Emergono speranze per l’ospedale caprinese, riaccese all’indomani della disponibilità dimostrata, da parte dell’assessore regionale alla sanità Fabio Gava, a rivedere la programmazione dell’Ulss 22 e quindi anche della struttura montebaldina. L’apertura arriva alla luce non solo delle tre sentenze favorevoli del tribunale incassate dal Comune di Caprino in fatto di deroga alla chiusura dell’ospedale, ma anche in considerazione delle emergenze in seguito all’incendio del Magalini di Villafranca e all’idea di vendere all’Inail l’ospedale di Malcesine con la necessità di trasferire reparti in altri ospedali dell’Ulss. Per informare i cittadini delle novità emerse in seguito alla recente audizione del sindaco in commissione regionale, l’amministrazione comunale ha indetto un’assemblea per giovedì alle 20.30, in sala civica. All’incontro sono stati invitati gli assessori e i consiglieri regionali e gli amministratori pubblici provinciali e locali, con l’obiettivo di raccogliere una definitiva e soddisfacente risposta in merito al mantenimento della struttura ospedaliera. L’assemblea sarà anche occasione di dare spazio alle polemiche politiche nate all’interno del Consiglio regionale in questi giorni, con la richiesta di dimissioni del direttore generale dell’Ulss 22, Renato Piccoli, arrivata proprio ieri da parte del consigliere regionale di Rifondazione Mauro Tosi che critica le dichiarazioni del dirigente, secondo il quale la chiusura di Caprino non può essere rivista. «Da sempre sosteniamo che l’ospedale di Caprino è indispensabile», puntualizza il sindaco Maria Teresa Girardi, «in quanto serve un’area molto vasta, in gran parte di montagna e con un bacino di utenza molto rilevante vista la presenza turistica sul lago di Garda». La linea difensiva che punta a riconoscere per l’ospedale l a delega per le zone montane è stata accolta sia dalle sentenze del Tar che dal Consiglio di Stato. Di qui il Comune non vuole recedere anche se, come ha più volte sottolineato l’assessore comunale alla sanità Antonio Gaspari, «non pretendiamo di certo la luna, ma soluzioni che garantiscano la funzionalità ospedaliera. La battaglia per avere in zona una efficiente sanità pubblica è stata avviata nel 1995, anno in cui il Comune comincia a contrastare i ridimensionamenti regionali di un ospedale che conta 160 posti letto divisi nei reparti: chirurgia, medicina, geriatria, psichiatria, servizio aggregato di dialisi e pronto soccorso, più servizi ambulatoriali vari. I primi tagli arrivano nel 1999 con la chiusura di chirurgia: le sale operatorie vanno a Bussolengo e così si cancellano 48 posti letto; vengono a mancare chirurghi e anestesisti per il pronto soccorso. Nel 2000, anno in cui il Comune ottiene la prima sentenza favorevole del Tar Veneto, la divisione medicina è accorpata all’ospedale di Bussolengo con contestuale riduzione dei posti letto da 45 a 23; la divisione geriatria è passata da 48 a 32 letti e il pronto soccorso trasformato in punto di primo intervento con la presenza del medico di emergenza solo dal lunedì al venerdì e solo di giorno. Nel 2002 il Comune incassa la seconda vittoria al Consiglio di Stato, ma viene eliminato anche per i ricoverati interni il servizio di endoscopia digestiva e i posti letto scendono a 72. Infine con la delibera regionale 3223 l’ospedale caprinese, nel piano della riorganizzazione della rete ospedaliera dell’Ulss 22, doveva essere trasformato entro il primo semestre del 2003 in centro sanitario polifunzionale. Situazione bloccata a seguito delle sentenze del Tar con accolto il ricorso avanzato dal Comune di Caprino.
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Giovedì in sala civica incontro con amministratori e consiglieri regionali protagonisti della riforma sanitaria. Il Comune mobilita la gente ma il direttore dell’Ulss insiste sulla chiusura


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