giovedì, Aprile 25, 2024
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Lanciato un allarme dalla sponda veronese: sotto accusa gli scarichi delle fognature. La soluzione? «Per prima cosa va migliorata l’efficienza del collettore»

Qualità dell’acqua, il lago peggiora

«Gli scarichi delle fognature hanno peggiorato la qualità dell’acqua – afferma il biologo Giorgio Franzini, responsabile dell’ufficio lago di Garda dell’Arpav, l’Agenzia regionale di protezione ambientale, dipartimento di Verona e della riviera orientale -, facendo aumentare anche la produzione delle alghe e, di conseguenza, la possibile presenza di quelle tossiche, come l’Anabaena lemmermannii e la microcystis, le cui tossine provocano problemi gastroenterici». E per il futuro? «Si sta andando verso un lento ma inarrestabile peggioramento della qualità che, se non verrà fermato, potrebbe causare (entro trent’anni) il divieto dell’utilizzo dell’acqua del lago come acqua potabile». Le pompe la prelevano a San Felice del Benaco, Manerba, Moniga, Desenzano e Sirmione e, sulla sponda veronese, a Brenzone, Garda, Torri, Castelletto, Pai. Prima di immetterla nella rete idrica, la sottopongono a una serie di trattamenti di potabilizzazione (ozonizzazione, filtrazione, clorazione). «L’unico modo per rallentare il processo – continua Franzini – è migliorare l’efficienza del collettore, eliminando gli scarichi legati, ad esempio, agli sversamenti dopo forti temporali». L’Arpav preleva campioni e studia le alghe che, spesso, fioriscono ricoprendo la superficie con una «moquette» puzzolente e costosa, la cui rimozione costa parecchi milioni. La crescita delle piante viene influenzata dalla trasparenza dell’acqua (che dipende dalle onde), dal livello (le «macrofite», ad esempio, crescono a una profondità non superiore ai dieci metri), dal vento (se l’acqua è limpida, passa più luce), dai nutrienti sul fondo (i reflui urbani fanno da concime). «Per le nostre conoscenze, non prevediamo che nel 2002 possa di nuovo accadere un fenomeno simile – conclude il biologo -. In realtà potrebbe essere un caso unico, come accaduto nell’Adriatico per la mucillaggine, scomparsa da sola, così com’era venuta. Dalla scorsa primavera abbiamo effettuato ricognizioni in tutte le zone a rischio, da Manerba a Lazise. I risultati delle analisi saranno pronti dopo il 10 gennaio. «Considerando, però, che il ciclo vitale delle piante acquatiche dura un anno, ne occorreranno altri tre per avere dati sicuri e confrontabili. Le indagini vengono condotte assieme all’Autorità di Bacino del Po di Parma, all’Agenzia provinciale per l’ambiente di Trento (Appa), al Centro rilevamento ambientale di Sirmione e al Cnr di Milano». Quanto alla strana moria di pesci e cigni, verificatasi in estate, Franzini crede che si tratti di un’infezione da Aeromonas, batteri ambientali normalmente presenti in quantitativi non elevati. Sotto accusa gli scarichi abusivi e lo stesso collettore. «Nel giro di un anno – afferma – conosceremo la verità».

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