lunedì, Dicembre 11, 2023
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Mille marmotte naufraghe sul Baldo

Che il Monte sia un “monte iso­la” è un dato ben noto in cam­po nat­u­ral­is­ti­co. Esso infat­ti sorge­va come un’iso­la durante l’ Era Qua­ter­nar­ia dai ghi­ac­ci che lo cingevano ovunque e là dove esso emerge­va trovarono rifu­gio specie botaniche e fau­nis­tiche. Ma tut­to questo accade­va mil­ioni di anni fa. Oggi nes­suno penserebbe mai che il Bal­do, lam­bito da boschi, prati e da uno splen­di­do lago, anco­ra rap­p­re­sen­ti un’iso­la per qualche specie vivente. E invece, come «naufraghe» sen­za via di fuga, più di mille mar­motte con­ducono oggi sul Monte Bal­do la loro esisten­za. Un’e­sisten­za ser­e­na ed indis­tur­ba­ta, sen­za preda­tori né com­peti­tori del­lo spazio vitale, eppure pro­prio il fat­to di trovar­si den­tro un’ «iso­la», sep­pur sicu­ra, rischia di essere il più grave peri­co­lo per ques­ta specie. A lan­cia­re un gri­do d’al­larme in tal sen­so è Andrea Nadali, attual­mente il miglior conosc­i­tore delle mar­motte balden­si. Nadali, infat­ti, dopo aver con­dot­to una ricer­ca sul cam­po dura­ta ben tre anni ed effet­tua­ta in col­lab­o­razione con il Set­tore Fau­nis­ti­co-ambi­en­tale del­la Provin­cia di Verona, si è poi lau­re­ato al dipar­ti­men­to di Biolo­gia ani­male del­l’ate­neo di Mod­e­na con una tesi avente come ogget­to appun­to la biolo­gia del­la mar­mot­ta baldense. Una tesi che non solo gli è val­sa il mas­si­mo del pun­teg­gio ma che è sta­ta poi addirit­tura pre­mi­a­ta come «migliore tesi di lau­rea del­la per l’an­no 1999–2000 ad ind­i­riz­zo fau­nis­ti­co riv­ol­ta alla ges­tione e con­ser­vazione delle specie». Si trat­ta di un pre­mio orga­niz­za­to dal­l’As­so­ci­azione fau­nisti veneti, asso­ci­azione con sede al civi­co di sto­ria nat­u­rale di Venezia e del­la quale fa adesso parte, a pieno tito­lo, anche lo stes­so Andrea Nadali. «Per la mia ricer­ca», spie­ga Andrea Nadali «è sta­to anz­i­tut­to nec­es­sario effet­tuare un mon­i­tor­ag­gio gen­erale del set­tore veronese del Monte Bal­do onde indi­vid­uare tutte la colonie di mar­motte esisten­ti. Impre­sa non sem­plice in quan­to, come ben sa chi conosce il Monte Bal­do, questo gigan­tesco rilie­vo pre­alpino alter­na su entram­bi i ver­san­ti, quel­lo atesino e quel­lo lacus­tre, pra­terie alpine a ripi­de val­li sas­sose che sono quan­to di più fati­coso si pos­sa immag­inare per chi deve esplo­rar­le gra­va­to da tut­ta l’at­trez­zatu­ra nec­es­saria alle osser­vazioni e, spes­so, anche al per­not­ta­men­to». Il mon­i­tor­ag­gio ha con­dot­to Nadali ad indi­vid­uare una venti­na di colonie, iden­ti­fi­cate e nom­i­nate in base alle local­ità. Eccone l’ elen­co: Val­vac­cara, val­lone sot­to il Mon­di­ni, valle delle Pre, val Mal­maor, valle degli Ossi, valle Larga (di destra e di sin­is­tra), Valdrit­ta, val Fines­tra, val d’An­gual, valle delle Pozzette, Col­ma di Mal­ce­sine, adi­a­cen­ze del­la caser­met­ta del­la , zona Ven­trar. Tutte queste sul lato occi­den­tale. Sul lato ori­en­tale (in parte atesino), sono invece state iden­ti­fi­cate le seguen­ti colonie: Colonei di Capri­no, fasce roc­ciose del­la Val­fred­da, Sassleng, canalone Osan­na, prati del Maroc­co, Pas­so Cer­bio­lo, Cima Paloni e Pun­ta delle Redutte. «Iden­ti­fi­cate le colonie», infor­ma anco­ra Nadali «ho poi sud­di­vi­so il Bal­do in aree, nat­u­ral­mente con rifer­i­men­to alle citate colonie. Nel­l’am­bito di queste aree ne ho scelte tre suf­fi­cien­te­mente rap­p­re­sen­ta­tive dei diver­si tipi di habi­tat balden­si predilet­ti dalle mar­motte: la valle delle Buse (ambi­ente rupestre-sas­soso), la zona set­ten­tri­onale del­la valle di Naole (prati e pas­coli), la zona merid­ionale di Naole ed i Colonei di Pesina (lim­ite tra bosco e pra­te­ria)». Si trat­ta di tre ambi­en­ti tipi­ci balden­si che ritro­vi­amo con carat­ter­is­tiche sim­ili anche nel set­tore mal­cesinese ed anche in quel­lo trenti­no. Superan­do l’osta­co­lo pos­to dal­la prover­biale ritrosia delle mar­motte a mostrar­si all’uo­mo quali seg­reti è rius­ci­to mai a carpire Nadali nei suoi com­p­lessivi 181 giorni di osser­vazione, pari a ben 1.508 ore di «pun­ta­men­to» del bino­co­lo ver­so le varie tane? «Oltre ad aver indi­vid­u­a­to e mon­i­torati prati­ca­mente tut­ti i siti balden­si popo­lati da questo sci­uride», dice sod­dis­fat­to Nadali «ed oltre ad essere rius­ci­to a cal­co­lare il numero com­p­lessi­vo di pre­sen­ze, nonché la den­sità per ettaro ed altre preziose infor­mazioni bio­logiche, ciò che più con­ta è che sono rius­ci­to a trac­cia­re un quadro suf­fi­cien­te­mente com­ple­to e defin­i­ti­vo del­la situ­azione del­la mar­mot­ta baldense a 35 anni cir­ca dal­la sua pri­ma rein­tro­duzione». Un quadro che se ha cer­ta­mente dei lati molto pos­i­tivi, ha purtrop­po anche un ris­volto neg­a­ti­vo con il quale pri­ma o poi bisogn­erà fare i con­ti. Inizian­do con le buone notizie si può dire anz­i­tut­to che al momen­to attuale la mar­mot­ta sul Bal­do vive una fase «ascen­dente» con rapi­do accresci­men­to del­la popo­lazione. In prat­i­ca essa è ancor lon­tana dal “cli­max”, vale a dire dal­la con­dizione di sta­bil­ità. Il mer­i­to di ciò, sot­to­lin­ea Nadali, «va impu­ta­to alla buona situ­azione di nat­u­ral­ità pre­sente sul Bal­do, allo scar­so impat­to antrop­i­co (divenu­to anco­ra più scar­so dopo la chiusura degli impianti di Pra­da-Costa­bel­la), al lim­i­ta­to numero di ani­mali com­peti­tori ed alla lim­i­ta­ta pre­sen­za di preda­tori, cir­co­scrit­ti a qualche volpe e ad una cop­pia di aquile». Fin qui le buone notizie. Quelle meno buone, invece, con­sistono nel fat­to che essendo il Bal­do un’iso­la geografi­ca e non essendovi “cor­ri­doi” che per­me­t­tano lo scam­bio fra le popo­lazioni di mar­motte lim­itrofe, quelle balden­si finis­cono col­l’essere iso­late, con grave dan­no sul piano ripro­dut­ti­vo. La situ­azione di iso­la­men­to, infat­ti, con­duce inevitabil­mente al fenom­e­no del­l’in­in­cro­cio, vale a dire all’ac­cop­pi­a­men­to fra con­san­guinei. Accop­pi­a­men­ti che, come è noto, pro­ducono l’im­pov­er­i­men­to del pat­ri­mo­nio geneti­co e ren­dono più vul­ner­a­bile la specie alle malat­tie. «Fra l’al­tro», sot­to­lin­ea Nadali «non solo delle mar­motte orig­i­nar­ie non si conosce il cep­po di prove­nien­za (cosa che rende impos­si­bile sta­bilire la vari­abil­ità genet­i­ca dei fonda­tori del­la popo­lazione baldense) ma, in più, orig­i­nar­i­a­mente il rap­por­to in alcu­ni ver­bali di rilas­cio non si tro­va descrizione nem­meno del­la sex ratio, vale a dire di quale fos­se fra i ses­si». Per quel che se ne sa, quin­di, le mar­motte balden­si potreb­bero derivare tutte dal­la stes­sa madre o dal­lo stes­so padre e, anche se improb­a­bile, questo fat­to potrebbe avere con­seguen­ze molto gravi. Quali soluzioni, allo­ra? Andrea Nadali non ha dub­bi in propos­i­to ed affer­ma che trovan­dosi in una situ­azione attual­mente felice ma asso­lu­ta­mente pre­caria per­ché cre­a­ta arti­fi­cial­mente, la mar­mot­ta baldense non deve essere asso­lu­ta­mente abban­do­na­ta a se stes­sa, mag­a­ri con la scusa del­la sua attuale abbon­dan­za, ma deve da un lato essere costan­te­mente mon­i­tora­ta dal per­son­ale addet­to alla vig­i­lan­za fau­nis­ti­ca del ter­ri­to­rio e, dal­l’al­tro, arric­chi­ta con nuove immis­sioni di esem­plari prove­ni­en­ti da cep­pi geneti­ci affat­to dif­fer­en­ti da quel­li locali. «Se non si agirà in tal sen­so», dice infine Nadali, che fra l’al­tro si è dichiara­to dis­pos­to ad offrire per even­tu­ali ricerche il pro­prio con­trib­u­to sci­en­tifi­co e la pro­pria pluri­en­nale espe­rien­za sul cam­po «i pos­i­tivi risul­tati ottenu­ti sino ad oggi sul­la popo­lazione locale di mar­motte potreb­bero essere van­i­fi­cati dal lento ma inesora­bile dete­ri­o­ra­men­to del­la specie».

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