sabato, Aprile 20, 2024
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Un bilancio lusinghiero per il gruppo di volontari che lavorano da anni nella Guinea Bissau

Le missioni tra i poveri? «Sono una scuola di umiltà»

Marco e Daniela hanno rinunciato ai regali di nozze. E si sono sposati nella chiesetta di Cisano invitando gli amici a non comprare nulla: meglio destinare i quattrini a chi ha poco o nulla. L’operazione Africa dei volontari di San Felice del Benaco è ricca di gesti come questo. Dice Annunciata: «Il contatto con gente così semplice, ospitale, povera ma dignitosa ha toccato il cuore di tutti. Ci ha fatto capire che siamo parte di un mondo immenso. Ognuno di noi può fare qualcosa e allungare una mano, in modo che si formi una catena. Senza accorgersene, cambia la propria scala di valori». Stefania: «Io e mio marito Fabio abbiamo scelto una vacanza diversa dal solito. Così siamo andati in Guinea. Un’esperienza che ci ha fatto riflettere, e messo un po’ in crisi. Presi dal vortice stressante dei ritmi quotidiani, ci fermiamo poco a pensare. Là, invece, pur avendo bisogno di tutto, sono ricchi dentro». Mattia: «Mi sono adeguato a fare un po’ di tutto: il muratore, il falegname, il manovale, l’imbianchino. Ho scoperto la bellezza di gettare un seme. Sto imparando a essere umile e più piccolo. In una terra dove il tempo sembra essersi fermato, chi arriva convinto di dover civilizzare è costretto a un profondo esame di coscienza». Nel salone dell’ex palazzo comunale di San Felice, alla presenza di un folto pubblico, sono stati ricordati i dieci anni di spedizioni in Africa, con la proiezione delle splendide immagini di Oscar Saletti. «Nel ’92 – ricorda Annibale Bissolati, ex vicesindaco – 18 volontari hanno deciso di partire per una terra lontana e sconosciuta: la Guinea Bissau, una ex colonia portoghese sulla costa atlantica. Con gli anni, il mal d’Africa ha coinvolto altre persone: di Roè Volciano, Salò, Polpenazze, Villanuova, Calcinato, Lonato. Tanto da arrivare a un numero di 85, tutti accomunati dallo stesso desiderio di solidarietà: portare aiuto a una popolazione priva di mezzi. Il periodo propizio per andare è da dicembre alla fine di gennaio. Due i motivi: clima favorevole (non piove e il caldo è sopportabile, pur raggiungendo i 30-35°) e, nel periodo natalizio, c’è più disponibilità di tempo da parte nostra». Il primo intervento, nel gennaio ’92, a Mansoa, una cittadina a 60 chilometri dalla capitale Bissau, per realizzare un nuovo edificio polivalente di 350 metri quadrati (poi adibito a scuola di cucito, ambulatorio, servizi igienici, locali per incontri), circondato da un ampio porticato, ritenuto indispensabile nella cultura abitativa africana. Nel 92-93, a Bissorà, 100 chilometri dalla capitale, la ristrutturazione di un edificio esistente, per complessivi 430 mq. (alloggi delle suore missionarie, sala cucito e altre stanze pluriuso). Nei due anni successivi, sempre a Bissorà, la costruzione della chiesa parrocchiale di 400 mq., con un portico di 200 mq. e gli affreschi dietro l’altare. Margherita: «Non sapevo quali colori portare. Così ho scelto i più allegri e i più forti. E ho dipinto un grandissimo albero di poilon, la pianta sacra». Nelle due spedizioni seguenti la realizzazione della casa polivalente a Bissau: 400 mq. più i soliti 200 di porticati. Nel 97-98, a Quelele, il centro per le suore francescane (300 mq.): accolgono ragazze che studiano, garantendo loro vitto, alloggio e copertura delle spese scolastiche. Nel ’99, a causa della guerra, il gruppo di San Felice ha cambiato rotta, andando in Brasile, a San Paolo. Là ha rifatto il tetto di un asilo e di un centro di formazione per adolescenti. Nel 2000 di nuovo a Bissau, a riparare i danni provocati dal conflitto. Adesso, a Mansoa, la costruzione a rustico (struttura portante e murature) della casa per le suore, e a Quelele l’installazione di un serbatoio da 3000 litri per l’acqua potabile, appoggiato a una struttura tralicciata in ferro. Là hanno paura a scavare i pozzi: andando sotto terra restano magari senza respiro, e danno la colpa agli spiriti. Ogni volontario deve pagarsi le vaccinazioni e il biglietto aereo. Il gruppo provvede all’acquisto dei generi alimentari necessari al periodo di permanenza (pasta, scatolame, acqua, formaggio), e li invia due mesi prima con un container, assieme alle attrezzature e ai materiali (sabbia, cemento) che servono per i lavori da effettuare. L’ingegner Roberto Benedetti manda con largo anticipo i progetti, in modo da ottenere le autorizzazioni. «Vedervi sgobbare assieme – ha detto suor Gianna Rosolin – ha aiutato la gente del villaggio a essere meno egoista, ad acquisire il senso del gruppo e della comunità. La testimonianza di un valore importante».

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