sabato, Giugno 10, 2023
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Pagliacci nello storico allestimento di Franco Zeffirelli al Teatro Filarmonico di Verona

Pagli­ac­ci di Rug­gero Leon­cav­al­lo, nel­l’at­te­sis­si­mo alles­ti­men­to del Mae­stro Fran­co  Zef­firelli, inau­gu­ra il 2012 per la Sta­gione Lir­i­ca 2011–2012 del­la Fon­dazione al Teatro Filar­mon­i­co. Pagli­ac­ci tor­na sul pal­cosceni­co del Teatro Filar­mon­i­co dopo 10 anni di assen­za (dal 2002) per la mag­nifi­ca mes­sa in sce­na di Fran­co Zef­firelli, sul podio del­l’Orches­tra are­ni­ana l’ap­prez­za­to , la direzione del Coro è affi­da­ta ad Arman­do Tas­so. A Verona vedremo la terza ver­sione di Pagli­ac­ci, ripresa del­l’alles­ti­men­to al Teatro Car­lo Felice nel 2011 (la pri­ma ver­sione al Covent Gar­den negli anni Cinquan­ta e la sec­on­da a Roma nel ’92).  Un’­opera verista dalle for­ti impli­cazioni metateatrali – che, per resti­tuir­le la dig­nità che meri­ta, viene pre­sen­ta­ta nel­la sua autono­mia – cala­ta sul finire del­l’Ot­to­cen­to  nel­l’am­bi­ente vio­len­to di una Cal­abria arretra­ta e per­ifer­i­ca. Del­la par­ti­tu­ra di Leon­cav­al­lo, ispi­ra­ta a un fat­to di cronaca nera real­mente accadu­to, Zef­firelli ha aggior­na­to la let­tura in una più stret­ta con­tem­po­raneità: «Pagli­ac­ci è un’­opera verista che prende forza dal­l’am­bi­ente in cui si svolge. Ho scel­to una per­ife­ria del Sud, con motori­ni, officine e degra­do». E così dal­l’am­bi­en­tazione come da libret­to «la sce­na ha luo­go in Cal­abria pres­so Mon­tal­to, il giorno del­la fes­ta di Mez­zagos­to, fra il 1865 e il 1870» il grande reg­ista traspone la vicen­da agli anni Sessanta/Settanta del sec­o­lo scor­so ma non per attual­iz­zarla, come egli stes­so spie­ga, ma per eseguir­la nel­l’am­bi­ente mod­er­no e qua­si con­tem­po­ra­neo che Leon­cav­al­lo ave­va con­cepi­to.   I pro­tag­o­nisti vocali, che non cam­biano nel cor­so delle cinque rap­p­re­sen­tazioni, sono artisti ben noti ed apprez­za­ti dal pub­bli­co veronese, sia all’Are­na che al Teatro Filar­mon­i­co: Amar­il­li Niz­za nei pan­ni di Ned­da, Rubens Pel­liz­zari quale Canio, Alber­to Mas­tro­mari­no nel ruo­lo di Tonio, men­tre Pao­lo Antognetti e Dev­id Cec­coni saran­no rispet­ti­va­mente Beppe e Sil­vio.   Per infor­mazioni e preno­tazioni Bigli­et­te­ria del Teatro Filar­mon­i­co — via dei Muti­lati 4/k, 37122 Verona tel. (+39) 045 8002880 — fax (+39) 045 8013266 Call cen­ter (+39) 045 8005151 — www.arena.it Orario di aper­tu­ra dal lunedì al ven­erdì 9.00–12.00; 15.15–17.45; saba­to 9.00–12.00; domeni­ca chiu­so. Nei giorni di spet­ta­co­lo: tut­ti i giorni dalle 9.00 alle 12.00; dalle 15.15 fino ad inizio spet­ta­co­lo. La domeni­ca con spet­ta­co­lo alle 15.30 l’aper­tu­ra sarà alle 14.30. I lunedì suc­ces­sivi agli spet­ta­coli domeni­cali la bigli­et­te­ria rimane chiusa.         Pro­l­o­go Viene al prosce­nio uno dei per­son­ag­gi del­l’­opera, Tonio; indos­sa una maschera del­la com­me­dia del­l’arte, quel­la di Tad­deo. Par­la diret­ta­mente al pub­bli­co, e si pre­sen­ta come il Pro­l­o­go; spie­ga che l’opera alla quale il pub­bli­co assis­terà mette in sce­na le antiche maschere, ma non per descri­vere sen­ti­men­ti fal­si e con­ven­zion­ali; al con­trario, l’au­tore ha cer­ca­to di dipin­gere pas­sioni vere: odio, amore, dolore, rab­bia. Come gli spet­ta­tori, anche i per­son­ag­gi sono infat­ti uomi­ni in carne ed ossa. La maschera si riv­olge poi ai col­leghi, e dà il seg­nale per dare inizio alla rap­p­re­sen­tazione.   Atto pri­mo La sce­na è in un vil­lag­gio del­la Cal­abria, il giorno di Fer­ragos­to. Atto pri­mo. Sono le prime ore del pomerig­gio; all’in­gres­so del vil­lag­gio la fol­la si accal­ca, fes­tante; tut­ti vogliono goder­si l’ar­ri­vo del­la com­pag­nia di artisti girovaghi che ter­rà, quel­la sera, uno spet­ta­co­lo. Fra le accla­mazioni del­la gente arri­va, tira­ta da un somarel­lo, la car­ret­ta dei comi­ci, tut­ti in abiti di sce­na; salu­tano così Pagli­ac­cio (Canio, nel­la vita reale il capo del­la com­pag­nia), Colom­bi­na (Ned­da, sua moglie), Arlecchi­no (Peppe), Tad­deo (Tonio). Bat­ten­do sul­la grancas­sa, Canio riesce a far tacere la gente, e invi­ta tut­ti ad assis­tere allo spet­ta­co­lo, quel­la sera alle ven­titré. C’è anco­ra qualche ora per riposar­si; Tonio, un uomo brut­to e deforme, vor­rebbe aiutare Ned­da a scen­dere dal­la car­ret­ta, ma Canio lo scac­cia con vio­len­za; non gradisce questo genere di atten­zioni ver­so sua moglie. E quan­do qualche con­tadi­no fa delle allu­sioni scher­zose sulle galanterie di Tonio ver­so Ned­da, Canio diven­ta serio; il teatro e la vita, spie­ga, non sono la stes­sa cosa, e se sul­la sce­na Pagli­ac­cio è dis­pos­to a rid­ere delle infedeltà del­la con­sorte Colom­bi­na, nel­la realtà le reazioni di Canio sareb­bero molto dif­fer­en­ti. Poi si allon­tana con gli ami­ci a bere un bic­chiere, men­tre i con­ta­di­ni seguono gli zam­pog­nari che, all’o­ra del vespro, si dirigono ver­so la chiesa. Rimas­ta sola, Ned­da ripen­sa alle parole di Canio; den­tro di sé aspi­ra alla lib­ertà, e non a caso si fer­ma a guardare gli uccel­li che volano. Viene rag­giun­ta però da Tonio; nonos­tante la sua defor­mità, l’uo­mo con­fes­sa di amare la ragaz­za, ma Ned­da lo sch­ernisce e lo resp­inge; quan­do Tonio cer­ca di bacia­r­la, lo colpisce sul volto con la frus­ta. Invo­can­do la Vergine di Fer­ragos­to, Tonio, furioso, giu­ra di ven­di­car­si. La don­na è scos­sa dal­l’episo­dio, ma a con­for­t­ar­la arri­va un’al­tra visi­ta: è Sil­vio, un gio­vane del luo­go che ha intrec­cia­to con lei una relazione seg­re­ta. Sil­vio implo­ra Ned­da di abban­donare per sem­pre la sua vita girova­ga, il mar­i­to vio­len­to e le aggres­sioni di Tonio, per fug­gire con lui; la don­na oppone una resisten­za sem­pre più debole, e alla fine acconsente a seguir­lo dopo la recita. La con­ver­sazione è sta­ta però ascolta­ta seg­re­ta­mente da Tonio, che, com­pre­so l’adul­te­rio di Ned­da, vede subito l’oc­ca­sione per ven­di­car­si del­l’oltrag­gio subito; corre così a chia­mare Canio. I due ritor­nano furtiva­mente pro­prio in tem­po per cogliere le parole del­l’ap­pun­ta­men­to fra i due aman­ti: “A stan­otte, e per sem­pre sarò tua”. Furi­bon­do, Canio si lan­cia all’in­segui­men­to del­l’ig­no­to gio­vane, men­tre Tonio ghigna di fronte a Ned­da, com­pia­cen­dosi di quel­la vendet­ta. Ma Canio non è rius­ci­to a rag­giun­gere il fug­gi­ti­vo; furi­bon­do, tira fuori il coltel­lo e cer­ca di far­si riv­e­lare da Ned­da il nome del­l’a­mante; ma la don­na tace. Peppe arri­va appe­na in tem­po per dis­ar­mare il padrone, e ricor­dar­gli che lo spet­ta­co­lo sta per com­in­cia­re; occorre preparar­si in fret­ta. Anche Tonio sug­gerisce a Canio di preparar­si; la recita potrebbe essere pro­prio l’oc­ca­sione per iden­ti­fi­care l’a­mante di Ned­da. Canio però è dis­trut­to; come potrà recitare quel­la sera, con l’an­i­mo scon­volto? Eppure dovrà vestire la giub­ba di Pagli­ac­cio, nascon­dere, dietro la maschera infar­i­na­ta, i suoi sen­ti­men­ti, e rid­ere sul suo amore infran­to.   Atto sec­on­do All’in­ter­no del teatro di fiera mon­ta­to per la recita la fol­la si accal­ca per assis­tere allo spet­ta­co­lo. Tonio bat­te la grancas­sa, Peppe aiu­ta le donne a pren­dere pos­to, Ned­da rac­coglie gli incas­si; scorge Sil­vio, che si nasconde fra il pub­bli­co. Final­mente lo spet­ta­co­lo ha inizio; sul pal­cosceni­co una mis­era sce­na dipinge una stanzetta. Colom­bi­na, imper­son­ata da Ned­da, aspet­ta il ritorno di Pagli­ac­cio, suo mar­i­to. Da fuori arri­va però il can­to di una ser­e­na­ta: è Arlecchi­no (Peppe), l’a­mante con cui la don­na ha appun­ta­men­to più tar­di. Entra il gof­fo Tad­deo (Tonio), por­ta a Colom­bi­na la spe­sa per la cena che la don­na intende offrire ad Arlecchi­no; ma anche Tonio è invaghi­to del­la fan­ci­ul­la, e le fa una com­i­ca dichiarazione. A scac­cia­re con un cal­cio l’im­por­tuno arri­va pro­prio Arlecchi­no; Tonio promette di veg­liare sul­l’amore dei due gio­vani. Rimasti soli, Arlecchi­no e Colom­bi­na si scam­biano effu­sioni con­suman­do il pas­to; l’uo­mo le dà un nar­coti­co per addor­mentare Pagli­ac­cio quel­la sera, e poi fug­gire con lui. E’ curioso, ma in quel­la mis­era recita di saltim­banchi le antiche maschere recitano una situ­azione che somiglia stra­or­di­nar­i­a­mente a quel­la vis­su­ta dagli stes­si attori. E infat­ti, quan­do Tonio irrompe per avver­tire gli aman­ti del ritorno di Pagli­ac­cio, Colom­bi­na con­ge­da Arlecchi­no con una frase già sen­ti­ta: “A stan­otte, e per sem­pre sarò tua”. Canio, nelle vesti di Pagli­ac­cio, entra in sce­na gius­to in tem­po per sen­tire quel­la stes­sa frase che Ned­da ave­va già riv­olto al suo igno­to amante. Nel­la mente del­l’uo­mo la finzione e la ver­ità si sovrap­pon­gono; chiede alla moglie il nome del­l’a­mante. Ned­da cer­ca di riportare la recita sui suoi bina­ri, ma Canio non vuole sen­tir­si chia­mare Pagli­ac­cio; con com­mozione riv­ela a Ned­da la sua dis­per­azione e la sua ver­gogna, le rin­fac­cia di aver­la sal­va­ta, orfanel­la, dal­la stra­da, le urla il suo dis­prez­zo. Ned­da risponde con orgoglio, e Canio tor­na a chieder­le il nome del­l’a­mante; a nul­la ser­vono i ten­ta­tivi del­la don­na di ripren­dere la recita. Il pub­bli­co, d’al­tronde, parte­ci­pa con grande emozione a quel­l’in­soli­to spet­ta­co­lo; si spaven­ta solo quan­do vede Canio affer­rare un coltel­lo e inseguire Ned­da; l’uo­mo chiede anco­ra una vol­ta alla moglie di riv­e­lare il nome seg­re­to, poi la trafigge. Nes­suno fa in tem­po a fer­mar­lo, nem­meno Sil­vio, che si fa largo fra la fol­la pro­prio men­tre Ned­da, ago­niz­zante, invo­ca il suo aiu­to. Si tro­va di fronte Canio, che com­prende trat­tar­si del rivale, e lo trafigge. Nel­lo sgo­men­to gen­erale, Canio si riv­olge alla fol­la: “la com­me­dia è fini­ta”.   GENNAIO 2012 ven­erdì 27 gen­naio, ore 20.30 Pri­ma domeni­ca 29 gen­naio, ore 15.30 mart­edì 31 gen­naio, ore 20.30  giovedì 2 feb­braio, ore 20.30  domeni­ca 5 feb­braio, ore 15.30 fuori abbona­men­to   PAGLIACCI di Rug­gero Leon­cav­al­lo   Diret­tore Julian Kovatchev Regia Fran­co Zef­firelli Reg­ista assis­tente Ste­fano Tres­pi­di Scene Fran­co Zef­firelli Scenografo col­lab­o­ra­tore Car­lo Cen­tolav­i­gna Cos­tu­mi         Rai­mon­da Gae­tani     Per­son­ag­gi e inter­preti Ned­da Amar­il­li Niz­za Canio Rubens Peliz­zari Tonio Alber­to Mas­tro­mari­no Beppe Pao­lo Antognetti Sil­vio Dev­id Cec­coni   Orches­tra, Coro e Tec­ni­ci del­la di Verona Diret­tore del Coro Arman­do Tas­so   Alles­ti­men­to di Fran­co Zef­firelli Foto: “Per gen­tile con­ces­sione del­la Fon­dazione Are­na di Verona”; “Foto Ennevi”  

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