Sul Trisacco non ci piove: la nobile arte che Salò vuole «codificare» è una tradizione sacra pure a Desenzano, dove i cultori del «poker dei poveri» sono ottimi e abbondanti anche fra i giovani. Ma i per i compaesani di Sant’Angela c’è pure un altro antichissimo gioco di carte, il «Dubilù», che da un paio d’anni è tornato in auge, salvato dall’oblio grazie a un colpo di coda della memoria storica paesana. La riscoperta è merito di alcuni giocatori di trisacco che un bel giorno, per variare, si sono ricordati di quest’altro vecchio gioco, meno impegnativo, più veloce, più «soft»: assomiglia un po’ alla scopa. Agli albori del terzo millennio, il dubilù ha ripreso piede, tanto che in qualche bar (al «Combattenti», per esempio), si è ricominciato perfino a organizzare dei tornei non ufficiali. «Dubilù». Sarebbe a dire? È un’impresa trovare qualcuno che sappia spiegare con precisione l’origine del nome (si accettano contributi: chi sa, parli). Meno difficile è imbattersi, se si frequentano le osterie giuste, in qualche drappello di accaniti giocatori. «Anch’io sono un appassionato di “dubilù” – confessa divertito Cino Anelli, che di Desenzano è stato il penultimo sindaco – e sono stato contento quando, qualche anno fa, si è ricominciato a praticarlo». «È un vecchio gioco bresciano, e in particolare desenzanese, che assomiglia un po’ alla scopa d’assi e un po’alla “Cicera” bresciana. Si gioca con 52 carte da trisacco – spiega l’ex sindaco -, ma rispetto al trisacco è un passatempo meno teorico, più rilassante. A dubilù non si può più di tanto bluffare, non ci sono le sottigliezze e i tatticismi del poker: è un gioco così alla buona. Ma anche questo è tradizione, e io mi ci diverto».
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A Desenzano è ritornato in auge il «dubilù» un antico gioco di carte dal nome misterioso