Intorno all’anno Mille sorsero i primi gloriosi «Comuni d’Italia». Non a caso anche Lazise fu comune proprio intorno all’anno mille precisamente il 9 maggio 983 grazie al Diploma di Ottone II. E fu proprio in quel periodo che in Italia si svilupparono le prime pievi, ovvero cappelle soggette alla matrice (diocesi). Le pievi nel veronese organizzarono ecclesiasticamente le campagne a cominciare dal quarto secolo. Erano modellate sulla chiesa del vescovo: nel capoluogo la matrice con il sacro fonte e un collegio di chierici, nelle ville del distretto cappelle subalterne: pievanili e private. Le pievi rurali esercitarono una benefica funzione, religiosa e sociale. Nel periodo turbolento delle invasioni barbariche raccolsero le scintille ancora vive della civiltà, afferma Don Agostini, «svilupparono il commercio attorno al tempio, con fiere e sagre, cooperando con i grandi monasteri mediante l’istituzione di ospizi per i pellegrini, sostituendo il rovinato sistema stradale romano con un nuovo sistema di comunicazioni detto monastico pievanile; tramandato di generazione in generazione, favorendo l’istituzione appunto dei gloriosi comuni». A Lazise il primo pievano che la storia riporta è Gisemperto (983). Nel diploma di Ottone II è detto presbyter. Fu tra i 18 capi del paese ai quali l’imperatore concesse i noti e importanti privilegi, tra i quali quelle di fortificare il vecchio castello. Poche sono le notizie sui chierici che operarono a Lazise. Queste però, come ben sottolinea ancora Don Agostini, sono di grande importanza perché riflettono la storia generale della disciplina ecclesiastica: decaduta con il decadere delle pievi, durante la cattività avignonese (1308-1377) e lo Scisma d’Occidente (1378-1417); ristabilita in seguito alle prescrizioni del Concilio di Trento. Il secondo chierico fu Totto (1077). È il primo pievano che appare con il titolo di arciprete. Figura, con i diaconi Lazzaro e Dionisio, nel numero dei rappresentanti del paese che ebbero dall’imperatore Enrico IV importanti esenzioni e il dominio della silva Ligana. Il terzo fu Paride (1170), il quarto Bono (1184), il quinto Nicolò (1273). E si arriva fino al XX secolo. Alessandro Mazzoni è il 44 pievano e si insedia a Lazise nel 1906. Vi rimane fino al 1932. Fu colui che impose al comune di trasformare la torre campanaria di S. Martino, all’attuale cimitero, in un sepolcro con cappella, tomba e loculi. Monumento da poco restaurato ad opera dell’Amministrazione. Nel 1933 giunge mons. Giuseppe Mantovani, il 45° pievano della storia di Lazise. Il 46° fu Don Sisto Valle che arrivò nel 1953. A lui successe mons. Zeffirino Furri, poi passato alla guida della parrocchia di Soave e fino alla morte responsabile del Centro culturale Toniolo. A Lazise ha lasciato un grande segno. A lui successe mons. Giuseppe Boaretto il quale si impegnò per l’edificazione del centro giovanile parrocchiale. Dal 1982 regge la parrocchia di San Martino Don Edoardo Sacchella, il 49° pievano di Lazise.
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Si chiamava Gisemperto e fu tra i 18 capi del paese che ottenne privilegi da Ottone II. Tra i responsabili contemporanei il compianto monsignor Rino Furri
Il primo pievano di San Martino arrivò in paese oltre mille anni fa
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