lunedì, Novembre 17, 2025
HomeAttualitàRomano Mussolini: le memorie gardesane
Il grande jazzista aveva un profondo legame col lago. Dopo l’infanzia a Villa Feltrinelli era tornato a Gargnano anche per esibirsi in concerto. Nei libri del musicista scomparso molti passaggi importanti della parabola discendente del padre

Romano Mussolini: le memorie gardesane

La morte di Romano Mussolini (ne parliamo anche a pagina 42) ha avuto una vasta eco anche sul Garda bresciano: un’area con la quale il musicista discendente del dittatore del ventennio aveva un legame profondo. Lo si deduce anche leggendo i suoi libri. In particolare quelli più recenti pubblicati da Rizzoli: «Il Duce mio padre» (2004) e «Ultimo atto. Le verità nascoste sulla fine del Duce» (2005). Il jazzista nacque nel 1927 e visse a Villa Feltrinelli di Gargnano con la famiglia durante il drammatico periodo della repubblica di Salò; e a Gargnano tornò alcune volte in tempi recenti, anche per un concerto. Ai tempi della residenza gardesana, la madre lo mise al corrente che per abitare Villa Feltrinelli pagavano un canone mensile di ottomila lire. L’edificio «era signorile e sorgeva a poca distanza dal lago – raccontava il nostro personaggio – dal quale lo separava un uliveto. La facciata era decorata con marmi rosa e l’aspetto generale era davvero suggestivo. Una volta entrati nella villa, però, la musica cambiava: le stanze erano molto trascurate e il mobilio in parte danneggiato». Fu la madre, insieme alla servitù, a rimettere tutto in ordine. «Aveva disposto un minuzioso piano di pulizie e riorganizzato le cucine, dove ogni giorno trascorreva almeno due ore con i capelli raccolti in un fazzoletto e i fianchi cinti da un grembiule». In breve tempo, la residenza «fu lucidata a specchio». Durante le passeggiate in bicicletta nel parco della villa in riva al Garda, il Duce si aprì con il figlio ad alcune confidenze. Gli disse per esempio che i tedeschi volevano sistemare a Salò i propri collaboratori «in una fila di vagoni letto fermi nella stazione ferroviaria». Nel libro «Ultimo atto. Le verità nascoste sulla fine del Duce», Romano ha ricordato anche il concerto jazz tenuto a Gargnano, a poca distanza da Villa Feltrinelli oggi trasformata in un albergo di lusso, confessando le proprie emozioni: «Le sensazioni che ho provato visitando l’edificio sono inesprimibili. Mi sono anche seduto al pianoforte nel grande salone oggi scintillante di marmi e adorno di tende di velluto. Com’era diverso da quello che avevo conosciuto! Mi trasmetteva una sorta di brivido. Perché pensate: di tutti i miei familiari che hanno abitato qui al tempo della caduta del fascismo, solo io sono ancora vivo». Nei suoi libri il musicista ha testimoniato anche altre storie gardesane; fra cui la relazione di suo padre con Claretta Petacci. La madre cercò in tutti i modi di scusare il marito e disse a Romano: «In tanti anni non ha fatto mancare niente né a me né a voi. È stato un padre e un marito affettuoso; e soprattutto mai ha permesso che quella donna venisse a contatto con uno di noi». Romano comprese che Claretta era legata a suo padre «da qualcosa di molto forte, come i terribili avvenimenti del 1945 avrebbero dimostrato al mondo intero». E commentò: «Quell’uomo e quella donna, così soli davanti ad avvenimenti così grandi, mi tornano alla mente nelle circostanze più diverse. È successo anche di recente, quando sono stato a suonare con la mia formazione jazz sul lago di Garda. Per raggiungere il luogo del concerto, a Gargnano, sono passato davanti a Villa Fiordaliso, la “casa dei morti” in cui Claretta Petacci si era stabilita. Quell’edificio ha risvegliato in me una serie di brucianti ricordi. Mi ha riportato alla mente l’incontro di mia madre con Claretta e il dramma solo per poco non sfociato in tragedia che a esso seguì». Rivelò anche quanto accadde durante e dopo la ben nota scenata a Villa Fiordaliso di Gardone Riviera. La madre raccontò: «Il sangue mi pulsava nelle tempie, e per un attimo il cuore smise di battere quando quella donna entrò nella stanza. Stringeva fra le mani un fazzoletto di velo, come una sciantosa, ed ebbe su di me uno strano effetto. Mi sembrò indifesa, mi parve simile a una fragile pianta. Fu in quel preciso momento, l’ho capito solo più tardi, che mi lasciai disarmare da lei». Poi donna Rachele si riprese e accusò la Petacci di «aver messo al sicuro in Germania alcune lettere compromettenti del Duce». La giovane uscì dalla stanza e salì al piano di sopra. Quando ricomparve aveva fra le mani un fascio di carte e disse alla moglie del Duce: «Queste sono trentadue lettere che vostro marito mi ha scritto. Io ve le consegno perchè non sono una ricattatrice». Romano commentò che dallo scontro la madre era uscita sconfitta. «Sentiva di aver perso il suo uomo; comunque aveva capito che nessuno sarebbe riuscito ad allontanarlo da quella donna». Tornata a Villa Feltrinelli di Gargnano «compì un gesto disperato. Si chiuse nella stanza da bagno e, presa una bottiglia di candeggina, ne bevve alcuni sorsi». Fu una cameriera a soccorrerla e a salvarla. In un altro suo libro, Romano Mussolini fece rivelazioni definitive sul carteggio Churchill-Mussolini. Scrisse che quelle lettere erano per lo statista inglese «una grossa spina nel cuore». E voleva recuperarle perchè «tutte imbevute di ammirazione e di attestati di amicizia» nei confronti del Duce. Un incartamento «del quale da sessant’anni viene di tanto in tanto annunciata la ricomparsa, posso dire che questa è del tutto improbabile: infatti io stesso bruciai buona parte di quell’epistolario. Era rimasto nelle nostre mani dopo la precipitosa partenza di mio padre da Gargnano, e fu proprio lui a raccomandarmi di far sparire tutto quanto poteva risultare compromettente. Il carteggio Churchill cessò di esistere, quanto meno nella sua interezza, nell’aprile 1945».

Articoli Correlati

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

In Evidenza

Dello stesso argomento

Ultime notizie

Ultimi Video