lunedì, Maggio 6, 2024
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Mentre l’azienda è impegnata in un progetto di trasferimento dell’intera unità produttiva a Pratomaggiore, tra Villa e Cunettone. «Dopo l’incendio del 4 febbraio ci avevano dato 100 giorni di blocco, ce l’abbiamo fatta in un mese»

Una ripresa a tempo di record per la Tavina

L’incendio del 4 febbraio ha rischiato di compromettere seriamente l’attività della Fonte Tavina di Salò, che invece ieri mattina è ripartita alla grande, dopo il rallentamento di queste settimane. A causa di un corto circuito erano bruciati il lungo nastro trasportatore, dieci quadri elettrici, un’etichettatrice, un’imbottigliatrice e materie prime per il confezionamento. I muri, anneriti dal fumo; il pavimento, sollevato da terra. L’intera linea C, dove l’acqua minerale viene messa nelle bottiglie di plastica (ne escono 22mila all’ora), completamente k.o. Danni limitati per la D, che ha una capacità di 17mila, e per il magazzino vicino. Nessun problema, invece, per il capannone riguardante le bottiglie di vetro.«Quella domenica mattina – ricorda l’amministratore delegato, Armando Fontana – sembrava di entrare in un cimitero. Si era salvata solo una soffiatrice. Un disastro che sollevava interrogativi e tanti cattivi pensieri. Alle 9 i dipendenti si sono presentati spontaneamente, molti avevano le lacrime agli occhi. Ma tutti si sono rimboccati le maniche, dando una dimostrazione di attaccamento all’azienda, di generosità e disponibilità che mi ha stupito. Luisa Bonometti, in nome e per conto delle organizzazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil di Brescia, si è messa a disposizione per qualsiasi necessità. Come, ad esempio, la richiesta di cassa integrazione. Ma non c’è stato bisogno, non abbiamo dovuto ricorrere a provvedimenti straordinari. La Sanitaria di Gavardo ha provveduto a effettuare le pulizie; in tre giorni la multinazionale Munster ha bonificato la linea D, smontando i motori, rimettendo in piena efficienza ogni parte, riadattando le etichette, ecc. E abbiamo ricominciato la produzione su questo nastro».«Per ripristinare la linea C – prosegue Fontana, che parla a fianco di Beniamino Paterlini, rappresentante sindacale interno – avevamo inizialmente pensato di sostituire i macchinari interpellando in fretta e furia imprese sia italiane che straniere. Ma non c’era nulla che facesse al caso nostro. Abbiamo allora deciso di recuperare e ricostruire quelli esistenti, andati bruciati. La Procomac di Parma ci ha chiesto 120 giorni di tempo. Troppi. Nel nostro settore non è possibile rimanere fuori dal mercato così a lungo. Si corre il rischio di perdere i clienti. Da qui la decisione, concordata con l’azienda emiliana, di suddividere il lavoro tra varie ditta. Una si è occupata dei nastri trasportatori e due dei quadri elettrici. Altre hanno sezionato la sciacquatrice e la riempitrice, assemblandole. I macchinari sono stati smontati, trasferiti nel parmense, sistemati (da un’ottantina di persone, che hanno lavorato a turni per tre settimane consecutive), riportati a Salò, ricollocati. I miglioramenti funzionali dovrebbero aumentare la capacità produttiva oraria. In ogni caso credo sia stata compiuta un’autentica impresa. I vigili del fuoco, intervenuti il 4 febbraio, avevano parlato di almeno 100 giorni di tempo. Noi siamo riusciti a farcela in un mese. Con un investimento che si aggira sui tre milioni di euro».Per ringraziare i dipendenti, Fontana ha invitato tutti i dipendenti (incluse le mogli) a un pranzo, domenica 25 marzo. L’occasione per festeggiare la ripresa. Rammentiamo che la Tavina sta giocando un’altra partita su un campo diverso. Da alcuni mesi è finita nell’occhio del ciclone per la richiesta di trasferirsi a Pratomaggiore, la piana situata tra le frazioni di Villa e Cunettone, e di riconvertire l’attuale stabilimento (19mila mq. coperti, più 4mila su un piano soprastante, 65 operai, 200 milioni di bottiglie all’anno, di cui il 70% di plastica e il 30% di vetro, una quantità giornaliera che oscilla dalle 700 mila nel periodo invernale al milione e 600 mila in estate, quando la gente è assetata, e i consumi aumentano) in 120 mila metri cubi di volumetria residenziale.

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