giovedì, Aprile 18, 2024
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« Bisogna essere uniti per difendere la bontà dell’olio extra vergine»

D’accordo esperti e produttori

Un prodotto di nicchia che va valorizzato ma anche tutelato e protetto attraverso l’ottenimento della Dop. Queste le conclusioni a cui sono giunti i relatori presenti al convegno indetto dall’Adiconsum di Verona in collaborazione con il Comune di Brenzone, «Dalle origini alla qualità dell’olio extra vergine di oliva del Garda», tema dell’incontro. «L’ottenimento della certificazione di qualità non è semplice perché bisogna che il prodotto risponda a precisi requisiti richiesti dallo specifico disciplinare», ha spiegato Michele Abruzzi, valutatore del Centro sperimentale per la qualità alimentare di Thiene. Per ottenere la Dop in primo luogo bisogna garantire la zona di provenienza, cioé dimostrare l’ubicazione in zona Dop di uliveti, di precise percentuali varietali e che la coltivazione sia avvenuta secondo tecniche tradizionali. I secondi requisiti richiesti riguardano la molitura, cioé le fasi di raccolta, trasporto e stoccaggio. La percentuale massima ammessa è di 50 quintali per ettaro, la spremitura deve avvenire in una zona identificata dal disciplinare entro 5 giorni dalla raccolta e la resa deve essere del 22 per cento per quintali di oliva. Poi il prodotto deve avere caratteristiche fisico chimiche e organolettiche ben precise. Infine il confezionamento deve essere documentato con contrassegni numerati per garantire la rintracciabilità del prodotto e le etichette devono avere riportata l’annata di produzione.» «Ma la cosa più importante è poter documentare ad un organismo indipendente, come il Csqa, di aver rispettato questi requisiti», ha concluso Abruzzi. «Quindi mappe catastali, registri di mollitura, etichette. Vale a dire tutto ciò che serve a provare di essersi attenuti al disciplinare. L’ultima parola spetterà poi solo all’Unione europea». Ma altrettanto importante per il rilancio dell’olio del Garda è la necessità di superare particolarismi. Per Alfonso Garampelli, Adiconsum veneto, «l’importante è fare squadra. Gli olivicoltori devono muoversi uniti, fare filiere insieme a ristoratori e a quanti possono proporre questo prodotto sul mercato», ha detto Garampelli. «La commercializzazione c’è già. L’olio fa parte del paniere agroalimentare di un territorio eccezionale nel suo insieme». «L’olio del Garda è un prodotto di nicchia che va valorizzato perché ha costi di produzione elevatissimi, se lo si lascia anonimo sul mercato rischia di scomparire». Luigi Miele dello Ial Cisl è intervenuto con un resoconto della storia dell’olivicoltura sul Garda. «Produrre olio sul Garda è sempre stato difficile per l’asperità del terreno. Le prime coltivazioni risalgono all’alto Medioevo, all’incirca nel IX secolo, quando, dopo la caduta dell’Impero romano e la chiusura delle vie commerciali, non fu più possibile importare quello spagnolo», ha spiegato. «Solo allora i contadini disboscarono, terrazzarono il terreno e piantarono i primi olivi in una zona ritenuta fino ad allora impervia e poco adatta climaticamente. Il Garda infatti è la zona più a Nord di tutto il Mediterraneo dove cresce l’olivo. I motivi furono essenzialmente religiosi, era l’unico grasso che si poteva consumare al posto di quello animale nei periodi di quaresima e poi serviva per illuminare le cappelle perché considerato sacro e puro. E grandi fruitori furono proprio i monasteri, da quello di San Zeno a quelli di Bobbio e San Colombano, vicino a Piacenza. Dal Medioevo ad oggi le tecniche di coltura, raccoglitura e mollitura non sono cambiate un granché, è adesso che stiamo assistendo a grandi trasformazioni. Ma sul nostro olio pesa la concorrenza di quelli di altre regioni che sono meno cari. Proprio per impedire contraccolpi dannosi soprattutto per i piccoli produttori bisogna tutelarlo in tutti i modi possibili». Antonella Traina

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