mercoledì, Aprile 24, 2024
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Un tuffo nel passato, un balzo indietro di quasi quarant'anni che ha riportato a Rovereto le emozioni di quella favolosa epoca, i mitici «anni elettrici».

Positivo concerto con le band degli anni sessanta

Un tuffo nel passato, un balzo indietro di quasi quarant’anni che ha riportato a Rovereto le emozioni di quella favolosa epoca, i mitici «anni elettrici». E su quest’onda di revival, di quello vero e sentito ben distante dagli show catodici di lustrini e pailettes, l’altra sera si e radunata al Romy’s pub di corso Bettini mezza città. Sul palco, ovviamente, c’erano loro, i gruppi, i cantanti, i giovani di allora che bazzicavano nei vari locali deliziando gli avventori con le canzoni da juke box. Erano feste, quei ritrovi se-rali al Salone Novello, all’hotel Venezia, all’Ancora, al Circolo Italia, al Vittoria, al Maffei oppure al Cral, all’Eden Barozzi, all’Osteria Vaccari. E festa, una grande festa, e stata pure mercoledì al Romy’s, un posto di-verso, rivolto ai ragazzi ma che per una sera e stato pervaso da quell’aura magica che ha allietato più generazioni di roveretani. Che, per inciso, hanno imbracciato nuovamente gli strumenti soffiando via la polvere del tempo e dimostrando che la musica, la voglia di Stare insieme, di divertirsi non ha età. Per cinque ore si e suonato e cantato, con un pensiero che e andato a ritroso facendo rivivere vecchi amori, vecchie beghe anche ma soprattutto ha rinverdito un sipario di vita di città che era solo stata momentaneamente accantonata e non già buttata come le vecchie cose che riposano in soffitta fino alle pulizie primaverili.Oggi come allora si e tirato tardi e alla fine, a notte fatta da un pezzo, e stata dura per chi calcava la scena staccare la spina, riporre il basso, la chitarra o la tastiera e tornarsene a casa, dalla famiglia, a prepararsi per l’ufficio, per lo studio professionale, per il negozio. Già, erano propri anni elettrici quelli ma l’energia non se n’e andata con i capelli, non e ingrigita con quelli rimasti, anzi.A tirare le fila di questo evento assoluto ci ha pensato Dario Turco che, dopo aver divorato il libro di Giorgio Candioli, ha fatto tesoro delle sue espe-rienze con «Street Music» e ha calamitato il mucchio. Quelli i dio Benedetti? Certo che no e i allora via con un siparietto jazz sostenuto dal trombettista Lele Lauter e da Tino Vecli al contrabbasso.Ognuno ha recitato la sua l parte, ha contribuito a prendere per mano il pubblico ma pure se stesso interpretando i classici, la colonna sonora di i una giovinezza che, vista la verve dell’altra sera, sembra non tramontare mai. Cosi, quando Gianfranco Brusco, sorretto dagli Anima del Suono, ha intonato «Il primo giorno di primavera» e stata subito apoteosi. E quasi il pub non riusciva a contenere i boati al balzo felino sul palco di Paola Battistata. Gran • voce la sua che l’età non ha rovinato; anzi, l’ha avvicinata alla dama della musica italiana, quella Mina a cui, non a caso, ha dedicato «Parole». Non prima di aver emozionato anche quelli che allora era pargoli o i poco meno con «C’era un ragazzo…», pezzo storico che Mario Lusini «regalò» a Gianni Morandi. I Giullari hanno poi dato la base a Gianni Paolini, Altra carrellata di evergreen: «Tre settimane da raccontare», «Vorrei la pelle nera», «Amore scusami» e avanti in duetto con Paola per «Parole» e «A chi».In platea c’era chi ricordava i vari musicisti com’erano. II giovane Vittorio Micheli con il suo sax e ancora elegante mentre Tino Vecli non riesce proprio a star fermo. Passa dal basso al contrabbasso e quando canta «24 mila baci» e «Sono stanco» il pubblico e tutto per lui. Prima, la folla si era alzata ad applaudire ancora Paola Battistata che ha rispolverato il suo disco, «Hai bruciato il mio cuore», e ha infiammato i cuori assieme a Gianfranco Brusco con «Anima mia». In cinque ore c’e stato spazio anche per Antonio «Buscaglione» Carosini e per i Koala, con l’avvocato Mario Dapor («teso come fosse in corte d’assise», ha riso qualche collega) alla voce e al basso.II sipario e stato lasciato a Gianni Caracristi ma dopo, a festa finita, e stato il momento della session, dell’improvvisazione che, proprio per fissare il tempo, non ha scordato «Yesterday». Eh si, l’altra sera sem-brava proprio ieri e invece oggi, per tutti, e giä dopodomani.

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