martedì, Maggio 30, 2023
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Chiesetta di San Zeno di Bardolino Piccola e modesta? Solida e vivace!

Tra le più antiche chiesette del nos­tro lago, San Zeno di sorge all’in­ter­no di una corte pri­va­ta –che prende il suo nome– sul lato destro del­la Garde­sana per chi viene da Verona.

San Zeno, purtrop­po, pas­sa spes­so inosser­va­ta, essendo in parte cop­er­ta da abitazioni e mostran­dosi ester­na­mente piut­tosto sem­plice e sobria. A croce lati­na, nel com­p­lesso è molto pic­co­la ‑ci stan­no appe­na una venti­na di seggioline‑, muni­ta di una sola nava­ta con volte a botte e di un tibu­rio e di un altare leg­ger­mente rialza­ti. Il pavi­men­to è cos­ti­tu­ito da rozzi e con­sumati riquadri mar­mor­ei.


La data di costruzione è da fis­sar­si durante gli ulti­mi anni del­l’VI­II o i pri­mi del IX sec­o­lo, dal momen­to che la cap­pel­la è nom­i­na­ta in un diplo­ma risalente all’807

Man­ca un cam­panile vero e pro­prio: una pic­co­la cam­pana, infat­ti, è pos­ta entro un sosteg­no in muratu­ra, sim­i­le a quel­li che si osser­vano sui tet­ti delle case coloniche.

La data di costruzione è da fis­sar­si durante gli ulti­mi anni del­l’VI­II o i pri­mi del IX sec­o­lo, dal momen­to che la cap­pel­la è nom­i­na­ta in un diplo­ma risalente all’807.

Si trat­ta di una chiesa car­olin­gia che sarebbe sta­ta dona­ta da re Pipino all’Ab­bazia veronese di San Zeno Mag­giore, in segui­to alla traslazione delle reliquie del san­to. Un’an­ti­ca leggen­da vuole che la pieve sia sta­ta costru­i­ta da un mae­stro coma­ci­no –forse di Como, cer­ta­mente del­la Val Padana- che, tor­nan­do da Verona, fu vit­ti­ma di brig­an­ti, così si rac­co­mandò a San Zeno e fece voto di edi­fi­care una chiesa in suo onore, una vol­ta scam­pa­to al peri­co­lo.

La chieset­ta ave­va il cap­pel­lano, des­ig­na­to dal­l’a­bate di San Zeno Mag­giore, era dota­ta di ter­ra e di una casa, sot­to il cui por­ti­co si roga­vano atti notar­ili e si ammas­sa­vano rac­colti campestri.

Non solo divenne cen­tro di svari­ate attiv­ità, ma si riv­elò anche un edi­fi­cio assai resistente: fu l’u­ni­ca prob­a­bil­mente fra tutte le chiese verone­si ad aver super­a­to indenne il vio­len­to ter­re­mo­to che colpì il 3 gen­naio del 1117 Verona e din­torni. Di inten­sità pari a 6,4 del­la scala Richter, il ter­re­mo­to non risparmiò nem­meno monas­teri e mon­u­men­ti, tra cui la recinzione ester­na del­l’Are­na del­la quale rimane soltan­to la carat­ter­is­ti­ca “ala”. Nel 1530 la chiesa ave­va una ren­di­ta di 32 “bacede” d’o­lio e un val­ore di 200 ducati, poi, nei sec­oli seguen­ti, fu con­ver­ti­ta ad usi pro­fani; soltan­to nel 1863 fu dona­ta di nuo­vo al cul­to.

Gra­zie ai lavori di restau­ro del 1960, a cura del­la Sovrin­ten­den­za ai Mon­u­men­ti, sono sta­ti recu­perati due edi­cole e i fram­men­ti di alcu­ni affres­chi. Nelle nic­chie dei brac­ci lat­er­ali sono rap­p­re­sen­tati rispet­ti­va­mente una Madon­na con Bam­bi­no e un San Pietro, entram­bi dai col­ori sor­pren­den­te­mente acce­si e dai ben niti­di con­torni; sul­la parete absi­dale invece, si riconosce un Cristo den­tro una man­dor­la sor­ret­ta da due angeli.

San Zeno, al tem­po, dove­va essere molto col­orata, come dimostra­no i toni anco­ra vivacis­si­mi delle dec­o­razioni pit­toriche che, prob­a­bil­mente, inter­es­sa­vano l’in­tera parete inter­na.

A ciò si aggiunge il mar­mo rosso di sei colonne, non incor­po­rate al muro ma appog­giate ad esso, una delle quali pre­sen­ta un capitel­lo ion­i­co romano orig­i­nale.

Ciò che più colpisce è il duplice volto che la chieset­ta offre all’osser­va­tore: all’ester­no ricor­da qua­si una fortez­za per i trat­ti sev­eri; all’in­ter­no, invece, anche se poco è rimas­to, si per­cepisce tut­ta la sua anti­ca vital­ità e l’im­por­tan­za di un luo­go che era di sicuro prezioso per la comu­nità: una pieve pic­co­la pic­co­la, ma tan­to accogliente.

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