sabato, Aprile 20, 2024
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L’11 e il 12 aprile del 1848 le truppe austriche fecero scempio di Castelnuovo, bruciando 236 case e trucidando 113 persone.

Lo scempio del nemico Castelnuovo a fuoco e 113 cittadini trucidati

L’11 e il 12 aprile del 1848 le truppe austriche fecero scempio di Castelnuovo, bruciando 236 case e trucidando 113 persone. L’incendio, alimentato dal vento, durò per tutta quella notte e nel giorno seguente divampò in modo da essere veduto dalle postazioni occupate dall’esercito piemontese oltre il Mincio. «Le racchette incendiarie grandinavano da tutti i lati con code scintillanti, le quali sprizzavan razzi e fiammelle che si sfioccavano a lembi, e cadendo sul capo dei miseri borghigiani, tutti li scottavano, e le vesti delle donne incendiavano» scrive Agostino Noaro, a capo della colonna dei volontari, «che il nemico penetrò in Castelnuovo come in una città presa d’assalto, mentre l’incendiato e inerme paese era solo stato occupato da cinquecento volontari, che per la prima volta si trovavano esposti ad una continua pioggia di proiettili, mitraglie e razzi incendiari. Durante il combattimento il continuo sonare a storno d’ogni campana dava alla battaglia un aspetto religioso». La chiesa di Castelnuovo fu depredata e violata. Sulla porta fu uccisa ed arsa da un razzo Giustina Negri e un certo Luigi Gaburro, ferito in un confessionale, morì in seguito a Valeggio. Una fanciulla, Maria Rossi, figlia di Lorenzo, già trucidato, si alzò incolume dal gruppo dei fucilati. Essendo stata vista, fu portata al capitano Mauler che la seviziò. Maria Rossi fu poi salvata da un soldato italiano del reggimento Haugwitz, il quale la coperse con un grembiule macchiato di sangue per farla credere morta. Nelle parole di padre Antonio Bresciani (“L’Ebreo di Verona”) rivive la tragedia di Castenuovo «presso Peschiera, borgata sì popolosa, ricca e fiorente, or fatta mucchio di sassi, e di tanti tizzoni spenti, bruciatovi quant’era dentro d’uomini e di bestiame». Il colpo di mano su Castelnuovo è interessante per il carattere rivoluzionario dell’azione militare condotta da volontari lombardi nelle retrovie austriache. Noaro piombò a Castenuovo coi suoi volontari e, sorpresi i soldati, li disarmò e li fece prigionieri: i graduati erano austriaci e i soldati italiani; questi ultimi vollero entrare nelle file italiane, giurarono fedeltà e furono incorporati, ma purtroppo non erano che dei traditori. Le molte decine d’insepolti, su consiglio del medico di Sandrà – il dottore Giuseppe Palazzieri – furono composte sopra un’enorme catasta di legna, cui fu appiccato il fuoco. Partiti gli austriaci, un silenzio di morte calò su Castelnuovo. Per molto tempo il paese fu inavvicinabile per il fetore dei cadaveri in putrefazione.

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