La dinastia dei fotografi Emanuelli festeggia in il secolo ininterrotto d’attività. Nei decenni si sono succedute tre generazioni, tutte con la passionaccia per la macchina fotografica. Il capostipite Francesco, il figlio Armando, il nipote Fabio, che tuttora continua la tradizione. Le foto più rappresentative saranno pubblicate in un volume che uscirà a giorni. Spiccano gli stupendi panorami della Busa e della prediletta Arco, poi le immagini che formano uno spaccato di cento anni di vita arcense.Uno spaccato unico, perché fino a circa 20 anni fa, gli Emanuelli erano i soli fotografi di Arco e dei dintorni, testimoni di quasi tutti gli avvenimenti lieti e tristi.Il capostipite Francesco venne avviato al «mestiere» nel 1901 quand’era ancora tredicenne. Ebbe la fortuna di essere ammesso nello studio, già affermato, del tedesco Grassemann, presso l’odierna villa Italia, accanto al Casinò. Grassemann era il fotografo più richiesto della danarosa nobiltà mitteleuropea che soggiornava nella città degli olivi. Per la clientela d’elitè, Grassemann disponeva di un’enorme quanto inconsueta sala di posa, che occupava l’intero primo piano della villa con un’unica vetrata sui tre lati dell’edificio. All’epoca non esistevano i riflettori che oggi forniscono la giusta luce al momento del clic. Bisognava sfruttare la luminosità del sole e calibrarla con le tende che oscuravano il lungo finestrone. Per il giovane Francesco la gavetta fu assai pesante: il metodico fotografo germanico pretendeva la perfezione. Allora si operava con lastre di vetro dove si impressionavano le immagini, quindi si passava al ritocco. Con un pennellino e molta pazienza e maestria, si abbellivano le fattezze delle persone, soprattutto del gentil sesso. Francesco conobbe, grazie all’apprendistato da Grassemann, la realtà delle differenze sociali. Le foto dei nobili e della borghesia locale avevano il formato standard di 13×18 centimetri. Il popolino, in quei tempi in miseria, si accontentava di dimensioni ridotte, per via dei costi.La prima guerra mondiale sconvolse la vita del giovane Francesco, che dovette lasciare la città. Le sue capacità di fotografo lo scamparono dai tristi campi profughi e potè riprendere il lavoro presso un fotografo di Innsbruck. Qui rimase fino al 1920. Tornato ad Arco, Emanuelli ebbe la fortuna di acquisitare lo studio di villa Italia, dove continuò il suo lavoro fino alla morte nel 1973 (lavorò fino al giorno prima del decesso). Furono decenni laboriosi durante i quali però Francesco riuscì a coltivare anche la fotografia artistica. Diede il meglio di sè con i panorami della Busa, presi dal Calodri, o dal Brione o dalla Volta di Nò; gran parte di essi si possono ammirare al Casinò ed in municipio. La quotidianità dello studio era invece fatta di ritratti di famiglia in occasione di battesimi, comunioni, cresime e matrimoni. Quindi i vari avvenimenti di «cronaca» come la visita del re Vittorio Emanuele.Le capacità professionali di Francesco vennero riconosciute ad un concorso a Parigi dove ricevette una medaglia d’oro. Nel frattempo nello studio aveva cominciato a lavorare il figlio Armando. Fu un’esperienza breve, purtroppo, perché Armando morì in un incidente stradale a Caneve, mentre si recava a Dro per scattare foto di un matrimonio. Al fianco di Francesco da allora ci fu la moglie Assunta, donna energica che diresse lo studio di villa Italia fino al 1978, anno in cui la «premiata ditta» fu costretta a traslocare in via via Vergolano.Fabio Emanuelli iniziò a lavorare nello studio di villa Italia. Con lui il nonno Francesco adottò lo stesso metodo teutonico di Grassemann: la gavetta è gavetta. La scomparsa del padre e poi del nonno costringe il giovane Fabio a mettersi ben presto a capo dell’azienda. Fino al 1978, quando lasciò villa Italia, ebbe l’aiuto della nonna Assunta.«Oggi la gente ricorre spesso alla fotografia – afferma Fabio Emanuelli – Solo che la tecnologia in continua evoluzione e le maggiori disponibilità economiche hanno fatto fiorire il «fai da te» a discapito della nostra categoria. Recentemente l’informatica ha fatto capolino anche nel settore fotografico e sta succedendo una rivoluzione copernicana. Se vuoi sopravvivere, devi specializzarti, altrimenti si chiude bottega». La specialità di Fabio Emanuelli sono i matrimoni, tant’è che è tra i vincitori di prestigioso concorso nazionale. Il suo cruccio è di non avere «eredi»: quando andrà in pensione, la dinastia degli Emanuelli tramonterà. I suoi figli hanno intrapreso strade diverse.
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Immagini che formano uno spaccato unico di vita arcense