domenica, Giugno 29, 2025
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Una quindicina di produttori hanno visitato la zona del Bordeaux, in Francia, dal Medioevo simbolo della coltura della vite. Il segreto? Grande densità di piante ed elevata redditività

I vignaioli della Valtenesi nella «capitale del vino»

Un viaggio di istruzione in Francia, nelle terre del Bordeaux. Lo hanno compiuto una quindicina di vignaioli della Valtenesi, guidati all’enologo salodiano Giuseppe Piotti. «Nelle varie zone (Pessac, Sauternes, Graves, Saint Emilion, Fronsac, Pauillac, Moulis) abbiamo visitato una grande cantina, una media da 10-15 ettari e una piccola – spiega Piotti -. Siamo andati Chateau Haut Brion, Brondelle, Haut Bergeron, Toinet Fombrauge, Haut Lariveau, La Grave, Lynch Bages, Anthonic e Lafite Rothschild». Quest’ultimo vigneto è di proprietà (in parte) della famiglia Agnelli, per via di Marella Caracciolo, moglie dell’Avvocato. In cantina ci sono bottiglie antichissime, alcune di 230 anni fa, utilizzate per pranzi speciali (il presidente della Repubblica, la visita di un capo di Stato) o destinate a collezioni private (ricchi industriali, manager, ministri). Ogni 25 anni vengono stappate e rabboccate. «Il loro clima – aggiunge l’enologo – è meno favorevole del nostro, tanto che là ottengono poca uva per ogni pianta. Hanno però una densità di 10 mila piante per ettaro, contro le 3 mila della Valtenesi. La redditività, però, è molto alta. Tanto per dire: una famiglia della zona del Bordeaux riesce a vivere con quattro ettari di vigneto, cosa da noi impensabile». Il gruppo gardesano, che in passato aveva visitato la Borgogna, lo Chablis e la Champagne, è rimasto colpito non tanto dai metodi di lavorazione o di vinificazione, ma dall’organizzazione. Gli enti creati dai contadini effettuano analisi dei terreni, selezione dei cloni, studio delle tecniche produttive. Sette laboratori distribuiti in varie località studiano la qualità dei tappi e dei vini, sperimentano, organizzano corsi di informazione e aggiornamento, indicano soluzioni per lo smaltimento delle acque reflue, ecc. Prendete il caso della flavescenza dorata, una sorta di virus che fa morire la vite in due anni. E’ diffuso da una cicalina che salta da una foglia all’altra, come la zanzara della malaria. Da noi la soluzione del problema è affidata alla buona volontà del singolo. In Francia no. Appena scatta l’allarme, la legge obbliga all’espianto immediato. Inoltre tutti i contadini della zona devono effettuare il trattamento di insetticidi entro 48 ore, altrimenti rischiano la denuncia penale e sanzioni amministrative. Nel corso della settimana i valtenesini sono andati a visitare anche una fabbrica di barrique, le botti di rovere da 225 litri, alcune enoteche, la Camera dell’agricoltura della Gironda, il chiostro dei Cordeliers. Bordeaux è diventata la capitale del commercio del vino già nel Medioevo, sia per la posizione strategica (poteva controllare la circolazione fluviale su Gironda, Dordogna e Garonna), sia per i privilegi ottenuti dagli inglesi che, durante la dominazione dal XII al XIV secolo, cominciarono ad apprezzarne la qualità. Nonostante guerre, carestie e rivoluzioni, le navi hanno continuato a portare casse di bottiglie oltre Manica e nelle città tedesche e scandinave. Il capolavoro di «marketing» si compì nel 1855, quando l’imperatore Napoleone III incaricò il sindacato degli agenti del vino di Bordeaux di stilare la classifica dei grandi crus. L’operazione ha conferito prestigio all’intero territorio, tanto che la graduatoria è diventata una pietra di paragone costante. Nel Medoc, ad esempio, al primo posto ci sono i crus Lafite Rothschild, Latour, Margaut, Haut Brion e Mouton Rothschild; nel Barsac e Sauternes, lo Yquem; a S.Emilion, l’Ausone e il Cheval Blanc, e così via.

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