Le nuove strade, come il tunnel tra Vallagarina e Basso Sarca, favoriscono l’aumento del traffico, quindi chiamano nuovi parcheggi. Argomento alla ribalta da anni, sia a Riva che ad Arco e Torbole, dove accanto alle tradizionali (i parcheggi in superficie) si sono prese in considerazione anche soluzioni che non comportassero sacrificio di territorio. Sappiamo che dei silo interrati saranno presto realizzati ad Arco (viale delle Palme e Foro Boario) e a Riva (via Pilati). Per quanto riguarda invece quelli ricavati scavando nella roccia delle montagne, oltre gli abbozzi di progetto non si è mai andati.Un errore, secondo Nerio Giovanazzi, consigliere provinciale de Il Centro ed ex assessore ai lavori pubblici, al quale bisognerebbe rimediare investendo risorse nella ricerca, nello studio e realizzazione di queste soluzioni alternative. Niente di straordinario, se pensiamo che in Austria e Svizzera, tanto per citare i paesi più vicini e simili al nostro, i parcheggi nella roccia esistono da vent’anni. E funzionano egregiamente soprattutto in funzione della vivibilità dei centri storici ad alto interesse turistico.Come dicevamo, le idee qui non sono mancate. A Riva si guardava alla Rocchetta, ad Arco alla rupe del Castello.Era il 1990 quando il consiglio comunale rivano approvava il primo Piano parcheggi della città. Risale ad allora la proposta lanciata da Pietro Matteotti di scavare nelle viscere della montagna che ruba il sole al centro molte ore prima del tramonto. Dai 300 ai 500 posti macchina più 30 posti per i pullman, con camminamenti che sboccavano in via Monte Oro e per i quali poteva anche essere parzialmente riutilizzato il percorso del rifugio costruito durante la guerra e accessibile dalle scalette di piazza S.Rocco. Non sarebbe esatto dire che non se n’è fatto nulla, perché, come ricorda il vicesindaco, nel Prg che entrerà prossimamente in vigore è previsto a nord della Centrale Enel un parcheggio con opzione: scavato nella roccia oppure realizzato a balze sulle pendici della Rocchetta.Ad Arco, invece, a lanciare l’idea fu Alleanza Nazionale attraverso Enzo Benedetti, che 8 anni fa sedeva in consiglio comunale. Fu interessato un architetto di Trento, che immaginò un grande parcheggio scavato nella Rupe con entrata a poche decine di metri dal ponte, camminamenti con sbocco in più punti del centro storico e una sorta di ascensore che risalisse in quota, avvicinando il Castello ai visitatori. Più avveniristica rispetto a quella rivana, la proposta di Benedetti non suscitò interesse nè negli amministratori comunali, nè (figuriamoci) in qualche imprenditore lungimirante, e fu quindi riposta nel cassetto. Il problema di queste strutture, spiega Pietro Matteotti, è principalmente il costo. Alto, senza dubbio. Troppo alto se preso come dato assoluto, a sè stante. Certamente più abbordabile, invece, se si considerano i benefici indotti, come sottolinea anche Nerio Giovanazzi nella sua interrogazione. Il risparmio di territorio prima di tutto, l’assenza di vincoli urbanistici e la salvaguardia del paesaggio. Giovanazzi ne indica un altro: l’allargamento delle sedi stradali, e quindi il miglioramento dei flussi di scorrimento del traffico, nell’ipotesi che i parcheggi nella roccia siano talmente capienti da permettere di eliminare molti dei posti macchina che le costeggiano, soprattutto nelle adiacenze dei centri. Quei centri storici, osserva il consigliere provinciale, rispetto ai quali si ragiona solo in termini di conservazione, dimenticando che sono anche luoghi di vita.
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