Smontate le tele del famoso pittore seicentesco. Due anni di restauri costeranno 155 mila euro

In cura il trittico del Celesti

13/03/2003 in Cultura
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Di Luca Delpozzo
Sergio Zanca

E dopo tre­cen­to anni tre tele di Andrea Celesti, di gran­di dimen­sioni, 28 metri qua­drati cias­cu­na («La cadu­ta di Simon Mago», «Cristo che con­seg­na le chi­avi a San Pietro», «Il mar­tirio dei san­ti Pietro e Pao­lo»), sono state tolte dal­l’ab­side del­la chiesa par­roc­chiale di Toscolano per essere trasportate in cit­tà, nel lab­o­ra­to­rio di Gian Maria Casel­la, dove saran­no restau­rate. La «depo­sizione», inizia­ta mart­edì pomerig­gio, si è con­clusa ieri. Le tre opere, che era­no col­lo­cate sopra l’an­ti­co coro lig­neo, alle spalle del­l’altare mag­giore, sono state schio­date dalle cor­ni­ci baroc­che dorate, arro­to­late su un rul­lo e car­i­cate su un camion. Nec­es­sario l’in­ter­ven­to di una squadra di esper­ti e del­la Soprint­en­den­za per i beni stori­ci e artis­ti­ci di Man­to­va. Il restau­ro dur­erà almeno due anni. Il par­ro­co, don Faus­to Pran­del­li, con­ta di coprire il cos­to (supe­ri­ore ai 155 mila euro, 300 mil­ioni di vec­chie lire) con le offerte di aziende e famiglie. Un Comi­ta­to cercherà di sen­si­bi­liz­zare asso­ci­azioni e popo­lazione. «Il grande trit­ti­co ha il suo ful­cro nel­la sce­na di Cristo che con­seg­na le chi­avi a S.Pietro — affer­ma Isabel­la Marel­li -, ed è com­ple­ta­to dai due episo­di ai lati, in una com­po­sizione rac­chiusa nelle gran­di diag­o­nali che con­ver­gono ver­so la figu­ra del Padre. Sul­lo sfon­do di cieli azzur­ri, attra­ver­sa­ti da nubi rosate e lampi di luce, si affol­lano per­son­ag­gi accu­rata­mente descrit­ti. «Quan­to a Simon Mago, che si van­tò di essere il più potente, è ritrat­to men­tre si lan­cia da una torre di leg­no, con com­pli­ci trav­es­ti­ti da demoni. Ci sono svolazzi ver­di e vio­let­ti, e crea­ture dagli occhi di bra­gia. Nel­la piaz­za le donne spaven­tate indos­sano gonne a righe col­orate. I sol­dati sfog­giano arma­ture da para­ta, elmi dai lunghi pen­nac­chi e spadoni dal­l’el­sa trafo­ra­ta. Il dig­ni­tario si pavoneg­gia in un lun­go pas­tra­no di seta verde, e osten­ta una mon­e­ta anti­ca appe­sa alla cate­na d’oro. L’im­per­a­tore occu­pa un pos­to di riguar­do sul trono improvvisato. Sem­bra di assis­tere a un momen­to di vita di corte o di un melo­dram­ma. Non man­cano, infat­ti, il nano con la giub­ba azzur­ra rica­ma­ta d’ar­gen­to e l’im­man­ca­bile scimi­et­ta. Lo sguar­do del­lo spet­ta­tore res­ta attrat­to e mer­av­iglia­to di fronte alla vari­età mul­ti­col­ore di per­son­ag­gi, sup­pel­let­tili e arre­di». Di Andrea Celesti non si conoscono con certez­za nè la data di nasci­ta (forse il 1637) nè quel­la di morte (attorno al 1712). Dopo avere lavo­ra­to a Venezia, si trasferì sul lago di Gar­da. «La leggen­da — pros­egue Marel­li — sostiene che era sta­to mes­so al ban­do dal doge Alvise Con­tari­ni, offe­so da una tela che lo ritrae­va con le orec­chie di asi­no, allu­sive alla sua igno­ran­za in mate­ria di arte. Una sto­ria roman­ti­ca, prob­a­bil­mente con­t­a­m­i­na­ta dal­la cul­tura otto­cen­tesca per la quale la genial­ità di un pit­tore era lega­ta a un carat­tere impul­si­vo e ribelle, ma con­trad­det­ta dal­l’in­ten­sa attiv­ità svol­ta da Celesti fra il 1688 e il ’90 per le chiese di Desen­zano, Salò, Avio, nel munici­pio di Lona­to, poco con­sona a un esil­ia­to». A Toscolano si unì in mat­ri­mo­nio con Mar­ti­na Davagni, pre­sen­ti Sci­p­i­one Delai, Camil­lo Sgraf­fig­no­li e Giro­lamo Tam­agni­ni, che appartenevano a ric­che famiglie locali e che, come mem­bri del­la Con­fra­ter­ni­ta del SS.Sacramento, gli com­mis­sion­arono le dec­o­razioni del­la par­roc­chiale Con il pas­sare del tem­po, le opere del Celesti si sono dete­ri­o­rate, tan­to che nel 1990, in occa­sione di una cam­pagna del per la sal­va­guardia ed il recu­pero dei beni, si com­in­ciò a par­lare del­la neces­sità di inter­venire sulle splen­dide tele. Nel ’93 Gian Maria Casel­la restau­rò otto teleri («La vocazione di Pietro e Andrea», «La pesca mira­colosa», «San Pietro lib­er­a­to dal carcere», «San Pietro che risana lo stor­pio», ecc.) e gli stem­mi che ornano le cor­ni­ci dei fine­stroni. A dis­tan­za di dieci anni, l’op­er­azione è ripresa.

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