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La famiglia di Titus Heydenreich [1936–2013] — XV parte

Come già si è rifer­i­to, Titus Hey­den­re­ich, figlio di Lud­wig rino­ma­to docente di Sto­ria del­l’Arte, era nato ad Ambur­go, ma quan­do il padre nel 1943 era sta­to scel­to come respon­s­abile dei Beni Artis­ti­ci in Italia e spec­i­fi­cata­mente a Firen­ze, ave­va pre­so res­i­den­za con tut­ta la famiglia in Toscana. Qui Titus ave­va inizia­to a fre­quentare scuole ital­iane e pros­eguirà gli stu­di clas­si­ci a negli ulti­mi mesi di guer­ra e per qualche tem­po dopo il con­flit­to. Infat­ti, men­tre il padre, nom­i­na­to Diret­tore dei Beni Cul­tur­ali a Mona­co, nel 1946 andrà in Baviera, la madre si fer­merà pro­prio a Milano.

Titus sia per la per­son­ale espe­rien­za sia per quan­to sen­ti­to in famiglia restò un grande tes­ti­mone e inves­ti­ga­tore degli avven­i­men­ti e delle per­son­al­ità ital­iane e tedesche di quegli anni (1938–1947) in Italia. Da vero sig­nore, era gra­to a tut­ti col­oro che lo aiu­ta­vano ad aggiun­gere un tas­sel­lo alle già tante conoscen­ze. Coglie­va ogni occa­sione per rib­adire che il padre non era mai sta­to solda­to, quin­di nem­meno uffi­ciale. La fame pati­ta da suo padre da bam­bi­no negli anni 1914–18, come era cap­i­ta­to a mil­ioni di per­sone di tut­ta Europa, gli ave­va dan­neg­gia­to lo stom­a­co per il resto del­la sua esisten­za, ma lo ave­va pro­tet­to dalle espe­rien­ze spi­acevoli degli anni 1939–45. A Firen­ze il padre di Titus era pre­sente come civile e ave­va lavo­ra­to nel­la Com­mis­sione di dife­sa del­l’arte, quin­di in qual­ità di tutore del­l’arte.

Titus legge­va tut­to quel­lo che pote­va sul­l’ul­ti­mo con­flit­to mon­di­ale e con piacere ave­va trova­to nel libro di Iris Ori­go Guer­ra in Val d’Or­cia un cen­no a suo padre. Con mer­av­iglia ave­va saputo par­ti­co­lari del col­lo­quio tra Mus­soli­ni e il Car­di­nal Schus­ter, arcivesco­vo di Milano dal 1929 al 1954, avvenu­to nel­la sacres­tia del Duo­mo il 25 aprile 1945. Tra le tante doc­u­men­tazioni ave­va let­to anche il libro Gli ulti­mi tem­pi di un regime del­lo stes­so car­di­nale. Seppe così che alla fine del­la con­ver­sazione il car­di­nal Schus­ter ave­va regala­to all’ospite un esem­plare del­la biografia di San Benedet­to da lui scrit­ta.

Del car­di­nale di Milano, gui­da del­la dio­ce­si meneghi­na nel peri­o­do fascista, Titus Hey­den­re­ich pote­va con­di­videre quan­to scrisse di lui padre David Maria Tur­ol­do: «Sbagliano col­oro che lo pen­sano coin­volto nel fas­cis­mo o altro. Schus­ter non era né fascista, né antifascista: e non era nep­pure neu­trale. Schus­ter era un mona­co e bas­ta. Mona­co è uno che ha solo Dio in tes­ta. Un “mona­co in battaglia” dopo essere sta­to “solda­to nel monas­tero”.»

Titus Hey­den­re­ich conosce­va per­son­ag­gi del­la cul­tura tedesca, pre­sen­ti in Italia negli anni del­la guer­ra, come Rudolf Rahn, di cui s’è già par­la­to in pun­tate prece­den­ti. Era sta­to Plenipoten­ziario del Reich grande-tedesco in Italia, nom­i­na­to da Hitler e quin­di incar­i­ca­to e com­pe­tente per tutte le fac­cende non mil­i­tari. Ambas­ci­a­tore in Italia nel peri­o­do del­la sec­on­da guer­ra mon­di­ale, fu il supe­ri­ore sia del con­sole tedesco Ger­hard Wolf sia del padre di Titus, Lud­wig Hein­rich Hey­den­re­ich, dal 1943 al 1945 diret­tore a Firen­ze del “Kun­sthis­torisches Insti­tut”. In ambito let­ter­ario Rudolf Rahn fu autore di buone poe­sie. Titus Hey­den­re­ich, in uno dei suoi sog­giorni a Gar­done, cer­cò di inda­gare dove fos­se vis­su­to Rahn nel peri­o­do in cui era sta­to a Fasano, vici­no a Gar­done, all’e­poca sede di diver­si ospedali mil­i­tari.

Il pro­fes­sore di Erlan­gen tenne con­feren­ze anche sul­l’in­tel­let­tuale tedesco Tet Arnold von Bor­sig (1899 — 1972), un apprez­z­abile fotografo emi­gra­to in Toscana, ormai qua­si dimen­ti­ca­to. Nel 1938 ave­va pre­sen­ta­to un bel vol­ume su ques­ta regione con intro­duzione del­l’arche­ol­o­go e stori­co del­l’arte Ranuc­cio Bianchi Bandinel­li.

Sul Gar­da Titus Hey­den­re­ich ave­va conosci­u­to e apprez­za­to Anselm Roehr, un grande artista, nato a Fran­co­forte, ma vis­su­to poi tra Mona­co e Gar­done. Questi ave­va inizial­mente prodot­to creazioni artis­tiche in vetro, ma trasfer­i­tosi negli anni Novan­ta con la moglie Vio­la von Alvensleben a Gar­done, ave­va ded­i­ca­to gli ulti­mi tem­pi del­la sua vita alla creazione di vari cicli di dis­eg­ni. Nel 2008 ave­va espos­to al Dioce­sano di Bres­cia le sue chine ispi­rate alla Div­ina Com­me­dia. Ave­va dona­to poi nel 2009 al Museo Dioce­sano di Bres­cia il “Fon­do Roehr”, com­pren­dente oltre al ciclo del­la Div­ina Com­me­dia altre pregevoli rac­colte di dis­eg­ni a chi­na, tra cui la Via Cru­cis, i Mar­tiri, I quat­tordi­ci San­ti Ausil­ia­tori, Giobbe, Gioele e la Gen­e­si (in foto: locan­d­i­na di una mostra di Anselm Roehr a Bres­cia).

Titus e l’in­sep­a­ra­bile moglie Hilde­gard, che tan­ti giorni di seren­ità trascorsero insieme a Gar­done Riv­iera, han­no avu­to tre figli: Clemens, Aura, Lucius, con i quali ave­vano intes­su­to rap­por­ti rego­lari, nonos­tante ognuno avesse una pro­pria casa e una pro­pria stra­da pro­fes­sion­ale. Clemens ha con­tin­u­a­to la tradizione di famiglia, ded­i­can­dosi alla car­ri­era uni­ver­si­taria in materie uman­is­tiche e diven­tan­do docente di Let­ter­atu­ra tedesca e Com­para­tis­ti­ca all’ di Erlan­gen.

(con­tin­ua)

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