martedì, Marzo 18, 2025
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Il Genio guastatori della Folgore fa brillare residuati bellici emersi sulla spiaggia del Trimelone. Ma non ci sono soldi per l’attesa bonifica dell’isola e di tutta la zona

A pesca di bombe e granate

La prima esplosione con tanto di spruzzo d’acqua in cielo alle 11,24. Il secondo e ultimo botto, e che botto, 22 minuti più tardi. A seguire una lunga fumata nera dispersa velocemente dalle raffiche di vento che spazzava le onde e gli uomini dell’8° battaglione Genio guastatori della Folgore ancora presenti sull’isola Trimelone. A terra, a fianco del porticciolo di Assenza, a osservare l’opera di brillamento di alcuni ordigni bellici venuti alla luce sull’isola in seguito all’abbassamento del livello delle acque del Garda solo gli addetti ai lavori: quattro militari a bordo di due Emme 90 Torpedo e due infreddoliti volontari della Croce bianca di Torri. Lì vicino anche un pescatore pronto a raccontare mille aneddoti riferiti all’isola dalla sagoma filiforme lunga 220 metri che affiora a circa 300 metri dalla strada Gardesana. Un’area di 4165 metri quadrati circondata da fondali infestati d’ordigni delle due guerre mondiali che hanno costretto gli organi competenti a vietare l’accesso all’isola, acquistata dal Comune di Brenzone dallo Stato ad inizio anni ’60 per 800 mila lire. Un divieto poco rispettato. «Due sere fa ho scorto dei sub («foresti», tiene a precisare) che s’immergevano proprio di fronte a Trimelone», rivela il pescatore che negli anni Settanta era solito fare la spola dal porto all’isola con la barca carica di turisti. «Andavano a prendere il sole, alcuni anche a campeggiare per più giorni. Non sono mai mancati i pescatori della domenica provenienti dalla città o dal Bresciano. Poi una dozzina d’anni fa il divieto d’approdo». Mentre il pescatore continua nell’amarcord la motovedetta dei carabinieri di Torri si avvicina al pontile per riportare a terra i sei militari guidati dal maresciallo Pietro D’Amico. Un uomo alto, dal fisico asciutto non nuovo ad interventi sull’isola Trimelone. «Già nel 1991 avevo operato in loco. Ma tutto il bacino del Garda è una polveriera a cielo aperto. Nell’aprile del ’45 durante la ritirata le truppe tedesche gettarono nel lago enormi quantità di esplosivo», racconta sotto la pioggia battente il parà. «Quello di oggi è stato solo un intervento mirato a far brillare gli ordigni bellici emersi e rinvenuti sulla spiaggia dell’isola dalla squadra nautica dell’Arma di Torri durante i consueti sopralluoghi. Se fossimo intervenuti alcuni giorni fa, mi dicono, con il livello del Garda ancora più basso la “pesca” sarebbe stata maggiore». Nella rete sono finite un paio di mine, alcune bombe a mano, delle granate e accenditori vari. Tutte materiale di marca tedesca. Poca cosa rispetto alla stima, avanzata 17 anni fa dal genio militare di Padova, di 150 tonnellate di esplosivo presente nei fondali che circondano l’isola. «Il nostro compito era di far brillare il materiale rinvenuto sulla riva», conclude il maresciallo D’Amico. D’altronde per la bonifica generale dell’area circostante c’è bisogno dell’intervento degli uomini della marina, vale a dire dei sub». Un intervento a lungo invocato dal sindaco Giovanni Zappalà illusosi nel ’98 di aver centrato l’obiettivo: l’allora Presidenza del consiglio dei ministri invitava infatti il ministero della Difesa a provvedere alla bonifica dell’isola. Un lungo silenzio poi nel settembre 2003 la notizia beffa: «Non esistono attualmente stanziamenti destinati a tale scopo». Firmato ministero dell’Economia e delle finanze.

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