domenica, Ottobre 6, 2024
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A base di formaggi, il piatto testimonia l’antica unione tra Veneto e Lombardia

Quelli di Brenzone mangiano polenta ma solo carbonera

Chissà se si arriverà mai ad attribuire ai piatti della cucina tradizionale e ai prodotti tipici del territorio il ruolo, che meriterebbero, di beni culturali. Intanto però molti sapori si van perdendo e con loro si smarriscono anche i saperi gastronomici delle generazioni passate. Meriterebbe provvedimenti di tutela una vecchia ricetta di Brenzone che si sta smarrendo: la polenta carbonéra, piatto che simboleggia l’incontro gastronomico fra la riviera gardesana, contraddistina dalla produzione olearia, e i pascoli baldensi, che forniscono il latte per rustici formaggi. Si fa una normale polenta e durante la cottura s’aggiungono almeno tre o quattro tipi di formaggio di varia stagionatura. Occorre mescolare in continuazione, in modo che il formaggio si fonda quasi completamente. Per mantenere morbido il tutto, si versa olio extravergine d’oliva, seguitando ancora a rimestare. È ammessa una variante in cottura: l’aggiunta di salamella. Ne esce un forte, gustosissimo piatto unico: una fettona di polenta carbonéra costituisce un pasto abbondante. Quella che avanza la si può ricuocere sulla graticola: il formaggio fonde sino a formare una crosticina croccante. Unico inconveniente della ricottura ai ferri è l’odore che si sprigiona dal formaggio che fonde: meglio farlo all’aperto. La corbonéra merita senz’altro l’attenzione degli appassionati della cucina del territorio. Anche perché la sua introduzione in area baldense fu legata ai traffici intercorrenti fra le opposte sponde lombarde e venete, quando l’alto lago poteva comunicare solo per via d’acqua. A testimonianza di quegli antichi commerci ci sono oggi il dialetto che si parla a Brenzone e Malcesine, ricco di inflessioni bresciane, e questa polenta coi formaggi, parente prossima della polenta taràgna lombarda. Le somiglianze fra i due piatti sono infatti davvero molte, anche se sul Baldo non si discute sull’uso della farina gialla, mentre nella valli lombarde si predilige quella scura, di grano saraceno, da sola o mescolata con l’altra. Polenta e formaggio, dunque, a Brenzone. In un connubio tipico della storia gastronomica italiana. Già all’epoca romana, quando il mais non si conosceva e si facevano le pultes, delle polentine di farine di farro, di miglio o d’altro ancora, s’usava unirvi in cottura qualche altro ingrediente. Anche il formaggio, per creare le polente caseate, forse progenitrici della carbonéra brenzonese.

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