venerdì, Maggio 3, 2024
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Questo pomeriggio l’inaugurazione del nuovo frantoio della «Verità». La coop vanta 220 soci e lavora 4500 quintali di olive

Portese scommette sull’olio

Questo pomeriggio, a Portese di San Felice, verrà inaugurato il nuovo oleificio della Cooperativa agricola «La Verità». La cerimonia (ore 17.30) sarà rallegrata dalla banda «Sinus felix», diretta dal maestro Giorgio Giacomini. Seguiranno la messa, il taglio del nastro e il rinfresco. Il frantoio, situato in località Gere, a 200 metri dal cimitero, ha già cominciato a macinare questo inverno. «Dalla prima settimana di giugno abbiamo aperto anche il punto vendita – spiega il presidente Giovanni Mazzoldi -. E’ possibile acquistare bottiglie di qualità, vino, miele, salami, pasta. Adesso stiamo cercando una valida linea di salse». «La Verità» fu creata nell’ottobre ’46, con lo scopo di spremere le olive, fornire sementi, concimi, anticrittogamici, ecc. Nel primo anno di attività i soci conferirono per la molitura 295 quintali, e la gestione registrò un utile di 94 mila lire, che salì a 102 mila nel ’48 e 180 mila nel ’49. Si cominciò nella sede provvisoria di via Garibaldi, con due presse a mano funzionanti a glicerina. Nel ’53, l’allacciamento alla rete idrica e l’acquisto di macine più efficienti. Poi venne comperato un appezzamento all’incrocio tra via Castello e via Italia, e con 14 milioni si costruì il nuovo edificio. L’impianto, un frantoio a mole di tipo classico, era in grado di lavorare 3.000 quintali di olive. Una modifica allo statuto introdusse la possibilità di svolgere assistenza tecnico-agronomica, al fine di migliorare la qualità delle coltivazioni. Nel novembre ’63 si decise di ampliare il fabbricato esistente, nel ’74 si concluse l’installazione dei nuovi macchinari. Nell’83 altro ammodernamento, con una spesa di 210 milioni, e l’utilizzo della centrifugazione. Negli ultimi anni, i successi in Umbria all’Ercole oleario e l’allestimento della rassegna di giugno, nell’ex Monte di Pietà. Adesso il trasloco alle Gere. Augurabile che, in futuro, la strada di accesso (stretta e piena di buche) venga sistemata. Il sindaco Ambrogio Florioli ha già dato la sua parola. La crescente attività ha indotto a cambiare… dimensione. La coop si è trovata di fronte a un’alternativa: proseguire col solito clichè, curando soprattutto i clienti fedeli, o spiccare il volo, allargando la cerchia dei consumatori? Alla fine, la decisione: costruire una struttura più ampia e moderna, su un terreno di 7 mila metri quadri, acquistato dalla famiglia Cavazza, la stessa dell’isola del Garda, del camping e del rimessaggio a San Fermo. La forma del nuovo oleificio è a capanna, nel rispetto della tipologia agricola della zona. Sette campate, mille metri quadrati per il frantoio (il triplo della vecchia superficie), 500 per i portici esterni, 300 per gli uffici, la sala assaggi e l’appartamento soprastante del custode, che dovrebbe essere un tecnico. Progettista e direttore dei lavori: Roberto Benedetti, un ingegnere di San Felice assai attivo negli scambi umanitari con l’Africa. Impresa esecutrice: Baccolo. «Un’operazione da due miliardi e mezzo di vecchi e lire – spiega Mazzoldi -. A suo tempo la Regione Lombardia aveva stanziato un miliardo a fondo perduto. Il resto è stato finanziato vendendo l’edificio di viale Italia (all’ingresso del paese, per chi giunge da Portese, un’area di 900 metri quadri, di cui 500 coperti: il Piano regolatore consente di trasformarla in appartamenti residenziali), e ricorrendo a prestiti bancari. Nei prossimi anni dovremo spendere altri quattrini, per rimodernare le attrezzature e sistemare il giardino. Tanto per dire, l’imbottigliamento viene ancora effettuato a mano». Nella campagna 2001-02 l’impianto ha lavorato 4.500 quintali di olive, con una resa del 15%. I soci (220) hanno quindi ottenuto circa 670 quintali di extravergine, lasciandone un centinaio alla coop, che ha pagato loro 10 euro al chilo (11 euro il Dop). L’inaugurazione di oggi offrirà l’occasione per fare il punto sulla situazione, esaminando in particolare la risposta dei consumatori al prodotto a denominazione di origine controllata, che garantisce provenienza e qualità. I coltivatori devono denunciare gli appezzamenti e il numero di piante, indicare le particelle, dichiarare la quantità raccolta, chiedere la certificazione, sigillare l’olio in vasche, ottenere almeno il punteggio di 7 dalla commissione che effettua le analisi.

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