo un esperto di terrorismo, non sono state scritte da storici ma da inchieste e sentenze giudiziarie e da qualche raro giornalista. Per parafrasare von Clausewitz, ora si potrebbe tranquillamente dire che “il terrorismo è la continuazione della guerra con altri mezzi”. Certo una guerra nascosta, misteriosa, che non rispetta regole o confini, sporca, ma pur sempre una guerra. Biondo ha dato anche una interpretazione delle altre stragi, quella del 27 giugno 1980 di Ustica (e quella gravissima di Bologna del 2 agosto 1980. Queste due stragi si inseriscono in un quadro internazionale con al centro dell’attenzione le fonti energetiche: in sostanza queste due non sarebbero le ultime stragi fasciste “di Stato” ma le prime di una fase di globalizzazione e quindi gettano un’ombra sinistra su quanto stiamo vivendo a partire dall’11 settembre del 2001. La conclusione della serata sarebbe amarissima: ci arriva in soccorso il sapore dolce dello strudel gardesano che ha gustato il giudice Salvini, una brava persona che ci fa riconciliare con le regole della democrazia.

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