Home Storia del Garda Le storie di Rigù El Ciancòl ovvero il base ball di “quarta segata”

El Ciancòl ovvero il base ball di “quarta segata”

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Si gio­ca­va preva­len­te­mente nelle piazze per­ché era nec­es­sario avere uno spazio abbas­tan­za grande per due squadre di tre, quat­tro o più gio­ca­tori.

Era nec­es­sario dis­porre di un bel­lo spi­az­zo e, a quei tem­pi, le piazze o i sagrati delle chiese era­no i luoghi del miglior ritrovar­si anche per i giochi: si riem­pi­vano spes­so di gri­da e di corse, di giochi e di schia­mazzi fino a sera anche nei tem­pi di scuo­la.

Il gio­co si può parag­onare all’amer­i­cano base-ball, un base-ball però di quar­ta sega­ta, anche se, invece, i ragazz­i­ni fioren­ti­ni attorno al 1500, lo gio­ca­vano molto in quel­la cit­tà già nobile e sem­bra che lo abbiano pas­sato fino a noi; si chia­ma­va “il gio­co del­la Lip­pa”.

Gli attrezzi, in prat­i­ca due pezzi di leg­no, li prepar­a­vano i ragazzi ognuno per sé e con mol­ta atten­zione, sceglien­do pri­ma un ramo da un albero, per far­lo diventare poi un bas­ton­ci­no lun­go 10/12 cen­timetri e con un diametro di cir­ca un cen­timetro, e con un coltelli­no ben affi­la­to gli si face­va dopo una bel­la pun­ta (come quel­la delle matite) da ambo i lati.

Questo era il Ciancól vero e pro­prio, che dove­va essere col­pi­to con la Canèla ass­e­s­tando una pri­ma leg­na­ta su una delle due punte per far­lo rim­balzare un poco e ripren­der­lo al volo per lan­cia­r­lo lon­tano, molto lon­tano, con un’al­tra leg­na­ta ben ass­es­ta­ta.

La Canèla, in prat­i­ca un altro bas­tone un poco più grosso e più lun­go era la maz­za per colpire e scagliare il ciancól il più lon­tano pos­si­bile.

Le dimen­sioni di ques­ta era­no di 50/60 cen­timetri per la lunghez­za e di cir­ca due, o poco meno, cen­timetri di diametro.

Gli attrezzi era­no fat­ti col leg­no delle piante che cresce­vano sulle scarpate e delle rive dei fos­si, quin­di era­no prefer­i­ti il rubi­no, o il pla­tano, qualche vol­ta l’ol­mo (ormadèl), mag­a­ri sot­trat­to da una fasci­na ed anche di noc­ci­o­lo.

Si com­in­ci­a­vano a preparare d’in­ver­no per­ché fos­sero pron­ti per la pri­mav­era e l’es­tate aven­do cura di togliere ben bene la cortec­cia e livel­lare i nodi; non c’era pial­la, solo pazien­za ed un buon coltelli­no affi­la­to che qua­si tut­ti i ragazzi ave­vano ed usa­vano soltan­to per il gio­co, per tem­per­are le matite, per incidere le cortec­ce di qualche albero, ed anche qualche ban­co del­la scuo­la. Le regole e le dimen­sioni degli attrezzi pote­vano essere fis­sate dai gio­ca­tori e con­trol­late pri­ma del­l’inizio del gio­co.

Athos (Ragazz­i­ni) ci rac­con­ta quel­la adot­ta­ta nel Col­le­gio Civi­co di Salò nel­l’an­no 1949 dove allo­ra “dice­va” di stu­di­are: Canèla di cir­ca 60 cen­timetri, pari alla lunghez­za di quatèr Ciancói e na mà, quat­tro Ciancói ed una mano, la dimen­sione del­la parte da impugnare; Ciancól de des öndès ghèi, dieci/ undi­ci cen­timetri; Cian­culì era di diametro più pic­co­lo, un cen­timetro, ma una vol­ta ben col­pi­to anda­va molto lon­tano anche 50/60 canèle.

Un man­i­co di sco­pa pote­va anche essere, come sta scrit­to su qualche man­ualet­to di ricer­ca, oppor­tu­na­mente ridot­to, ben adat­to, ma non è da riten­er­si cred­i­bile fino alla fine degli anni 40 e al mas­si­mo 1952/53 epoca dove era già scarsa­mente pos­si­bile gio­care nelle strade.

Si pen­si all’au­men­to delle auto e la tele­vi­sione che com­in­ciò nel 1954, si può affer­mare che non se ne siano visti qua­si mai di mani­ci di sco­pa; ave­va dei costi e non pote­va essere tagli­a­ta per il gio­co quan­do diven­ta­va inservi­bile, sem­mai era usa­ta per qualche bot­ta sul sedere da parte dei gen­i­tori per il trascu­rare i quaderni ed il trop­po gio­care.

Ora vedi­amo le regole: si può gio­care a squadre, oppure sin­go­lar­mente; ognuno per sé. Nec­es­sario fare la con­ta per sta­bilire chi “sta sot­to”, in prat­i­ca chi deve bat­tere il ciancól; la con­ta si fa a “par o dis­pèr” cioè pari o dis­pari, o “bim bum bam”, oppure il clas­si­co “la Madó­na d’i limù la va fin a trentadù” e si con­ta in giro bat­ten­do sul pet­to dei con­tati fino a trentadue; si trac­cia, con la canèla o con un sas­so appun­ti­to det­to sgàia, un cer­chio del diametro da 5/6 pas­si a cir­ca 10 sec­on­do lo spazio di gio­co, quel­lo libero nel­la piaz­za.

Al cen­tro del cer­chio si mette il ciancól dove va il bat­ti­tore (quel­lo che “sta sot­to” e che è sta­to des­ig­na­to dal­la con­ta) men­tre gli altri gio­ca­tori, fuori dal cer­chio, atten­dono la bat­ti­tu­ra per colpire e rib­at­tere a loro vol­ta; la bat­tuta si fa in due tem­pi, colpen­do il ciancól una pri­ma vol­ta su una delle punte per far­lo roteare e soll­e­vare abbas­tan­za da colpir­lo nuo­va­mente ed al volo per lan­cia­r­lo con forza il più lon­tano pos­si­bile; il bat­ti­tore nel momen­to del suo lan­cio deve gri­dare ciancól!

Gli altri devono pure gri­dare chèl vègne! cioè che ven­ga. Il gio­co è com­in­ci­a­to (si pos­sono fare solo tre ten­ta­tivi di lan­cio sen­za essere elim­i­nati).

Sti­amo atten­ti a cosa può suc­cedere adesso e come si vince (o si perde): se il ciancól viene pre­so al volo da uno dei gio­ca­tori riceven­ti (difen­sore), è imme­di­ata­mente elim­i­na­to il bat­ti­tore; se il ciancól invece cade sul ter­reno, il più vici­no dei difen­sori lo deve rib­at­tere con la sua canèla per riman­dar­lo nel cer­chio del­la parten­za e dove il bat­ti­tore lo osta­col­erà cer­can­do di resp­inger­lo con un altro colpo al volo.

Se però il ciancól cade all’in­ter­no del cer­chio viene elim­i­na­to il bat­ti­tore; se invece il ciancól cade sul ter­reno nel caso in cui il difen­sore non abbia rag­giun­to il cer­chio con suo rilan­cio ed anche se il lan­cio e la cadu­ta sul ter­reno (quin­di fuori dalle pos­si­bil­ità di tiro al volo) sia dovu­ta al rilan­cio da parte del bat­ti­tore, quest’ul­ti­mo può coman­dare un pat­teggia­men­to per l’asseg­nazione del pun­teg­gio. E qui com­in­cia una sor­ta di trat­ta­ti­va e di cal­coli e poi di mis­urazioni, spet­ta al bat­ti­tore fare la pri­ma dichiarazione ed il difen­sore può accettar­la o con­tes­tar­la; la misura è deter­mi­na­ta dal numero di canèle e cioè del bas­tone, che dis­tano dal lim­ite del cer­chio di bat­tuta. Sin­go­lare la mis­urazione fat­ta spes­so in accom­pa­g­na­men­to qua­si in coro, e con il bat­ti­tore che ruo­ta la sua canèla chi­na­to e seg­nan­do ogni dieci numeri una riga sul ter­reno segui­to da tut­ti i gio­ca­tori;

Quante mèn dét? chiede il difen­sore

Tèn dó sin­quan­ta risponde il bat­ti­tore

L’al­tro può accettare e perde, oppure non accetta e risponde gh’en dise!

Quin­di si misura; se il risul­ta­to è infe­ri­ore al dichiara­to (nel nos­tro caso cinquan­ta) perde chi l’ha dichiara­to e cioè il bat­ti­tore ed il numero delle canèle con­tate diven­ta pun­ti da asseg­nare al vin­cente, se invece è supe­ri­ore vince e guadagna in pun­ti il numero delle canèle risul­ta­to.

È nec­es­sario aggiun­gere un’al­tra cosa.

Sic­come il Ciancól sbat­tuto con la Canèla, salta, rim­balza, gira e gira ha per­me­s­so di indi­care con il suo stes­so nome una per­sona, sva­ga­ta, che cam­bia opin­ione di fre­quente, che non sa pren­dere deci­sioni, insom­ma che non ha una lin­ea defini­ta di com­por­ta­men­to.

La bat­tuta (a voce sta­vol­ta) è dire ad uno “te sèn cian­col”, men­tre la mal­izia è dire in giro “chèl là l’è’n ciancól”.

Del pic­co­lo leg­net­to che gira­va e gira­va, pren­den­do leg­nate, ma con­tento di far gio­care e anche lit­i­gare è rimas­ta solo ques­ta ered­ità nel nos­tro dialet­to.

Bib­li­ografia e ringrazi­a­men­ti

G.B.Melchiori – Vocabo­lario bres­ciano – ital­iano. ed 1817 – ristam­pa anasta­t­i­ca 1985 da la Nuo­va Car­tografi­ca –Bres­cia

Sto­ria di Bres­cia – da Trec­ca­ni per Ban­ca San Pao­lo ‑1961 – Mor­cel­liana editrice ‑Bres­cia

Ennio Boniz­zar­di – Tana lib­era per tut­ti – Com­pag­nia delle Pive — Vobarno

e poi dal­la voce e dal­la memo­ria del­l’au­tore e di quel­la dei già esper­ti gio­ca­tori:

Bertazzi Alde­maro, Bertoli Euge­nio, Flo­ri­ani Rinal­do, Pit­tigliani Nan­do, Ragazz­i­ni Athos, Rossi Lui­gi, Schena Nan­do, Tom­masi Roberti­no (in ordine alfa­beti­co e qua­si di età).

(trat­to da “i quaderni del Rigù”)

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