mercoledì, Dicembre 6, 2023
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Tutta l’estate senza Medicina

Il repar­to non c’è più, e il pri­mario è rimas­to da solo. Sen­za pazi­en­ti. Res­ta a vig­i­lare, come il tenente Dro­go, nel «Deser­to dei tar­tari». In atte­sa che i posti let­ti ritorni­no. A fine set­tem­bre, pre­cisa la direzione del­l’Azien­da ospedaliera di Desen­zano che sot­to­lin­ea: «Si trat­ta di una sospen­sione esclu­si­va­mente tem­po­ranea». La divi­sione di Med­i­c­i­na del­l’ospedale di Salò dispone di 24 let­ti, di cui 6 per le cure pal­lia­tive (riguardano i malati ter­mi­nali). A fine mag­gio il pri­mario, Faus­to Zuc­ca­to, ha rice­vu­to una e‑mail da parte di Lucio Dalfi­ni, diri­gente medico del pre­sidio di Gavar­do e Salò. Dice­va: «Il sot­to­scrit­to, d’ac­cor­do con il diret­tore gen­erale (Mau­ro Borel­li, ndr), ha deciso di sospendere l’at­tiv­ità di Med­i­c­i­na a Salò dal 7 giug­no fino al 30 set­tem­bre, e il servizio di cure pal­lia­tive sarà trasfer­i­to a Gavar­do». Otto giorni di tem­po per chi­ud­ere. Otto giorni, come suc­cede­va per le domes­tiche. Così sono sta­ti rifi­u­tati nuovi ricov­eri, e i pazi­en­ti dimes­si (se in con­dizione di andare a casa) o trasfer­i­ti a Gavar­do. Da lunedì il repar­to è vuo­to. In bacheca, la sem­plice fred­da e‑mail. All’ester­no del­l’ospedale nem­meno un avvi­so. Medici e infer­mieri sono sta­ti dirot­tati in riva al Chiese. L’u­ni­co rimas­to, Zuc­ca­to, si aggi­ra come il cap­i­tano su una nave vuo­ta. Lo han­no incar­i­ca­to di atti­vare il servizio day hos­pi­tal di dia­betolo­gia e, ovvi­a­mente, di pros­eguire con gli ambu­la­tori. Nel cor­ri­doio del repar­to di med­i­c­i­na non c’è nes­suno. E la cosa fa più impres­sione di quan­do, nel­l’en­trare, si ascolta­vano i lamen­ti degli ammalati. Nel cor­so degli anni il noso­comio di Salò è sta­to sfoglia­to come un car­cio­fo. Ave­va più di 120 posti let­to. Al momen­to ne ha appe­na 37, sud­di­visi tra Psichi­a­tria (15), respon­s­abile Gian Lui­gi Nobili, e Fisi­a­tria e Recu­pero fun­zionale (22), con Mas­si­mo Pros­doci­mo. Poi ci sono la Dial­isi (Ange­lo Testori), gli ambu­la­tori, il pun­to-pre­lievi, la Radi­olo­gia, con un numero di pazi­en­ti esterni supe­ri­ori a Gavar­do. L’asses­sore alla san­ità Mau­r­izio De Giuli, medico all’in­ter­no del­l’ospedale, è sta­to infor­ma­to del­la deci­sione (Dalfi­ni gli ha invi­a­to per conoscen­za l’e-mail). Lo stes­so sin­da­co, Giampi­etro Cipani, l’ha saputo per tem­po, dal pri­mario. Cionos­tante il traslo­co dei pazi­en­ti (o la loro dimis­sione) è pas­sato come acqua che scivola sul vetro di una fines­tra. Con qualche mugug­no delle famiglie, e i silen­zi di trop­pi. «Io non pos­so entrare nel mer­i­to delle scelte del diret­tore gen­erale Borel­li — affer­ma il sin­da­co Cipani, da noi inter­pel­la­to -. Non sono sta­to uffi­cial­mente avver­ti­to del­la deci­sione, che di cer­to non mi gar­ba. Chiederò chiari­men­ti. Mi darò da fare affinchè il 30 set­tem­bre i posti let­to ritorni­no». Ma un’at­ten­ta let­tura del­la e‑mail fa capire che i sei posti riguardan­ti le cure pal­lia­tive rimar­ran­no a Gavar­do. Al mas­si­mo, Salò ne riavrà 18. Alla pre­sen­za di un paio di asses­sori e di un con­sigliere di mino­ran­za, Cipani si infer­vo­ra, spo­stan­do il dis­cor­so sul­la costruzione di un nuo­vo ospedale. «Oggi sia Gavar­do che la nos­tra strut­tura sono obso­leti — ripete -. In questi anni io e il pres­i­dente del­la Comun ità mon­tana Alto Gar­da, Bruno Faus­ti­ni, abbi­amo lavo­ra­to all’ipote­si di un ospedale per acu­ti. Nes­suno ci cre­de­va, e invece siamo rius­ci­ti a far pas­sare tale lin­ea. Tan­to che, ora, la Regione ha stanzi­a­to 70 mil­iar­di di vec­chie lire. Chiedi­amo, però, che il luo­go di real­iz­zazione sia bari­cen­tri­co. E piacev­ole, dal pun­to di vista ambi­en­tale. Un po’ come a Desen­zano. E non a fian­co del­la tan­gen­ziale Salò-Bres­cia. «Abbi­amo pro­pos­to Roè Vol­ciano, incon­tran­do for­ti oppo­sizioni. Adesso la vuole sen­tire i sin­daci del­la zona e i diri­gen­ti del­l’azien­da ospedaliera». Intan­to Rena­to Cobel­li, del­la Margheri­ta, ha pre­sen­ta­to un’in­ter­pel­lan­za urgente, chieden­do di dis­cutere del­l’ar­go­men­to. «Mi sono reca­to a fare visi­ta a una conoscente — scrive Cobel­li -, e non l’ho trova­ta. Il giorno prece­dente gli ammalati del repar­to di med­i­c­i­na era­no sta­ti trasfer­i­ti. Potrebbe trat­tar­si di un traslo­co tem­po­ra­neo. Ma alla cit­tad­i­nan­za, agli uten­ti e al con­siglio comu­nale non è sta­ta data nes­suna infor­mazione». Come se chi­ud­ere un repar­to non mer­i­tasse almeno due righe di comu­ni­ca­to stam­pa e un avvi­so sul muro ester­no.

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