martedì, Dicembre 5, 2023
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Addio a quattromila graffiti

Le inci­sioni rupestri del potremo ved­er­le solo al cin­e­ma. Sono ammalo­rate, abban­do­nate, oltrag­giate. Si vor­rebbe coprir­le per tutelarle.Intanto, si è scop­er­to un film gira­to nel 1977 da Rober­to e Daniela Zec­chi­ni e ded­i­ca­to al pro­fes­sor Mario Pasot­ti, lo sco­pri­tore delle inci­sioni. Sono ben 40 minu­ti di super­ot­to che ver­ran­no pre­sen­tati, in pri­ma asso­lu­ta, mart­edì alle 17.30 in munici­pio a Gar­da dal pro­fes­sor Fabio Gag­gia, nel­l’am­bito del cor­so mono­grafi­co di appro­fondi­men­to del ter­ri­to­rio -Gar­da del­la comu­nale Pino Cresci­ni. Sono 300 i siti di inci­sioni rupestri garde­sane del­la riv­iera veronese, con 4000 graf­fi­ti che spaziano dal­l’età del Bron­zo a quel­la mod­er­na. Stan­no per tornare sot­to ter­ra: è l’u­ni­co modo per con­ser­var­le e difend­er­le dal­l’in­quina­men­to e da van­dali. In arche­olo­gia il prob­le­ma sorge quan­do il reper­to tor­na alla luce: se non ci sono strut­ture e volon­tà pre­cise per tute­lar­lo, restau­rar­lo, con­ser­var­lo, è meglio che riman­ga sot­toter­ra, dicono gli addet­ti ai lavori. E loro, gli arche­olo­gi, dicono «abbi­amo già dato». Dagli anni ’60 nei Comu­ni di Gar­da, Tor­ri, Bren­zone, Mal­ce­sine, San Zeno di Mon­tagna e Coster­mano, fino ai 600 metri di quo­ta, sulle ban­cate cal­ca­ree lis­ci­ate dai ghi­ac­ciai del­l’era qua­ter­nar­ia, han­no trova­to incisi stu­pen­di dis­eg­ni di ogni epoca, li han­no decifrati, inter­pre­tati e ril­e­vati con sis­te­mi non dis­trut­tivi, clas­si­f­i­can­doli, com­para­n­doli, inter­ve­nen­do a sim­posi sul­l’arte rupestre inter­nazionale e, soprat­tut­to, insis­ten­do con gli enti com­pe­ten­ti per­ché le stra­or­di­nar­ie inci­sioni fos­sero pro­tette, vin­co­late, rese acces­si­bili sen­za dan­no, tute­late dal van­dal­is­mo e dalle «aggiunte gra­fiche». Han­no vig­i­la­to per­ché non vi si costru­isse sopra e non diven­tassero fon­di di mag­a­zz­i­no di . Sono invece pun­tual­mente fini­ti così. Si è real­iz­za­ta una gui­da trilingue con tre itin­er­ari, ma nes­suno è inter­venu­to sulle stesse pro­pri­età pri­vate dove sono le tes­ti­mo­ni­anze storiche, per con­vin­cere o incor­ag­gia­re qual­sivoglia for­ma di tutela.I graf­fi­ti sono dif­fusi nel­l’en­troter­ra a par­tire da San Vig­ilio di Gar­da, dis­sem­i­nati lun­go antichi sen­tieri e mulat­tiere che pote­vano cos­ti­tuire un itin­er­ario eccezionale, un museo all’aper­to dove le pietre incise emer­gono dal­la veg­e­tazione mediter­ranea, con il lago a un tiro di schiop­po. Rap­p­re­sen­tano, con varie tec­niche e nelle varie epoche, la figu­ra umana, uomi­ni armati, cav­a­lieri, armi e stru­men­ti, ani­mali, imbar­cazioni, cro­ci, edi­fi­ci, sim­boli solari, fig­ure geo­met­riche ed enig­matiche. Adesso li vogliono coprire, uni­co modo per sal­var­li, anche per­ché pure gli agen­ti chimi­ci del­l’aria li erodono: inquinamento.Fabio Gag­gia, stu­dioso di Gar­da, pri­mo dis­ce­po­lo del­lo sco­pri­tore delle inci­sioni nel 1964 (Mario Pasot­ti), e fonda­tore del Cen­tro stu­di per il ter­ri­to­rio bena­cense, ha trova­to Luciano Salzani, respon­s­abile per la preis­to­ria del Nucleo oper­a­ti­vo di Verona del­la Soprint­en­den­za arche­o­log­i­ca del Vene­to, d’ac­cor­do con la sua pro­pos­ta: coprir­li. «C’è sta­to un momen­to in cui tut­ti sem­bra­vano inter­es­sati ai graf­fi­ti, Provin­cia com­pre­sa», con­fer­ma Salzani, «era­no gli anni 2003–2004. Poi, al soli­to, si è risolto in un nul­la di fat­to: non è facile inter­venire in casa d’altri».Di tut­ti i ritrova­men­ti esistono accu­rati rilievi fat­ti da Gag­gia. Molti graf­fi­ti, dicono gli esper­ti, sono anco­ra da sco­prire sot­to la ter­ra che li ha pro­tet­ti nei nei mil­len­ni. In Val­ca­mon­i­ca si è andati in una direzione diame­tral­mente oppos­ta: grande tutela e val­oriz­zazione. Ma il tur­is­mo garde­sano del­la riv­iera veronese, a quan­to pare, «tira» anche sen­za inci­sioni rupestri.La cele­bre Pietra di Castel­let­to, stu­pen­da las­tra di rosso ammoniti­co incisa dal­la preis­to­ria, rot­ta durante il pre­lie­vo per il salone del sam­miche­liano palaz­zo Pom­pei (sede del Museo di sto­ria nat­u­rale di Verona) e poi indeg­na­mente fini­ta sui bas­tioni, allo zoo comu­nale, è sta­ta ripor­ta­ta a Bren­zone, dove è fini­ta nel­l’a­trio del munici­pio, dietro un grande Ficus ben­jam­i­na, invis­i­bile ai più.

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