sabato, Luglio 27, 2024
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Si ripete anche quest’anno nell’odierna giornata alle ore 18,30 presso il campo sportivo parrocchiale il «brujel» d’Epifania, antico rito popolare agricolo

Un brujel per capire se l’anno sarà felice

Si ripete anche quest’anno nell’odierna giornata alle ore 18,30 presso il campo sportivo parrocchiale il «brujel» d’Epifania, antico rito popolare agricolo di inizio anno, diffuso ancora, anche se spesso modificato nei significati originari, non solo nell’entroterra gardesano ma in tutta la provincia e nel nord Italia. Cerchiamo allora di spiegare il significato vero di questa tradizione, oggi abbinata alla Befana o a tradizioni diffuse in altre regioni. Da quasi duemila anni, la sera dell’Epifania, il 6 gennaio, quando ormai le giornate cominciano ad allungarsi (« A l’Epifania en passo de stria» ), si accendevano i «brujei», cioè grossi falò di sterpi, legna e spini, sulle alture e colline attorno ai paesi, nelle corti, nei campi, nelle piazze principali ed in ogni contrada. Per i contadini il «brujel» aveva il significato di illuminare ed indicare la strada alla Sacra Famiglia nella sua fuga in Egitto, mentre le braci del falò dovevano servire alla Madonna per asciugare i panni del Bambinello. In realtà queste motivazioni sono state fornite dalla tradizione cristiana, in quanto il «brujel» è un rito la cui origine è pagana e si perde nella notte dei tempi.Vuole la tradizione, infatti , che il «brujel» servisse da buon auspicio per la vendemmia o per i raccolti dell’anno appena iniziato: infatti sollevando le braci con una forca, scaturivano innumerevoli scintille, ognuna delle quali rappresentava un grappolo d’uva o una spiga di frumento. Per tornare a Cavaion, nella settimana precedente la festa, tra i giovani delle varie contrade e corti vi era una gara nel raccogliere la maggior quantità di sterpi e spini per far più alta la catasta di legna e per far durare più a lungo il «brujel». Sulla sommità della catasta veniva posto poi un fantoccio di stracci ed abiti usati, la «vècia» che rappresentava l’anno vecchio e la malasorte da bruciare. La sera dell’Epifania gli abitanti delle contrade di Villa, Casette, Pellizzara, Piazzola, Contrà di Mezzo, Cavalline, Pozzo, Caorsa, Incaffi si raccoglievano attorno ai fuochi a cantare in allegria bevendo vino nuovo, così come i contadini che abitavano case e corti sparse. E se «l’Epifania tute le feste la porta via», in realtà era anche l’inizio del carnevale che da questo giorno avrebbe «imperato» fino alla quaresima.

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